Ristorazione scolastica: tutte le novità (e i motivi dei dissidi politici)

Cosa cambia per le famiglie: tariffe, investimenti, insolvenze

Attorno al futuro delle mense scolastiche del Comune di Parma si è acceso il dibattito politico cittadino.

Si è discusso molto per via della netta contrarietà all’esternalizzazione in project financing della ristorazione scolastica da parte della consigliera Ines Seletti che poi ha lasciato la maggioranza (Effetto Parma) per passare nelle fila dell’opposizione (gruppo Vignali sindaco).

In questo articolo cerchiamo di spiegare, nel concreto, cosa cambierà dal prossimo anno nei vari aspetti che riguardano il servizio di ristorazione scolastica per asili nido, scuole dell’infanzia, scuola primaria (già elementari) e scuola secondaria di primo grado (già scuole medie).

Tutte le informazioni riportate sono desunte dai dibattiti intercorsi nella commissione consiliare del 2 ottobre e nel consiglio comunale del 6 ottobre e da successive richieste verificate dal cronista con l’assessorato ai servizi educativi.

I pasti a scuola

Nella relazione in delibera è indicata l’erogazione di 1 milione 600mila pasti all’anno per 13.100 iscritti, nei 53 plessi scolastici, dai nidi alle medie. Il pasto è composto da primo piatto, secondo piatto, contorno e frutta. Qui il menu dal sito del Comune di Parma.

Tariffe

Dal 7 gennaio 2026 scatterà l’aumento del costo per gli utenti, dopo 12 anni di tariffa inalterata. In questi anni l’aumento dei costi per l’inflazione, a indice Istat, è stato compensato dal Comune.

La novità per le tariffe è un ampliamento da quattro a sei fasce Isee della modulazione del costo, per calmierare l’aumento per il ceto medio-basso. Una scelta fortemente rivendicata dall’assessora ai servizi educativi Caterina Bonetti. L’aumento più elevato è per la fascia Isee sopra i 26mila euro, con il costo del singolo pasto in aumento di 1,11 euro.

Nello specchietto sotto riportiamo tutte le modifiche alle tariffe. Va specificato che per nidi e scuole infanzia comunali il costo è ricompreso nella quota mensile di iscrizione.

Esternalizzazione del servizio ristorazione

Nelle scuole dell’obbligo (primaria e secondaria) la ristorazione è stata progressivamente esternalizzata da 25/30 anni. In seguito anche per nidi e scuole infanzia il Comune ha dismesso il servizio in proprio. L’ultima gara d’appalto è stata nel 2014 e aggiudicata a Camst e Serenissima che, dunque, gestiscono da 12 anni il servizio. Il contratto originario prevedeva un 5+3 anni ma il biennio Covid (2020-21) ha comportato un prolungamento e, in seguito, nel 2023 la gara Intercent-Er valida per tutta la regione non ha soddisfatto i requisiti tecnici voluti dal Comune di Parma che, pertanto, ha prorogato di un ulteriore biennio il servizio. A fine 2024 Camst, nelle more di legge, ha proposto al Comune un project financing (in italiano: finanza di progetto).

Project Financing

Il project financing contempla un’esternalizzazione completa del servizio, mediante regime di concessione, in capo al soggetto privato che si aggiudicherà la gara europea. Il servizio ristorazione sarà messo a bando per 15 anni, per un controvalore complessivo di 150 milioni di euro. Il gestore aggiudicatario trarrà la remunerazione tramite la riscossione diretta delle tariffe dagli utenti (gestirà iscrizioni, fatturazione e recupero crediti). Il gestore dovrà garantire investimenti per 7 milioni e 95mila euro in attrezzature di cucina e ammodernamenti dei refettori (tra cui pannelli fonoassorbenti, nuovi tavoli) da espletare nel primo triennio e un “revamping”, ossia rinnovamento, dal decimo al dodicesimo anno di contratto, in 35 strutture su 53, più i 2 asili nido nuovi che apriranno l’anno prossimo.

Tutte le nuove attrezzature, gli arredi e l’ammodernamento degli ambienti diventeranno a tutti gli effetti patrimonio del Comune di Parma.

La consigliera Seletti ha asserito che durante il suo mandato da assessora furono investiti in nuove attrezzature 550mila euro e si sarebbe potuto continuare così.

(Facendo le debite proporzioni, nell’arco di 15 anni, gli investimenti comunali sarebbero 1,65 milioni a fronte dei 7 milioni del privato, ndr).

Il project finacing per la ristorazione scolastica è ancora poco praticato in Italia e ha dato adito a diverse obiezioni, peraltro tutte rigettate dal Consiglio di Stato, menzionate dalla dirigente del settore educativi, Donatella Signifredi nelle commissioni consiliari e in consiglio comunale, che ha certificato come il gestore privato si accolli effettivamente un rischio di impresa nella gestione degli insoluti, delle fluttuazioni del mercato delle materie prime e della variazione del numero di utenza. Questo punto è stato oggetto di perplessità e dibattito in consiglio comunale da parte dell’opposizione di centrodestra, in specifico dal consigliere Pietro Vignali (dell’omonimo gruppo). È seguito un botta e risposta con il consigliere Manuel Marsico (Pd) che ha ricordato come le passate amministrazioni Ubaldi / Vignali avessero puntato forte sulla finanza di progetto.

Nel settore educativo va ricordato che la prima partnership pubblico-privata con la costituzione di Parmainfanzia, tuttora in vigore per la gestione di un buon numero di nidi e scuole d’infanzia, fu attivata nel primo mandato del sindaco Ubaldi. Parmainfanzia permette di superare alcune rigidità dell’ente pubblico, espletando comunque un servizio di pari qualità.

Tempistiche di gara

La gara del project financing sarà indetta dal Comune in gennaio con aggiudicazione prevista in aprile e attivazione del contratto dal 1° settembre 2026

La scelta tra gara d’appalto tradizionale e project financing

La proposta del project financing arriva da Camst ma, come da normativa, sarà messa a gara, da aggiudicare al miglior offerente in base al rapporto qualità-prezzo. L’Amministrazione Comunale ha scelto una gara di project financing rispetto ad una gara d’appalto tradizionale perché offrirebbe la possibilità di una miglior innovazione di servizio con investimenti economici altrimenti non praticabili. L’assessora Bonetti ha sottolineato come la linea politica dell’Amministrazione nel settore educativo sia quella di investire nella stabilizzazione del personale (88 assunzioni fra maestre ed educatrici), nell’estensione dell’apertura pomeridiana (dalle 16 alle 18) e nel garantire il servizio di educatori per la crescente domanda di certificazioni di disabilità (1 milione di euro di spesa aggiuntiva).

Le critiche dell’opposizione riguardano il fatto che il p.f. sia una scelta di comodo e che, in più, svuoti di ruoli e competenze il settore educativo.

Cam

La consigliera Seletti ha puntato il dito sui Cam (Criteri ambientali minimi), ossia sul fatto che per indire la gara di project financing sia sufficiente rispettare, appunto, i Cam, che al momento stabiliscono standard di servizio ben al di sotto di quanto in vigore attualmente nelle mense del Comune. Seletti ha fatto l’esempio degli alimenti “biologici” che per i Cam è sufficiente siano del 10% mentre nel suo mandato da assessora la fornitura bio è stata portata al 90%.

L’assessora Bonetti ha precisato che i Cam saranno la base di gara, ma molti criteri qualitativi migliorativi saranno posti ad un livello più avanzato. Non è entrata nel dettaglio poiché le specifiche debbono essere tenute riservate fino alla pubblicazione del bando di gara, pena l’invalidazione per turbativa.

Un altro elemento che può fare la differenza, per i partecipanti alla gara, è l’ubicazione del centro preparazione e cottura pasti. Ossia se obbligatorio che sia insediato nel territorio comunale di Parma oppure solo facoltativo.

Insoluti

Attualmente l’insoluto dalle bollette della ristorazione scolastica ammonta a circa 500mila euro. Insoluto significa famiglie che non pagano il servizio, per quanto dovuto. L’onere ricade sul Comune di Parma che trasmette alla società partecipata Parma Valore Comune la gestione della pratica e la riscossione del credito, di non semplice recupero.

Il passaggio della riscossione delle bollette al soggetto gestore privato, col project financing, comporterà due aspetti. Il Comune, non si accollerà più il rischio di insolvenza delle utenze, quindi con minori costi a bilancio per mezzo milione di euro. Dall’altro renderà più difficile l’evasione all’utente poiché, se non dovesse pagare, il gestore potrà iscriverlo nella banca dati delle persone non solvibili, banca dati a cui fanno riferimento le banche e le società erogatrici di credito. Significa che eventuali pratiche di prestito risulterebbe più difficili, per un utente moroso della mensa scolastica.

Gradimento del servizio (e sprechi)

Il gradimento della ristorazione scolastica è valutato favorevolmente o molto favorevolmente dall’85% degli utenti. Anche questo punto è stato dibattuto in consiglio, poiché il passaggio a una gestione del tutto privata potrebbe comportare il rischio di un abbassamento di qualità senza adeguate contromisure. L’assessora Bonetti ha risposto che la parte della rigorosità dei controlli non subirà variazioni. Il servizio controlli è appaltato a un soggetto terzo e, alla scadenza nel 2027, sarà rifatta la gara. Inoltre c’è il Comitato mense, i questionari per i genitori e altre modalità di rilevamento.

Va detto che una piccola querelle ha riguardato il ruolo da “assaggiatrice” dell’assessora ai servizi educativi. Seletti d’abitudine, una volta a settimana, si recava in plessi diversi, consumando il pasto per testare di persona quantità e qualità. Bonetti invece non lo fa, considerandolo un’ingerenza impropria.

