Lupo, segnale di salute degli ecosistemi. Il problema della malagestione in zootecnia

La posizione di Legambiente, Lipu e WWF

Occorre dare ai cittadini gli elementi di conoscenza e concreti per ridurre il conflitto con la fauna e i grandi carnivori basati non sulla propaganda o su retaggi anacronistici, ma sulle conoscenze scientifiche.
Negli ultimi giorni sono apparse su diversi organi di stampa notizie e commenti riguardanti la presenza del lupo in Alta Valtaro e gli episodi di predazioni ai danni di animali domestici. Legambiente, Lipu e WWF ritengono necessario intervenire per riportare il dibattito su un piano di serietà e responsabilità, lontano da allarmismi e strumentalizzazioni, una caccia di consenso a buon mercato che accomuna i politici nostrani di diversi colori con spirito bipartisan degno di miglior causa.

La maggioranza delle persone, silenziosa sì, ma non per questo assente, sa perfettamente che il lupo è una specie protetta, simbolo della biodiversità delle nostre montagne e presenza stabile sull’Appennino parmense ormai da decenni. La sua espansione è un segnale di buona salute degli ecosistemi, con ricadute a beneficio di tutti, incluse le comunità locali che vivono in questi ambienti. Si pensi ad esempio alla forte riduzione della nutria in diverse aree planiziali, così come al contributo all’eliminazione di carcasse di cinghiali infette dalla Peste Suina Africana, enorme minaccia per il comparto agro-industriale padano e parmense in particolare, poiché il virus viene ucciso al passaggio nell’apparato digerente del lupo. Sono questi solo alcuni dei servizi ecosistemici di altissima rilevanza economica ed ecologica svolti dal predatore, ma quasi mai menzionati.

È inoltre ampiamente dimostrato da numerosi studi il cruciale ruolo svolto dalla gestione dei rifiuti e scarti di origine animale – quali vacche e vitelli morti in attesa di smaltimento, oltre alle placente derivanti dai parti – nel condurre lupi in prossimità delle attività umane: tale vicinanza è strettamente associata alla facilità nel reperire cibo a basso costo.
È dunque necessario che le istituzioni di riferimento supportino una transizione volta a prevenire tali dinamiche, supportando il comparto agri-zootecnico sia con opportune revisioni normative (tra cui maggiore rapidità nell’elargizione degli indennizzi per capi predati), sia con incentivi economici, volti ad attuare pratiche affinché sia mantenuta la giusta distanza tra il selvatico e le attività umane, a cui fa seguito anche la tranquillità delle persone.

È bene ricordare che la cospicua presenza di stalle su tutto il territorio provinciale rappresenta un forte elemento attrattore per il lupo, ragione per cui è decisivo attuare meccanismi di prevenzione mediante una gestione dei rifiuti e dei resti animali adeguata alla situazione e sostenibile per gli allevatori, che devono rispondere adeguandosi con correttezza a tale gestione per la sicurezza degli animali stessi e, non meno importante, anche per la tranquillità delle persone. Si tratta di azioni e strumenti già ampiamente disponibili e conosciuti, in parte previsti dalle norme, che si chiede agli allevatori di attuare per responsabilità verso la comunità di cui fanno parte.

Quando si parla di lupo, non esistono differenze politiche, destra e sinistra sono sovrapponibili, una sequela seriale di copia/incolla. Sorprende in particolare che chi ha ricoperto nel recente passato incarichi istituzionali regionali in tema di aree protette e tutela della Biodiversità, si accodi al populistico slogan “difendiamo le comunità”. Le elezioni politiche del 2027 sono dietro l’angolo e ci si sta muovendo alla ricerca di consenso.

Riteniamo grave, in altre parole, che la politica tutta continui ad assecondare una narrazione che contrappone i benefici universali alla salute generati dalla biodiversità e da ecosistemi funzionali ed integri alla necessità di reimparare a coesistere con la fauna in un ambiente mutato, ovvero ritornato all’originaria ricchezza di specie, carnivori inclusi. A patto che si intraprenda seriamente una strada di risoluzione del conflitto, dove ai cittadini vengono forniti gli strumenti adeguati per ridurre al massimo gli effetti negativi, i grandi carnivori non rappresentano una minaccia per le comunità locali, non in misura maggiore, per esempio, delle decine di vittime causate dagli incidenti di caccia ignorati con vergognoso cinismo dalla politica locale e nazionale. Gli indennizzi economici per i capi di bestiame sono già presenti da tempo, occorre anche un intervento culturale per modificare alcuni comportamenti che si ritengono normali, come lasciare gli animali incustoditi, ma che sono frutto di intenso bracconaggio perpetrato in passato ai danni del lupo e che lo avevano portato sull’orlo dell’estinzione.

La coesistenza tra uomo e fauna selvatica richiede conoscenza, prevenzione e collaborazione fra enti, autorità scientifiche e cittadini.

Le istituzioni non devono rincorrere la propaganda che criminalizza il lupo, ma farsi promotrici di un approccio equilibrato, fondato su dati scientifici e sul sostegno concreto agli allevatori e ai cittadini che vivono nei territori montani. Lavoro della politica nel suo più alto senso è quello di saper contemperare le diverse necessità ed esigenze.

Ricordiamo che esistono strumenti e buone pratiche già attive in molte aree appenniniche: recinzioni elettrificate, cani da guardiania, indennizzi per danni accertati e attività di informazione su comportamenti rischiosi rivolte alla popolazione. È su queste misure che occorre investire, non su campagne di paura o richieste di abbattimenti che non hanno alcun fondamento tecnico, ma anzi rappresentano turbative negli equilibri delle famiglie di lupi che possono portare a comportamenti imprevedibili e caotici da parte degli individui.

La coesistenza tra comunità locali e fauna selvatica è possibile se si abbandona la logica del conflitto e si lavora concretamente insieme per una montagna viva, ricca e sostenibile, dove la presenza del lupo sia ricompresa nei comportamenti umani come parte integrante di un equilibrio naturale di cui facciamo tutti parte e che desideriamo tutelare.

Legambiente, Lipu e Wwf

Insicurezza in Oltretorrente. Esposto alle Autorità

Riceviamo e pubblichiamo l’esposto inviato a Prefetto, Questore e Sindaco da parte di un gruppo di residenti (120 firmatari) dell’Oltretorrente. Nel documento sono evidenziati i punti critici nella quotidianità del quartiere. Una protesta ferma