Lo spreco dei pasti a scuola è un altro elemento di pseudo valutazione del servizio. Nella vulgata si ritiene che se i bambini non mangiano i “piatti” questi non siano di buona qualità. La realtà è più complessa e articolata e merita un approfondimento a parte, considerando che gli scarti generali del servizio si attestano al 27%, un dato inferiore alla media regionale (30%). Sull’argomento sprechi è in corso una riflessione tra i tecnici dell’assessorato per arrivare a una riduzione significativa.

Seletti, dalla maggioranza all’opposizione

Abbiamo riportato, nei vari punti, buona parte delle critiche formulate da Ines Seletti, così, come le risposte puntuali fornite dall’assessora Bonetti o dai tecnici. Chi volesse documentarsi può guardare le registrazioni delle riunioni sul canale youtube del Comune di Parma.

Rimane il dissenso di fondo di Seletti rispetto alla linea politica dell’Amministrazione Comunale. “I nostri servizi – ha detto e ripetuto Seletti – si spogliano di una funzione e del rapporto diretto con genitori e utenza, per capire dove sono problemi” giudicando a serio rischio “il futuro dei servizi educativi e del patrimonio comunale” afferente. Bonetti ha spiegato che il project financing non muterà né comprometterà questi aspetti. Dunque un dissenso inconciliabile che ha portato la consigliera Seletti a votare contro la delibera del project financing per la ristorazione scolastica e dimettersi dalla maggioranza al termine del consiglio. E, il giorno dopo, aderire al gruppo “Vignali sindaco”. Va ricordato che Seletti aveva già votato contro un’altra importante delibera, quella della variazione di bilancio da 37 milioni, nel luglio scorso.

Francesco Dradi

Le pale eoliche della Duferco sull’Appenino in Valtaro. Contrarietà di sindaci e popolazione

Preoccupazione è dir poco. C’era tensione e scontento nelle oltre 300 persone che hanno affollato la sala dell’Unione dei Comuni Taro-Ceno a Borgotaro mercoledì sera, con gente in piedi e anche nelle scale di accesso. Inoltre tanti collegati via video alla diretta della presentazione del progetto di parco eolico sui crinali tra la Valtaro e la Valceno.

Assemblea convocata dal Comune di Borgo Val di Taro, a ridosso del deposito del progetto “Parma A” che prevede 22 pale eoliche alte circa 200 metri, mentre un secondo progetto “Parma B” non è ancora stato depositato ma ne contempla altre 25, a corona del primo. In totale 47 pale eoliche nell’arco di 20 chilometri.

Il progetto è stato presentato dall’azienda Duferco Energia ed è stato depositato al Ministero dell’Ambiente per la Valutazione di Impatto Ambientale. Ci sono 30 giorni per presentare le osservazioni.

L’incontro è stato introdotto dal sindaco Marco Moglia che a portavoce di altri primi cittadini (erano presenti i sindaci di Valmozzola, Bardi, Bedonia e Compiano) si è dichiarato contrario a questa impostazione e progetto. Con il supporto della Provincia di Parma vi è l’intenzione di allestire una task force di consulenti per presentare osservazioni tecniche di contrasto alla proposta nei termini di legge. Era presente anche il consigliere regionale Matteo Daffadà, che ha assicurato l’intervento della Regione Emilia-Romagna. Come detto i tempi sono stretti, ma seguono le normative introdotte negli anni dai governi di centrodestra per accelerare l’approvazione delle infrastrutture, con buona pace della partecipazione dei cittadini. Il progetto prevede un investimento di 220 milioni di euro e la documentazione prodotta consta in oltre 600 pagine fitte di annotazione tecniche.

All’incontro non era presente la ditta, peraltro non invitata e nemmeno i parlamentari e consiglieri regionali del centrodestra, anche loro non risulta fossero invitati.

Buona parte dei presenti erano i proprietari dei terreni inseriti negli elenchi degli espropri. Si tratta di terreni a bosco o a pascolo. Tra queste anche porzioni di territorio inserite nel bio distretto Alte Valli, altre dove vi è produzione e raccolta di funghi porcini IGP e di tartufaie.

In molti punti non vi è adeguata viabilità, o anche una totale mancanza di strade, per il trasporto delle pale eoliche. Per la loro installazione sembra che sia previsto un disboscamento di 17 ettari di bosco. Inoltre, l’installazione degli aerogeneratori andrebbe a ricadere su terreni, quelli appenninici, fragili dal punto di vista idrogeologico.

La preoccupazione nella popolazione montanara è forte e la contrarietà all’impianto pure.

Chi è il proponente. Il fatturato consolidato del gruppo Duferco nel 2024 è stato di circa 18,4 miliardi. Per la singola società Duferco Energia S.p.A., il fatturato è stato di € 3,5 miliardi. Proprietario della Duferco è Antonio Gozzi, tra le altre cose membro del consiglio generale di Confindustria e presidente dell’Entella Chiavari (squadra di calcio di serie B).

Redazione

Parma è Palestina, tutto il mondo è Palestina

Domani 3 ottobre sciopero e corteo. Ritrovo ore 9 piazzale Santa Croce 

Parma è Palestina, tutto il mondo è Palestina.

Da mesi si susseguono le manifestazioni per chiedere la fine della guerra a Gaza e auspicare una Palestina libera. Però ci voleva un atto di rottura, un pieno coinvolgimento della società occidentale.

Il confine è stato oltrepassato ieri sera.

Non è un programma politico, non è un appello costruito a tavolino. È stata piuttosto una spinta collettiva, potente, che ieri sera ha fatto scattare qualcosa. L’ennesimo atto illegale dello Stato criminale e genocida di Israele – la cattura e gli arresti della Global Sumud Flotilla in acque internazionali – ha acceso una miccia che speriamo non si spegnerà tanto presto.

E così, all’improvviso, migliaia di persone sono scese nelle piazze, nelle strade, hanno invaso i binari delle stazioni. Un gesto che in questo Paese non si vedeva da decenni: protestare davvero, con convinzione, per lanciare un segnale chiaro.

Il corteo spontaneo, formatosi alle 22 in Oltretorrente, in piazzale Picelli, e fluito davanti al Teatro Regio, ingrossandosi fino in stazione, per occupare simbolicamente i binari è la risposta, pacifica, nonviolenta, e ugualmente ferma e determinata.

Domani, venerdì 3 ottobre, ci sarà uno sciopero generale in tutta Italia, convocato da Cgil e Usb, per protestare contro lsraele e lo sterminio in atto a Gaza, contro l’ignavia del governo italiano. A Parma il ritrovo è alle 9 in piazzale Santa Croce, da lì partirà il corteo per piazza Garibaldi dove si terrà un presidio.

Ci sentiamo tutti parte di una svolta della storia. Una svolta tragica, che vede un governo e uno stato presunto democratico agire con l’intento di annientare un popolo. Quell’equilibrio instabile che reggeva da decenni tra Israele e Palestina non c’è più e, purtroppo, nessuna potenza mondiale (gli USA per primi, che anzi col presidente Trump soffiano sul fuoco) vuole fermare il governo criminale di Israele.

I continui appelli a desistere, in specie dalla nostra premier, non fanno che sancire e rafforzare un concetto pericoloso: l’occupazione illegale da parte di Israele è legittimata, mentre chi rispetta il diritto internazionale No.

Questo rappresenta il fallimento di ogni regolamentazione sovranazionale, cosa che le estreme destre evidentemente perseguono, gettando il mondo nel caos e in balia della legge del più forte.

Per questo ognuno nel suo piccolo è chiamato a fare i conti con la sua coscienza. E, nel suo piccolo, Parma sta rispondendo, dalle istituzioni al popolo: lunedì il consiglio comunale ha votato a favore del riconoscimento dello Stato di Palestina (invitando il governo a questo atto) mentre da giorni si susseguono i presidi in piazza Garibaldi (anche oggi dalle 17 alle 20).

Si scende in piazza per dire: “Adesso basta”.
Dire che l’inaccettabile passività dei governi europei – e soprattutto del nostro – non è più tollerabile.
Dire che la complicità silenziosa con chi calpesta diritti, libertà e vite umane non può più passare sotto silenzio. Non si tratta di tifare per una parte o per l’altra: si tratta di riconoscere una verità che è sotto gli occhi di tutti in un’escalation continua da due anni. Due anni di violazioni del diritto internazionale, di umiliazione oltre l’indicibile della dignità umana, di uso cieco della forza da parte di criminali spietati. Quando i governi si rifugiano nella finta diplomazia dei balbettii e dell’ambiguità, resta la voce delle persone comuni. Ieri sera, quella voce si è alzata forte, come non accadeva da tempo. Non è la soluzione, non è la fine di un percorso, ma è l’inizio di qualcosa.

Un segnale che dice: l’indifferenza non è più un’opzione.

Tutt* con la Global Sumud Flotilla a difendere il diritto internazionale, a difendere Gaza e la Palestina, tutt* in piazza a difendere i valori con i quali siamo cresciut*: mai più genocidio.

La Redazione di Parma Parallela

Vignali scalda i muscoli per il 2027 e ritorna “civico”

Intervista sul nuovo movimento “Parma siamo noi”, sull’antagonismo con la Ubaldi, aeroporto e zone rosse, le assenze dal consiglio comunale, la polizia locale e il caso Bonsu.

Non c’è dubbio che Pietro Vignali sia un volpone della politica e che sappia fiutare l’aria. Ed è così che nel principiar dell’autunno, bruciando tutti sul tempo, ha piantato i paletti nel campo del centrodestra, avvisando che lui ci sarà tra due anni, alle elezioni comunali del 2027.

Vignali, 57 anni, già sindaco di Parma dal 2007 al 2011, ora è capogruppo in consiglio comunale della lista “Vignali sindaco” e dal novembre 2024 consigliere regionale di Forza Italia.

Allora Vignali, ha già deciso di ricandidarsi sindaco?

«Approfitto della domanda per fare chiarezza. Tutto nasce da una domanda di Ferraguti (conduttore della trasmissione ParmaEuropa, su 12 TvParma, ndr) che mi ha colto di sorpresa. Non ho detto che mi candido, ma è bene circostanziare il messaggio: sarò in campo, vedremo in che modo».

Può spiegare un po’ meglio cosa intende? Perché in diversi hanno inteso che si vuole ripresentare come candidato sindaco, nell’ambito di questo nuovo movimento “Parma siamo noi”.

«Assolutamente non intendevo questo, d’altronde non ha alcun senso candidarsi a sindaco due anni prima, il candidato sindaco si sceglie sei mesi prima dell’elezione. E, ripeto, in questo momento non penso a candidature né a sindaco, né a consigliere. Abbiamo invece deciso di esserci fra due anni a seguito degli incontri molto partecipati che ho svolto nei quartieri tra la primavera e l’estate. Ho fatto tredici incontri e mi ha colpito come vi sia molto disagio tra i cittadini, soprattutto per la mancata cura della città. Ricevo di continuo sollecitazioni, la gente mi vede come un paladino e d’altronde l’anno scorso sono stato eletto in Regione con 8mila preferenze».

Cosa vuol essere il movimento “Parma siamo noi”?

«È l’evoluzione del mio gruppo consiliare, Vignali sindaco, una lista civica che alle scorse amministrative ha preso il 14%, la seconda lista più votata dopo il Pd. La facciamo evolvere in un movimento, “Parma siamo noi” appunto, che possa inglobare altre realtà civiche a partire dalle 9 associazioni di quartiere che sono nate recentemente. Ognuna di queste associazioni vede la presenza di circa 50 persone. Ecco, una gamba del movimento saranno le associazioni di quartiere, l’altra saranno dei dipartimenti tematici per sviluppare idee. Le attività si vedranno in itinere. E poi si sono uniti altri gruppi e associazioni civiche come Missione Parma che esprime Virginia Chiastra , I Nostri Borghi, l’associazione storica di Fabrizio Pallini…»

Ma loro sono già consiglieri comunali nel suo gruppo…

«Sì, ma sono realtà importanti che confermano l’impegno. E poi c’è SoS Parma, gruppo di Devis Brozzi, molto partecipato, che ha dato il là alle manifestazioni sulla sicurezza».

Prima citava la sua elezione in Regione, che è avvenuta nelle fila di Forza Italia, partito nel quale a gennaio scorso è entrato nella segreteria nazionale… adesso però si ripresenta civico?

«Intanto in Comune sono stato eletto tre anni fa con una lista civica e gli altri quattro consiglieri del gruppo sono tutti rimasti civici e poi Forza Italia è sempre stato un interlocutore privilegiato del civismo parmigiano, già col sindaco Ubaldi. E non dimentichiamo che quando Berlusconi fondò Forza Italia agli inizi la volle come una lista civica nazionale, senza politici».

Ad ogni modo con la sua uscita ha bruciato sul tempo la presentazione del nuovo gruppo di Maria Federica Ubaldi…

«Io non volevo bruciare nulla, io è da marzo che faccio incontri nei quartieri, li ho fatti tutta l’estate, sono tutti rendicontati e poi, ripeto, l’accelerata l’ha data l’intervista di Ferraguti con quella domanda imprevista».

Comunque sia anche la Ubaldi ha lanciato un nuovo movimento civico “ChiAma Parma”, un percorso analogo, ci possono essere convergenze?

«Anche la Ubaldi è già consigliera comunale, eletta in Civiltà Parmigiana, e non ci vedo nulla di nuovo».

Tuttavia in vista delle elezioni tra due anni forse dovrete trovare un’intesa, anche con altri soggetti. Come la vede in prospettiva?

«È difficile prevedere adesso cosa succederà da qui al 2027. Tre anni fa emersero delle candidature che non erano previste, come la lista “Ora” di Dario Costi che fece una performance importante».

Le sue critiche all’Amministrazione Guerra sono parecchie. C’è qualcosa di salvabile?

«Salvo le politiche per la casa. Su quello c’è grande dinamismo, forse potrebbe fare uno sforzo per aumentare la dote del patrimonio pubblico. Vedremo alla fine quanti saranno gli immobili risistemati. Importante è stata la delibera sulle Fiere, che anche noi abbiamo votato. E d’altronde il patto di non belligeranza tra Cibus e Tuttofood cominciò con me. Poi vedo delle buone intenzioni sull’Alta Velocità. Su questo, per una fermata in linea, si deve lavorare a prescindere dagli schieramenti politici, per il bene della città e vedo che lo si sta facendo. Cosa che invece non successe sull’aeroporto, quando fu grazie ai nostri voti che passò la delibera per lo sviluppo aeroportuale, con la maggioranza spaccata».

Ecco, le chiedo, non fu un errore politico? Intendo dire: se aveste votato contro, la delibera non sarebbe passata, ciò avrebbe causato una pesante crisi in maggioranza e forse avrebbe portato alla caduta del sindaco.

«Non fu un errore, noi agimmo con grande senso di responsabilità, per dare una prospettiva all’aeroporto, se no come città saremmo stati tagliati fuori dal mondo. Io ho sempre creduto nell’aeroporto, tanto che, sotto il mio mandato, un anno ricapitalizzammo per 6,5 milioni di euro. Dopo sono stati fatti passi indietro come i gamberi. Ora siamo in una situazione difficile ma è dovere di tutti rilanciarlo».

Lei ha mai interloquito con i canadesi di Centerline?

«No, mai. Da consigliere regionale ho fatto interrogazioni per chiedere alla Regione di spingere su un sistema aeroportuale regionale. Oggi ci troviamo Bologna satura, Rimini che va per conto suo, peraltro con fondi regionali del turismo, e Parma e Forlì che stanno morendo. La Regione avrebbe dovuto muoversi prima, adesso vediamo cosa dirà il piano nazionale aeroporti».

Una critica che le viene mossa è di “saltare” i consigli comunali, risulta presente alla metà dei consigli.

«Io vado quando posso. Da un anno sono consigliere regionale e il mio lavoro, di revisore e consulente creditizio mi trattiene spesso fuori città. Però io faccio opposizione con iniziative nei quartieri».

Sembra un po’ snobbare il consiglio comunale.

«No, nessun snobismo, ripeto quando posso vado. Bisognerebbe però misurare l’attività politica anche in base agli atti. Il mio gruppo consiliare ha prodotto 60 mozioni, non sono poche».

Cambiando argomento. Zone rosse. Ha letto le critiche della Camera Penale di Parma (gli avvocati penalisti, ndr)?

«No, cosa dicono?»

In sostanza che è un provvedimento che limita le libertà personali e che, in altra regione, è già stato destituito dal Tar.

«Non è mio compito dare pareri di legittimità su provvedimenti ministeriali. L’altro giorno ho incontrato il ministro Piantedosi il quale mi ha detto che con le zone rosse sono stati effettuati, in tutta Italia, più di due milioni di controlli e duemila gli arrestati. Al di là di questo le zone rosse servono a dare un impulso ai controlli nelle zone critiche».

Questo provvedimento, le zone rosse, conferma che c’è un problema di ordine pubblico, di spettanza del governo e meno dei Comuni…

«Non proprio, perché la circolare ministeriale dice anche “cari sindaci potete fare ordinanze che introducano il divieto di vendita di alcolici in determinati orari e con tante casistiche. Ci sono poi linee sulla rigenerazione urbana e altro. A Parma abbiamo un forte problema nella zona nord, in via Palermo e dintorni, c’è poi il tema dei mini-market che vendono gran quantità di alcolici e andrebbero regolamentati. O meglio un regolamento valido c’era, emanato sotto il sindaco Pizzarotti dall’assessore Casa, ma poi il Pd lo ha annacquato e non lo stanno attuando. E queste sono competenze del Comune: commercio, riqualificazioni, ordinanze. Certo ci vogliono i controlli di polizia di stato e carabinieri, ma il Comune può agire, anche con la polizia locale, ad esempio ripristinando il nucleo investigativo».

Mi scusi, però il “nucleo investigativo” fa venire in mente il caso Bonsu.

«Non è che per un errore fatto da un vigile, annulli il tutto. Sarebbe come dire che per il caso Cucchi si dovrebbe azzerare l’Arma dei Carabinieri… poi che la polizia locale si debba occupare di sicurezza urbana e prevenzione l’ha detto il decreto Minniti, che era un ministro del Pd. In consiglio comunale diversi mesi fa avevo detto che era meglio se il sindaco fosse andato a Roma a chiedere le zone rosse, come aveva fatto il sindaco di Reggio Emilia, invece di scrivere le letterine a Repubblica, a seguito di quel caso del vigile investito in via D’Azeglio».

Francesco Dradi

La linea sottilissima di piazzale Inzani


Un reportage lungo 24 ore nel cuore dell’Oltretorrente

05:58 STAAC … il rumore secco, meccanico, di una serratura che scatta, rompe il silenzio notturno. Si apre un portone ed esce una ragazza in bicicletta. Rapida si dilegua verso strada D’Azeglio: l’attende il bar in cui lavora.

06:00 Da via Galaverna sbuca un giovane, a passeggio con due cani: uno grande bianco e uno piccolo nero. Un altro portone si apre: un uomo esce a piedi. Qualche finestra si illumina dietro le persiane. In strada D’Azeglio transita la macchina del lavaggio strade col suo ronzìo di spazzole.

06:03 Un giovane migrante, nero, arriva in bicicletta ed entra in casa, ha finito il turno di lavoro in fabbrica. Un altro uomo esce e va, la luce al 17 si è spenta.

Per dieci minuti tutto tace in piazzale Inzani. Anche i borghi intorno sono silenziosi. L’illuminazione pubblica non lascia angoli bui. In alto, il cielo è ancora blu scuro, l’aria è tersa, si capisce che sarà una bella giornata.

Mi hanno informato che i residenti stanno raccogliendo firme per un esposto da presentare alle autorità. Mi dicono, genericamente, che sono stufi del degrado causato dai bivacchi e dal rumore a tarda sera. Con lo spirito da cronista, ossia riportare i fatti interloquendo con le persone, decido di osservare per 24 ore la vita di piazzale Inzani, il cuore dell’Oltretorrente, quartiere simbolo dell’accoglienza, per tentare di capire cosa succede realmente, se le preoccupazioni dei residenti sono fondate o meno. È un venerdì di inizio settembre, uno dei giorni “caldi” del fine settimana in quella che qualcuno definisce la Montmartre parmigiana, o della piccola Parigi.

È un reportage lungo, mettersi comodi per la lettura.

Il cuore dell’Oltretorrente, immagine satellitare tratta da Google Maps

Mattina: la vita di paese

06:15 Un altro giovane migrante africano esce in bici dal 34, va al lavoro. Il rumore in lontananza di una saracinesca che si alza. Faccio due passi. Il primo negozio ad accendere le luci è l’ortofrutta di Asghar in via Imbriani all’angolo con borgo Cocconi. Dall’altro lato la barista Sonia prepara il bancone della Latteria 66 e due clienti sono già fuori che attendono.

Alle 6, la prima che va al lavoro, in bici

06:25 Il borbottìo di una moto in borgo Fiore si allontana verso borgo Parente. Si avvia la prima auto, da via Galaverna. Una signora con un bel vestito africano multicolore esce da casa e, con un panno, pulisce accuratamente dentro e fuori la sua auto, una renault clio. Venti minuti e rincasa.

06:45 I due gatti bianchi del piazzale fanno la loro comparsa e a passi felpati tentano una vana cattura di piccioni che becchettano attorno alle botti di Rivamancina.

06:50 Arriva la macchina del lavaggio, coadiuvata da addetti con lance-spruzzatori che lavano anche i marciapiedi. In dieci minuti il piazzale è sciaquato da cima a fondo. Intanto che asciuga si leva un leggero odore di detersivo.

07:15 Un uomo si affaccia da una finestra e tossisce mentre fuma una sigaretta.

Altri padroni portano i cani a passeggio: uno, due, tre, quattro… in un’ora se ne contano una decina, almeno un paio fanno i bisogni nei colletti dei tigli. Il cielo si è schiarito, un nuovo giorno inizia. Tra poco ricomincerà la scuola e allora sarà un transito di studenti, dapprima verso i licei e poi bambine e bambini della primaria. Per ora una ragazza bionda con zaino trascina una valigia con le ruote che risuonano ritmicamente sui sampietrini, e parlando al telefono, si dirige verso via D’Azeglio. Chissà che viaggio l’attende.

07:23 Si sente il rumore sordo della soffiatrice in borgo Fiore. Un netturbino la sta azionando; da sotto le auto in sosta sospinge i detriti in mezzo alla strada: bottiglie, tappi, “gratta e perdi” accartocciati. In piazzale gira in mezzo agli alberi, già qualche foglia ingiallita comincia a cadere, oltre alla minuzzaglia di altri rifiuti. Viene “soffiato” tutto tranne dai colletti dei tigli, che sono 9, e pieni di tappi e residui vari. Quella sporcizia non viene mai ripulita dagli addetti Iren, come se gli alberi fossero una zona franca. Ci pensano, di tanto in tanto, i residenti.

07:30 Arriva la macchina spazzatrice, che farà due passaggi aspirando tutto o quasi. Il netturbino svuota i sacchi dai bidoni neri, stradali. Due narrazioni da sfatare: primo, l’orario di pulizia dei borghi non è le 5, ma tra le 7 e le 8. Secondo: le bottiglie di vetro sono sospinte dalla soffiatrice in mezzo alla strada e la macchina le aspira senza romperle. In qualche caso può capitare ma, di solito, tutti i vetri rotti vengono aspirati.

07:35 Una mamma sospinge un passeggino con bambina in età d’asilo: parlano in francese.

07:52 Secondo passaggio della macchina spazzatrice.

Lavaggio completo, piazza ripulita…
… tranne i colletti dei tigli

07:55 Arriva un’ambulanza della Pubblica Assistenza, trasporti ordinari. Una signora anziana, scesa da un palazzo, da qualche minuto sta attendendo con aria smarrita… evidentemente ha però chiesto aiuto per un servizio sanitario. La caricano con attenzione e cortesia.

Una giovane asiatica cerca il patronato Inpal, con un discreto anticipo sull’orario di apertura. Sono due i Caf-patronati in strada Inzani, in concorrenza, diretti da ex protagonisti della politica locale: Gianni Bellini e Brenno Begani. Dal lunedì al sabato in questi uffici affluiscono decine di persone, in prevalenza stranieri, per le pratiche con la pubblica amministrazione.

08:00 Suona la campana dell’Annunziata, come ogni giorno da 450 anni.

Passa in bici un operatore con gilet giallo e un contenitore cilindrico sulle spalle con asta e spruzzatore, si avvicina ai tombini: una spruzzata e via.

8:05 Arriva il camioncino raccolta vetri. Un inevitabile fracasso nello svuotamento dei bidoni, e via.

Arriva un idraulico al 22, precede di poco l’autospurgo. C’è stata una fuoriuscita di acque negli scantinati e a piano terra. I problemi delle case vecchie, le fognature son tutte collegate in stecca e probabilmente un intasamento in un edificio ha provocato una fuoriuscita in un altro. Si tratta di capire dove e rimettere in sesto tutto. Una scocciatura, l’intervento durerà una mezz’ora.

08:40 È il turno del camioncino raccolta carta. I muratori cominciano a lavorare nei due cantieri di ristrutturazione edile di palazzi in borgo Fiore e via Galaverna. Uno è vuoto da tempo: i nuovi appartamenti sono già in vendita.

09:00 Una signora anziana in bici si ferma accanto alla statua di Padre Lino, un paio di minuti, il tempo di una preghiera. Sarà l’unica a farlo in tutta la giornata. Non miglior sorte per la palina che all’imbocco da via D’Azeglio ricorda le Barricate del 1922: affondata nelle erbacce, nessuno si soffermerà.

09:30 Un uomo maghrebino sui 40 arriva in bici e si posiziona all’angolo di borgo Fiore, fuma qualche sigaretta e attende. Qualche minuto e all’angolo opposto, tra piazzale e strada Inzani, un uomo sui 60, dal viso sciupato accosta la bicicletta. Dopo un po’ tira fuori una bottiglia dalle borse della bici e beve un goccio. Poi scrive sul telefono e gli arriva una telefonata, risponde con inequivocabile “r” parmigiana.

09:45 In borgo Fiore negli stalli riservati ai ciclomotori è parcheggiata impropriamente un’automobile audi, prima c’era una seat. Poi subentrerà una fiat Cinquecento, finché a ora di pranzo arriverà una ragazza in scooter che, discutendo con l’automobilista, riuscirà a farsi liberare il posto per le moto.

09:50 Una giovane donna inveisce contro un giovane uomo, contestandogli la scomparsa di 10 euro, “dovevamo andare al Ducale” urla, lui replica con voce impastata che è andato in stazione. Litigano e poi si allontanano spingendo a mano le rispettive bici. Non serve un occhio di lince per accorgersi che sono tossicodipendenti da crack.

09:55 Due signore con valigioni escono da Borgofiore house, locazione turistica. In via Imbriani i tavolini dei bar sono affollati. Se manca una cosa in piazzale Inzani è un bar da colazioni, ma abbondano nelle vicinanze.

10:40 Un viandante, con zaino e sandali, viene a rinfrescarsi alla fontanella e, già che c’è, si lava i denti prima di riprendere la sua strada.

10:30 La signora Mara tira fuori le sedie dal 24 e chiacchiera con le amiche che passano a dare un saluto, è rammaricata per i bivacchi e gli ubriachi. “Sono molto tollerante ma ormai qui si è passato il segno. Persone che bevono di continuo, a volte rumore fino alle tre di notte. Devo dire che da un paio di settimane, da quando i vigili hanno intensificato i passaggi un po’ la situazione è migliorata”. Mara vive in piazzale fin da bambina. Mi racconta un aneddoto sul padre Orazio. “Era garzone nella bottega di barbiere di suo padre, mio nonno, all’11. Durante la guerra si prestò a fare la staffetta per i partigiani. Nascondeva armi, portava volantini. Un giorno ne aveva un gran pacco, ma avvertito del rischio di perquisizionedei fascisti li buttò nella stufa tutti insieme, ne uscì un gran fumo e si danneggiò il camino che quasi si incendiava, tanto che i proprietari sfrattarono mio nonno dalla bottega”. Mara è una dei tanti che è firmato la petizione / esposto.

Per saperne di più contatto uno dei promotori, il signor Elio. Mi risponde cortesemente: “Per l’esposto stiamo raccogliendo le ultime firme, sarà indirizzato al prefetto e al questore e per conoscenza al sindaco. Dopo, forse, lo manderemo alla stampa. È promosso da residenti in via Imbriani, piazzale Bertozzi e piazzale Inzani. C’è un problema di ordine pubblico: è un disturbo reale provocato da una quantità di nulla facenti, che sono sempre per strada, bevendo e spacciando.

Non è una questione di immigrati che, anzi, meno male che ci sono. Si tratta di un misto di persone, la situazione forse non è di vero pericolo, ma va affrontata perché pian piano sta peggiorando. Altrettanto la presenza dei locali è ben accettata e si è favorevoli, la vita del piazzale è molto migliorata negli ultimi anni, tuttavia qualche locale, uno in specifico, non rispetta quanto sottoscritto con la licenza, in particolare per l’impatto acustico nelle ore notturne. Nell’esposto suggeriamo qualche provvedimento che si può prendere, ma preferisco non anticiparli”.

11:00 Gli impresari edili del cantiere hanno dei bei macchinoni e non si fanno scrupolo di parcheggiare in palese divieto… d’altronde è una sosta breve.

Il signor Stefano, che abita al 24, termina di riverniciare la saracinesca al 12, che era scarabocchiata con segni incomprensibili. Non è casa sua ma di Armando, cantante lirico che giunge di lì a poco, lamentando un mal di denti. Un saluto, due chiacchiere: è quella vita tranquilla degli storici abitanti dell’Oltretorrente, tutti che si conoscono e si prendono cura reciprocamente.

Nel frattempo in piazzale arrivano due persone, entrambe tunisine appurerò in seguito, una si siede su un cordolo che cinge un tiglio, con sguardo perso, e l’altro si accomoda sul gradino della casa popolare: ha due bottiglie di birra. Arriva un altro uomo, accento parmigiano, con birra e sigaretta, si appoggia alla staccionata della birreria.

11:45 Il tempo di andare a prendere un caffè in via Imbriani e i “bivaccatori” sono scomparsi; in compenso c’è un van blu con targa tedesca infilato in mezzo alle rastrelliere delle bici. Inciso: il piazzale è ztl pedonale, c’è categorico divieto di sosta. Dopo un quarto d’ora una famigliola con aria vacanziera esce da un palazzo che non risulta essere alloggio turistico, o perlomeno nessuna targhetta lo evidenzia. Salgono sul van e se ne vanno.

Due bambine, figlie dei negozianti dell’Africa Market 2, danno un tocco di vivacità rincorrendosi e scherzando. Sono le uniche. Nessun altro fanciullo scenderà a giocare in piazzale; di più: non si vedranno neanche ragazzi, fino ai 20 anni nessuno frequenta piazza Inzani.

12:00 Una nonna si ferma a riposare sotto l’ombra dei tigli, nel passeggino una bambina addormentata. In un cortile interno il signor Roberto si affanna con cacciaviti e chiavi inglesi per sostituire il motorino del tergicristallo della sua auto, mi spiega che lo ha recuperato da un rottamaio per risparmiare e spendere meno della metà.

13:00 Ha aperto l’osteria da Virgilio e i tavoli cominciano a riempirsi. Tra gli alberi è rimasto un solitario a bere birra.

All’ora di pranzo la piazza Inzani si svuota … ha una sua bellezza

Pomeriggio: il turno degli immigrati

13:50 Sono arrivate tre persone, sembrano dell’est europa: usano i bidoni del vetro come tavolini su cui appoggiare bottiglie di birra.

14:10 Uno dei tre va a comprare il secondo giro all’Africa market 2, il negozio di alimentari e generi vari al civico 7 del piazzale. Sarà un continuo andirivieni fino a sera.

15:10 nella compagnia degli europei arrivano altri due; mentre poco distante sono tornati i tunisini.

È ora di parlare con loro.

Approccio il gruppo: il più spigliato si fa avanti e, sotto anonimato, accetta di parlare e mi dice che sono moldavi. Quasi tutti indossano magliette rosse con logo di una nota azienda locale. Uno arriva anche col furgone della ditta lasciandolo… in divieto di sosta. Alla fine il gruppo sarà di una decina di persone. Lui abita in via Bixio da 14 anni, spiega che si fermano a bere qui e non al bar perché la bottiglia di birra acquistata al market costa 1,80 €. Così hanno preso l’abitudine di trovarsi qui, in piazzale, a fine turno, specialmente nei week end. Bevono, chiacchierano e stanno tranquilli, mi assicura.

Mi avvicino all’altro gruppo. Sono tutti tunisini e, di fatto, divisi in mini gruppetti. Colui che mi risponde dice di essere operaio metalmeccanico a San Polo di Torrile da 32 anni e di abitare in centro. Non beve, passa di qui a vedere se ci sono amici. Mi dice “Sedersi al bar costa troppo, i nostri stipendi sono bassi. Allora ci troviamo in compagnia così. Ma non facciamo niente di male, e buttiamo le bottiglie nei bidoni”. Lo rivedrò verso le 21, decisamente brillo. E di bottiglie disperse ce ne saranno. Il problema è anche questo: i baristi se ti vedono in “basa” (ubriaco) smettono di servirti, invece il market continua a vendere bottiglie a chiunque.

Un altro è muratore imbianchino, si chiama Omar. Da qualche anno vive a Langhirano ma prima abitava in via Imbriani. “Sono innamorato dell’Oltretorrente” dice “e quando posso torno qua, perché mi trovo bene”. Ha preso un giorno di permesso mettendo in fila la visita dal medico e altre commissioni. Tra un impegno e l’altro torna in piazzale, dalla mattina. E intanto che si ferma, beve birra, da solo o in compagnia.

17:00 Aprono i locali. Rivamancina coi suoi 14 tavolini e 60 sedie sotto i tigli è il fulcro, per la posizione strategica e i prezzi popolari: una birra piccola 3 €.

Alfredo e Genni hanno rilevato il locale da Marcello, che in primavera si è spostato in via Imbriani aprendo un’osteria trattoria, dove prima c’era Beppe. Alfredo era educatore e gestore di centri accoglienza migranti mentre Genni (diminutivo di Generoso) era operaio in Parmalat. “Siamo soddisfatti di come sta andando il primo anno – dicono – abbiamo diversificato un po’ l’offerta rispetto a prima, puntiamo comunque ancora su eventi musicali e culturali, ogni quindici giorni, tranne d’estate. E c’è un buon riscontro. I concerti richiamano persone ma siamo attenti a non sforare gli orari. In piazzale ci sono diverse anime che convivono, questo è un bene. Noi chiudiamo all’una, come gli altri, nel fine settimana”.

18:05 Ecco la pattuglia della polizia municipale: scendono due agenti. In un battibaleno dai bivacchi le bottiglie spariscono, rimangono dei bicchieri di plastica con birra o vino. I moldavi si spostano lato muro del condominio Acer. I vigili (perché tutti li chiamano così) controllano e si intrattengono cordialmente. I gruppetti sono aumentati e ora ci sono anche africani coi capelli rasta e altri europei. Uno di questi, un po’ alticcio, offre da bere al capopattuglia: “Lo sa che faccio il bravo”. Non è proprio vero, mi diranno poi degli altri: è già stato segnalato, gli hanno ritirato la patente.

L’agente imposta bonariamente una discussione sul rispetto delle regole.

Il cartello sopra il lampione è categorico: divieto di consumare alcolici al di fuori dei luoghi di somministrazione, ordinanza del 2015. Chiedo al capopattuglia se tale divieto è ancora in vigore. Mi risponde affermativamente ma che l’indicazione dai superiori è di far rispettare le regole con buon senso. “La linea è sottilissima, qui in piazzale Inzani” dice. Lascia intendere che si punta a tenere sotto controllo la situazione usando tolleranza. Si cerca di evitare il fatto grave, monitorando e tollerando alcuni comportamenti fuori dalle regole, purché non si esageri.

Alle 18:20 la pattuglia se ne va.

Il signore moldavo conferma: è da due mesi che “passano e rompono. Noi ci spostiamo un po’. Ma siamo tranquilli. Deve sentire a mezzanotte il rumore che fanno i tavolini del bar, quello è il vero problema”.

Vado a parlare con Virgilio. “Guarda non dico niente, tanto già le sanno tutti le mie critiche al Comune”. Ma è vero, domando, che ha subìto un furto? “Sì, tutti i locali qui hanno subìto furti quest’anno, tranne Rivamancina e invece due volte il Bastian Contrario. A me sono entrati la primavera scorsa da sotto la saracinesca, che lascia uno spazio tra gradini e scivolo, hanno sfondato la porta, arraffato il fondo cassa e altra roba. Poi da una finestrella sono andati nel cortile interno, si sono arrampicati sul pluviale e, passati nel condominio a fianco, sono scappati. Era mattina e li hanno visti. Niente, ho fatto riparare la porta, messo l’allarme e altri accorgimenti”.

Rispetto ai dati comunicati dal prefetto (-12% di furti in città) per i locali di piazzale Inzani è stato un anno pesante mentre, a sentire i residenti, nessuna abitazione sarebbe stata visitata dai ladri nel corso del 2025.

Sera: aprono i locali, arriva la gioventù

19:00 Un’auto si ferma davanti all’Africa market. Rimane, in divieto di sosta, fino alle 19:40. C’è qualche acquirente che esce con sacchetti di spesa ma in quel negozio almeno tre quarti dei clienti comprano solo bottiglie di birra.

Un operatore sociale che lavora coi migranti mi dice che a suo avviso “I problemi sono ingigantiti; questo quartiere sarebbe deserto se non ci fossero gli stranieri. D’altronde il problema, determinato da alcuni, è che vogliono vivere qua come vivono a casa loro, e questo evidentemente non è possibile”. Le persone che frequentano (o bivaccano, come volete) il piazzale sono immigrati di prima generazione e, di fatto, non sembra esserci integrazione ma coesistenza nel nostro tessuto sociale.

Ogni storia è diversa ma ho rilevato, sia dal signore tunisino che dal moldavo, come non abbiano intenzione di rimanere in Italia: quando tra una decina d’anni andranno in pensione, torneranno al paese d’origine. Un altro tunisino, invece, mi è sembrato sull’orlo della disperazione. Ha lavorato trent’anni come facchino e manovale, era coniugato ma da un po’ è separato e senza lavoro. Mi parla delle figlie che stanno a Ferrara, sposate, e non vede mai. Di fatto vive all’addiaccio, mangia alla mensa Caritas. Ha un bicchierino di caffè e una birra. Forse è quello che berrà meno di tutti. “Non tornerò più in Tunisia, là non c’è più nessuno della mia famiglia”.

19:30 Entro al Bastian Contrario. “Il grosso tema – mi dice Marco, il titolare – è distinguere il problema diurno da quello notturno. E comunque è già tutto scritto nei regolamenti comunali che sono pieni di commi. Per contrastare i bivacchi si può partire applicando ai market il divieto di vendita di alcolici freddi. Il problema dei tossici che fumano crack va affrontato con una strategia nazionale, con delle azioni di social street. Per il notturno il discorso vale per tutta la città: i dehors devono rispettare l’impatto acustico e si potrebbe introdurre il divieto di dare le bevande in bicchieri di plastica. Però consideriamo che per i locali il problema è un altro: quest’anno tutti, tutti stiamo registrando un calo del fatturato del -20% sull’anno scorso. C’è un calo generale dei consumi: la gente beve meno, mangia meno e si ferma di più. Si dovrebbe premiare chi si comporta bene e improntare un dialogo con gli altri per rimetterli in riga”.

20:00 C’è un alterco tra una coppia che esce da un palazzo e il gruppetto dei moldavi che occupano il marciapiede, ostruendo il passaggio. Il dissapore scema rapidamente. Dopo una mezz’ora i moldavi se ne vanno.

20:38 Una volante della polizia transita a passo d’uomo: i poliziotti osservano ma è tutto calmo.

Che destino per Padre Lino… la statua è una invisibile linea di demarcazione

20:55 I dehors dei locali hanno i tavolini tutti occupati, tranne il ristorante Opera Viva che stasera fa servizio al chiuso. Il vociare dai tavoli sotto i tigli è intenso. La statua di padre Lino è come una demarcazione. Di qua gli avventori “regolari”, tutti italiani, di là adesso rimangono solo tre ragazzi africani a bere dalle bottiglie. I tunisini si sono messi in borgo Fiore, sono rimasti in tre e sono palesemente ubriachi. Uno inveisce contro Israele. Di lì a un’ora non ci saranno più. L’assembramento di migranti che bevono e si intrattengono è nel crocicchio di via Imbriani che immette in piazzale Bertozzi. Quello sembra essere il vero punto critico dell’Oltretorrente.

21:15 Arriva il camioncino della raccolta differenziata dell’organico, svuota tutti i bidoni tranne uno che è riempito di vari rifiuti e, di fatto, abbandonato.

21:30 Non c’è più nessuno a bivaccare in piazzale. Nella vicina via Galaverna c’è una chiazza di orina e vetri in frantumi di una bottiglia.

21:45 Comincia il djset dentro il Gagarin. “Con questo – mi racconta Michele, che gestisce il locale assieme ad Alessio – fanno 52 mesi di attività. Siamo ancora in perdita, lo riconosco senza problemi. I tre mesi estivi per noi sono un bagno. Siamo un locale a trazione universitaria, fascia d’età 24/35 , ma le domeniche in cui ospitiamo musica dal vivo, blues, bossa nova, il target si alza ai 30/50”. “Saremo qui fino a quando riusciranno a farmi chiudere – commenta con un’ombra di amarezza – eppure non siamo solo un cocktail bar carino; organizziamo eventi che nessun altro fa: ospitiamo band locali, facciamo microfono aperto e, più importanti, le serate con Emergency e Ottavo colore parlando di temi non facili. Siamo anche noi un presidio per il quartiere. Abbiamo ricevuto tantissimi sopralluoghi della polizia municipale, e siamo sempre risultati in regola; devo dire che gli agenti hanno sempre agito con buon senso”.

22:30 A Rivamancina ci sono tavoli pieni e una quarantina di persone in piedi.

Nello stallo di sosta riservato ai disabili, si fermano, senza contrassegno, prima un opel corsa di un immigrato poi una mercedes A200 di un giovane parmigiano elegante.

22:50 Chiude Opera viva

23:00 Chiude Africa market. Grande afflusso a Rivamancina e buona affluenza al Gagarin (musica a porte ancora chiuse), il vociare è alto.

23:15 Virgilio sbaracca.

23:45 In borgo Fiore e piazzale Bertozzi non c’è più nessuno.

00:00 Scocca la mezzanotte e tutto è tranquillo, 150 persone a Rivamancina; una trentina fuori dal Gagarin che adesso tiene la porta aperta e la musica si sente abbastanza all’esterno. Da considerare che c’è l’effetto imbuto, dato dal restringimento in quel tratto che collega il piazzale con strada D’Azeglio.

Piazzale Inzani alle 00:45 di un venerdì di inizio settembre

Tenera è la notte, i nottambuli meno

00:30 Incrocio un residente: “Se le serate fossero tutte così ci metterei la firma. Vedrai cosa succederà tra poco quando riprenderà la vita universitaria”. E, comunque, fa notare che non ci dovrebbero essere avventori in piedi, che il livello acustico delle voci è troppo alto, che il Gagarin ha le porte aperte con la musica e invece dovrebbero essere chiuse. Chi abita in affaccio sul piazzale deve avere le camere da letto verso l’interno, altrimenti non può resistere.

00:45 Al Bastian Contrario spengono le luci; all’una chiude con una puntualità svizzera nel mentre a Rivamancina cominciano a ripulire i tavoli vuoti e al Gagarin chiudono la porta.

01:15 Un avventore del Rivamancina si allontana, va a orinare in via Galaverna e poi torna a sorseggiare il suo drink come niente fosse. Dal bar continuano a mescere qualche birra, mentre nel dehor, in uno sferragliare, impilano tavoli e sedie.

01:25 Il Gagarin comincia a chiudere; da via D’Azeglio arriva un gruppetto di ragazzi con due cartoni di pizze, si siedono a terra, vicino al Rivamancina. Ci sono ancora una cinquantina di persone in piazza, una ragazza gioca con un cane lupo. Una coppia si è appartata in via Galaverna, per lasciarsi o riconciliarsi.

01:35 A Rivamancina chiudono il tendone e il bar ma c’è attività di sistemazione per l’indomani, dal magazzino al locale; intorno la gente non si schioda, tenera è la notte a chiacchierare e finir di bere.

01:50 Dal Gagarin se ne vanno gli ultimi.

01:55 In piazza un gruppetto si mette a battere le mani. Il volume delle voci sembra più alto.

02:00 Un altro ragazzo va a orinare, in borgo Fiore.

Da via Galaverna la coppietta torna insieme, si è riconciliata.

02:05 Il gruppetto più numeroso, a prevalenza femminile, si avvia verso D’Azeglio, ma si ferma e intona un coro. Arriva un invito al silenzio dai gestori di Rivamancina. Si allontanano. Sul lato strada arriva e parcheggia un’auto, tre persone scendono e si intrattengono a bere, fumare e conversare.

02:15 Si salutano gli amici della pizza; rimangono tre gruppetti; c’è da dire che molti sono venuti in bici; che rimane poco “rudo” per terra, tutto sommato; che praticamente nessuno abita in piazzale o nei borghi d’intorno.

02:35 Spariscono tutti, cala il silenzio e finisce l’osservazione diretta del cronista. Buonanotte.

Francesco Dradi

Aeroporto, la sofferenza continua. L’insolvenza è di 8 milioni. Udienza fallimentare rinviata a fine novembre

Centerline ottiene nuovo tempo, intanto al “Verdi” sono state sospese le pulizie

Il procedimento per la liquidazione giudiziale dell’aeroporto “Verdi” di Parma è stato rinviato al 27 novembre.

In quella data si terrà la nuova udienza fissata dal giudice fallimentare Enrico Vernizzi che dovrà stabilire se il tempo concesso, due mesi e dieci giorni, è stato ben impiegato dagli amministratori di Sogeap, ossia se il piano di risanamento che è stato presentato sarà perlomeno avviato.

Altrimenti dovrà prendere una decisione dolorosa e dichiarare la liquidazione giudiziale, ossia il fallimento di Sogeap e la chiusura dell’aeroporto. L’istanza presentata dal collegio dei sindaci revisori in estate riporta un’insolvenza di 8 milioni di euro. Un atto dovuto quello dei sindaci revisori, composto dai commercialisti Corrado Zanichelli (Parma), Arcangelo Canitano (Roma) e Vittorio Artuso (Reggio Calabria) e che corrisponde all’importo della mancata ricapitalizzazione, pur approvata nel cda di Sogeap il 30 giugno scorso.

L’udienza odierna nello studio del magistrato Vernizzi è durata mezz’ora, un po’ più del previsto. Alla fine è andata come gli addetti ai lavori prevedevano, secondo la prassi nelle sezioni fallimentari. Se gli imputati presentano un piano di risanamento e si presentano in udienza il giudice sostanzialmente prende atto della buona volontà e concede altro tempo.

Da sinistra: Andrew O’Brian (presidente Centerline), l’avvocato Cristian Fischetti (legale per Centerline), Carlos Criado (ad di Sogeap, vicepresidente Centerline) sorridenti prima dell’udienza in sezione fallimentare del tribunale di Parma (18/09/2025).

E così in tribunale si sono visti di persona Andrew O’Brian e Carlos Criado, rispettivamente presidente e vicepresidente di Centerline, quest’ultimo anche amministratore delegato di Sogeap, attorniati da quattro professionisti, tra avvocati e consulenti milanesi. A rappresentare i sindaci revisori altri quattro legali, guidati dall’avvocato Gianluca Paglia.

Ma non tutto deve essere filato liscio dal giudice. In uscita i volti erano tesi e le dichiarazioni positive sono state pronunciate a denti stretti. Però sì: è stato tirato un sospiro di sollievo da parte dei canadesi.

«Vogliamo continuare la “mission” – ha detto O’Brian, ceo di Centerline, ai cronisti presenti – per portare l’aeroporto di Parma al successo e svilupparlo per il bene e l’interesse della città di Parma. Questa è la promessa che facciamo e adesso abbiamo maggior tempo per continuare nella nostra “mission”». «Abbiamo il tempo che ci è stato concesso dal tribunale nell’interessi di tutti, anche dei dipendenti – hanno confortato gli avvocati – Il fatto che l’azionista è arrivato appositamente dal Canada ha dimostrato l’interesse di Centerline». Alla richiesta di chiarimenti sul piano di risanamento, e alla domanda se ci siano nuovi investitori pronti a intervenire, le risposte sono state evasive: «Non è possibile aggiungere niente. Ci sono tanti interessi e parti coinvolte e le informazioni possono essere mal interpretate. È un momento molto delicato quindi è meglio stare zitti».

A parlare tuttavia sono le immagini che giungono dall’aeroporto, inviateci da una lettrice. Da qualche giorno i bagni e gli ambienti comuni non vengono ripuliti e la situazione si commenta da sola.

Situazione in aeroporto Verdi, immagini inviate da una lettrice (18/09/25)

Fonti sindacali confermano che i servizi esterni, manutentivi e di pulizia, sono stati ridotti o annullati. D’altronde pare che siano già state depositate 11 ingiunzioni di pagamento da fornitori.

E dal 26 ottobre, volenti o nolenti, anche Ryanair dismetterà i suoi voli da/per Cagliari e Palermo. L’unica tratta dal “Verdi” rimarrà il volo per Chisinau, Moldavia.

In serata è giunta anche la nota ufficiale di Centerline. La riportiamo di seguito.

Siamo lieti – scrive Centerline – che il Tribunale abbia accolto la nostra richiesta di differire la propria decisione sulla domanda di liquidazione giudiziale di Sogeap formulata dal collegio sindacale della società.

La decisione del tribunale conferma la serietà del progetto presentato da Centerline per il rilancio dell’aeroporto Giuseppe Verdi e la ferma volontà dell’azionista di maggioranza di portare a compimento il turnaround dello scalo.

Lavoreremo senza sosta nelle prossime settimane con le istituzioni e tutti gli stakeholders coinvolti per garantire la continuità operativa di questa infrastruttura e consentire alla comunità locale di sfruttare pienamente questo asset strategico.

Francesco Dradi

Tutte le puntate precedenti le trovate andando a ritroso nel nostro sito.

Stadio, il Parma Calcio verso la rinuncia al parcheggio sotterraneo

Ancora non è stato presentato il nuovo progetto di ristrutturazione dello stadio Tardini ma una novità ci sarebbe. Il Parma Calcio avrebbe deciso di rinunciare al parcheggio sotterraneo nell’area antistante le tribune.

Lo ha annunciato ieri il sindaco Michele Guerra durante l ‘incontro della giunta comunale coi cittadini del quartiere Cittadella.

Il requisito dei 161 posti auto, imposti dalla Uefa per ottenere la licenza per lo stadio nuovo da 24mila posti, non sarebbe stringente se invece di realizzare uno stadio ex-novo si effettuasse una ristrutturazione ed è appunto la strada che sembra sarà percorsa dalla società di Kyle Krause. Mantenendo l’esistente, la licenza Uefa attualmente in vigore verrebbe confermata.

In quanto infrastruttura storica il vincolo di ampliare i parcheggi decadrebbe. Gli stalli di sosta a servizio delle società e delle autorità sarebbero realizzati a raso nell’antistadio, con un ridisegno degli spazi attuali.

Per il resto non sembra ci siano novità rispetto a quanto emerso già un anno fa e riepilogato dall’assessore allo sport, Marco Bosi. Il Parma Calcio avrebbe rinunciato a demolire e ricostruire lo stadio per procedere ad una riqualificazione a stralci. Sarà conservata la storica tribuna centrale, che peraltro potrebbe vedere un restyling, mentre invece dovrebbero essere rifatti ex novo gli altri tre settori, ossia i distinti e le due curve.

La decisione di procedere a demolizione e ricostruzione sarebbe dovuta anche all’impraticabilità di una soluzione temporanea in provincia, a causa anche di una difficoltosa se non impossibile realizzazione di viabilità con doppio flusso, per tifosi di casa e ospiti.

Al momento rimangono incerte le tempistiche di presentazione del nuovo progetto da parte del Parma Calcio e pertanto la Conferenza dei Servizi indetta dalla Provincia rimane sospesa. La società crociata starebbe attendendo anche il provvedimento del governo, un aggiornamento della legge stadi con l’eventualità di un co-finanziamento statale ai privati che ammodernino le strutture.

Rimane da capire se, a questo punto, il Comune perseguirà comunque l’intenzione di realizzare un parcheggio in zona stadio, che sarebbe previsto nel Pums e che era stato confermato nella primavera scorsa dall’assessore Borghi in consiglio comunale. Di questo non ne è stato fatto cenno nell’incontro di ieri.

ReSister, le femministe oltre il confinǝ

Intervista a Elisabetta Salvini e Ilaria La Fata della Casa delle Donne

Tremate, le streghe sono finite in vetrina. Se c’è una mossa a effetto molto parmigiana – e anche parallela – è piazzare la Casa delle Donne in pieno centro, con due belle vetrine spaziose, in strada Melloni 1, in locali concessi dal Comune di Parma.

Al mercoledì sera, in fondo al salotto di via Cavour, svoltate a sinistra e le vedrete che discutono, si infervorano e si divertono. È il riconoscimento “pubblico” che il femminismo ha aperto una nuova stagione.

Se volete lasciarvi coinvolgere c’è l’occasione del Festival ReSister (venerdì 19, sabato 20, domenica 21 al parco della musica, ex Eridania) giunto alla terza edizione e organizzato, appunto, dalla Casa delle Donne. Come evento collaterale inaugura oggi alle 18.30, in strada Melloni 1, la mostra fotografica “Diane” con il live della cantante attivista Lgbtqia+ Diane Arthemise Tripet.

Per comprendere come si sta concretizzando questa rinascita del femminismo abbiamo intervistato Elisabetta Salvini e Ilaria La Fata della Casa delle Donne.

Partiamo appunto dalla Casa che da maggio ha trovato casa, ossia una sede. Come funziona, che attività fate?

Elisabetta Salvini: «La Casa delle Donne è uno spazio di libertà, di alleanze e di condivisione di saperi, nei quali poter praticare il femminismo e sentire un senso forte di sorellanza e partecipazione. Per ora la Casa è aperta tre giorni alla settimana e da quando a maggio abbiamo inaugurato la nostra sede – dopo sei anni di attesa – sono successe talmente tante cose che ci riesce difficile metterle in fila.

La Casa delle Donne è orizzontale: tutto quello che decidiamo passa dall’assemblea, non si delega. Ci troviamo al mercoledì sera e siamo in vetrina, coi passanti che ci fotografano. Adesso che abbiamo la sede stiamo iniziando a costruire automatismi che prima, da nomadi, non potevamo avere.

Infatti, in soli tre mesi di vita, abbiamo già ospitato un corso di scrittura creativa per ragazze adolescenti, un pranzo e un corso di afrogym organizzato dalle donne di Ciac, un primo incontro di formazione con le operatrici del centro antiviolenza, la presentazione del libro di Marta Cuscunà in collaborazione con Insolito Festival, un incontro con i ragazzi e le ragazze del Toschi serale che hanno progettato i banner che appenderemo al nostro festival ReSister. Inoltre continua la nostra attività di divulgazione, siamo state chiamate a parlare a Borgotaro, andremo in Università e proprio in questa settimana ospitiamo in via Melloni un laboratorio teatrale tenuto da Elisa Cuppini e una mostra fotografica dal titolo Diane di Giona Mottura, che racconta l’affermazione di identità di un’artista e cantautrice svizzera».

Il fatto che la sede sia in centro è importante, mi pare.

Salvini: «Sì, all’inizio abbiamo vissuto questa sede come un ripiego rispetto a quella che pensavamo al Montanara. In realtà una sede in centro è molto potente. Siamo aperte al lunedì, mercoledì e sabato, alla mattina. Intendiamo la Casa delle Donne come luogo di cura e di lotta. Cura non come “care giver”, ma la cura delle nostre relazioni. Ci siamo rese conto che è difficile costruire relazioni politiche profonde, e adesso stiamo facendo questo all’interno».

Ilaria La Fata: «Verso l’esterno cerchiamo di dare molto spazio anche all’accoglienza, per questo abbiamo attivato lo “sportello degli sportelli” un servizio di accompagnamento ai servizi territoriali. Se qualcuna non sa bene come fare quando ha un problema o è in difficoltà, la indirizziamo nel posto giusto. La Casa delle Donne è una rete dal 2019 con tutte le realtà attive e sane in città. E le istituzioni rispondono».

Com’è la partecipazione?

Salvini «Nelle assemblee ci sono sempre tante persone. Al momento frequentano stabilmente 40 donne. La Casa delle Donne è come se fosse un treno che va, con tante persone che magari non si vedono ma che ci sono sempre e sono l’anima della Casa».

La Fata: «Il festival di quest’anno è stato costruito un pezzettino da ognuna. Un lavoro collettivo».

ReSister, appunto, tre giorni fitti di festival. Per qualità e quantità forse uno dei festival a impronta femminista più importanti a livello italiano. Qual è il messaggio di quest’anno?

La Fata: «Secondo me siamo state tra le prime realtà a inventare un festival così, era il 2021 ancora in epoca covid. Adesso ce ne sono tanti in giro, perché si sente un grande bisogno di stare insieme e parlare di certi argomenti e l’idea di un festival femminista è un’esigenza che comincia ad essere diffusa. A Milano per esempio fanno un festival sulla mascolinità (Hey Man, 20-21 settembre). Lo sforzo che chiediamo a chi interviene è di essere sempre molto comprensibili per il pubblico. Bisogna avere ancora molta voglia e coraggio di spiegare il femminismo, che non è superato, e non è anni Settanta».

Salvini: «Non è un caso che il primo festival fosse sulle “parole difficili”. Sappiamo che il femminismo utilizza un linguaggio difficile, e quindi proviamo a spiegarlo. La complessità non deve farci paura. Nella seconda edizione c’è stata l’idea di “tenere la testa alta”. In questa terza il tema è “Sconfinatǝ” con la schwa (ossia la e rovesciata: ǝ . È una vocale neutra, usata come simbolo per rappresentare tutti, anche chi non si riconosce nel binarismo di genere, ndr). Nasce da una situazione di angoscia che sentiamo tutte, rispetto alla gestione dei confini nel mondo. I nazionalismi, vediamo quello che sono ancora capaci di fare nel 2025 in diretta tv. Ma c’è anche l’idea che sconfinare significa spostare lo sguardo, togliere i confini che la nostra cultura ci impone: i comportamenti da maschi e da femmina. Il confine di una mascolinità ingombrante. Le donne negli anni Settanta su questo hanno lottato, il loro è stato un movimento di liberazione. Quindi questo tema ci porta anche a ripensare le nostre relazioni, all’amore, a quell’amore romantico che ci è stato raccontato e che ha tanti limiti…» «… ed è sempre un po’ una gabbia» conclude La Fata.

Se guardiamo all’attualità purtroppo ogni settimana c’è una brutta notizia per le donne. Il gruppo facebook “mia moglie”, poi il sito phica.net , la sentenza del giudice di Torino che assolve da maltrattamenti… Invece le notizie positive che riguardano le donne sembrano limitate ai successi sportivi. C’è una distorsione in queste letture?

La Fata: «La società è piena di stereotipi. Il punto è che la stampa mainstream fa uscire le notizie buone sempre puntando l’accento sui singoli successi. Ancora in certi ambiti sportivi si dice che qualcuna ha dimostrato di essere “una donna cazzuta”. Significa che sei meritevole se hai successo ma intanto resti dentro dei binari che sono quelli del potere maschile. Come dire che per essere vincenti devi stare nel modello patriarcale che è così da secoli. Invece per noi contano le dinamiche dal basso, impostare una società che esca dalla logica della performance. Ad esempio ci sono le donne curde o alcune latinoamericane che stanno provando a innestare un modello di comunità paritario, ma non passano le loro storie, e di quel modello non ne sappiamo quasi niente».

Salvini: «Vedi, il femminismo degli anni Settanta ha lasciato una traccia profondissima, da cui non si torna indietro. Ma la narrazione non è stata memorabile, non ha lasciato il segno altrettanto forte. E da sempre si deve ricominciare a dirlo da zero, come se non ci fossero radici e continuità storica. La parola femminicidio, che connota un tipo di delitto molto preciso, e dà consapevolezza viene da un’elaborazione femminista. Anche di recente i più grandi movimenti di cambiamento a cui assistiamo vengono dalle donne: Argentina, Iran, il Black Lives Matter… perché è compito della donna agire una politica trasformativa che metta in discussione tutto».

La violenza sulle donne e la donna come oggetto sessuale. Sono questi i due problemi più grossi che permangono?

Salvini: «Sono problemi oggettivi e i numeri lo dicono. Ma il problema vero è la costruzione delle relazioni che si basano su dinamiche di potere, di controllo, prevaricanti e che rientrano all’interno di una cultura patriarcale. Il lavoro sulle relazioni è complesso e non porta a risultati immediati. È più facile tamponare con leggi sempre più stringenti o con azioni legali sul revenge porn. Vanno bene, però eludono la domanda: perché agiamo in assenza di consenso? Questa è una mancanza essenziale, come si fa ad avere relazioni amorose, con un marito, che non si basano sul consenso? Il consigliere regionale di Fratelli d’Italia che dice che la violenza deriva da una devirilizzazione maschile è grave ma interroga molto perché dice che c’è ancora una necessità maschile di riconoscersi in costrutti di un virilismo che da sempre è quello che cerchiamo di sgretolare».

Eppure, stando ad alcune analisi politiche sull’elezione di Trump a presidente Usa l’anno scorso, sembra che questo aspetto di “protezione patriarcale” che conferma il ruolo maschile predominante sia stato un elemento vincente, rispetto ad un eccesso di asterischi e scwha nel campo Dem. Come valutate questa cosa?

Salvini: «C’è forse di più, delle studiose spiegano che lo slogan Maga andrebbe correttamente interpretato non come “rifacciamo l’America grande” ma rifacciamo l’uomo, il maschio, americano grande. È un’analisi giusta perché Trump dà risposte rassicuranti sotto questo profilo, invece il femminismo non è rassicurante, né dà risposte certe. Quanto allo schwa non è un eccesso ma il segno di un linguaggio aperto. A proposito ci sono studiosi, ad esempio Acanfora, che invitano a non usare più il termine “inclusione” ma piuttosto quello di “convivenza”, perché appunto dovremmo parlare di convivenza delle differenze. Quanto di più lontano dalla politica trumpiana. Se vogliamo tenere insieme le differenze il linguaggio è il primo strumento a disposizione, specie per chi non si riconosce nel binarismo di genere».

Ecco, la politica progressista, il centrosinistra italiano, come dovrebbe affrontare questi temi?

La Fata: «Potrei rispondere banalmente che, usando parole vecchie, se abbandoni la lotta di classe hai già perso, o se stai nel solco del neocapitalismo… io credo che in tanti vediamo che il rischio del centrosinistra sia quello di allontanarsi dalla società che fa sempre più fatica a tirare avanti. Che cosa rimane dell’impegno politico, della differenza con la destra, se non fai battaglie di sostanza, anche nel linguaggio ma non solo…»

Eppure ci sono diverse persone, in effetti uomini, che credono che le battaglie di genere siano perdenti…

Salvini: «Il linguaggio non è una battaglia di costume, il linguaggio è la forma massima di restituzione della complessità della società e non si può non tenerne conto. Non è casuale che Trump affermi “esistono due generi”, che la Meloni si autodefinisca “Il” presidente. Il dirigismo linguistico del fascismo non è una cavolata. Trump lo sta facendo, e ha il coraggio di essere antidemocratico, quando dice “baciatemi il c… ».

Domandone finale: cosa vuol dire essere femminista, oggi?

La Fata: «Essere femministe non è possibile se non in relazione con le altre battaglie che ci sono adesso. È quella che si chiama intersezionalità, vuol dire che la mia battaglia è quella delle minoranze, quella ambientale, di chi è povero, discriminato, di chi è fuori dal binarismo. Se no sarà sempre un modello a vincere».

Salvini: «Aggiungo che bisogna sempre misurarsi con il senso di inadeguatezza, la cosiddetta sindrome dell’impostore che non è solo femminile ma che tantissime compagne hanno e dobbiamo lavorarci un po’ sopra. A me la Casa delle Donne rende potente non perché dà un potere ma perché dà la possibilità di fare delle cose. E credo che con questo gruppo, in cui ci sono ragazze giovanissime, siamo sulla strada giusta. Hanno molte paure ma ricordo sempre quello che diceva Nilde Iotti, presidente della Camera: lei riusciva a parlare in Parlamento perché diceva le parole delle donne che stavano in piazza Prampolini a Reggio. Questo dobbiamo fare».

Francesco Dradi

Ryanair lascia Parma. Sogeap agli sgoccioli, domani l’udienza fallimentare

Come sono lontani i tempi del Parma-Londra. L’orgoglio di volare diretti nella capitale britannica dalla piccola Parigi. Era il 31 marzo 2006. Quel collegamento durò dieci anni, poi la compagnia irlandese lo interruppe. Nel 2016 sembrava che Sogeap volesse puntare tutto sui voli cargo.

Oggi invece la notizia è l’addio di Ryanair: dal 26 ottobre niente più voli per Cagliari e Palermo. Le rotte sono state disdettate in occasione del cambio dell’orario, da estivo a invernale (il calendario aereo segue l’orario solare / legale).

Un colpo ferale per l’aeroporto Verdi, che giunge alla vigilia dell’udienza fallimentare che si terrà domani in tribunale. Sul tavolo del giudice ci sarebbero già diverse ingiunzioni di pagamento che, unite alla situazione di dissesto denunciata dai revisori dei conti, potrebbero portare a una decisione inusuale: ossia un’immediata messa in liquidazione della Sogeap. Di solito, invece, se gli amministratori della società presentano un piano di rientro e rilancio il giudice fallimentare concede tempo, aggiornando il procedimento a una successiva udienza a distanza di due-tre mesi, per verificare se la buona volontà degli amministratori trova riscontro nei dati economici che si raddrizzano. Si vedrà.

In base alle indiscrezioni raccolte Centerline nei giorni scorsi avrebbe finalmente presentato un piano, non proprio di rilancio ma di riassestamento, un piano a breve termine, di sei mesi. Questo piano prevederebbe l’inserimento di un terzo socio (si dice un fondo d’investimento asiatico) con una quota di minoranza. Tuttavia il nodo starebbe sempre nella ripartizione delle quote tra i due soci attuali, Centerline vorrebbe scendere dal 79,5% a una quota tra il 40 e 49% mantenendo la maggioranza mentre avrebbe chiesto a Upi (Parma Aeroporto srl) di salire dal 20 al 40%. UPI avrebbe risposto picche per l’ennesima volta: a farsi carico della ricapitalizzazione deve essere Centerline.
Intanto bye bye Ryanair.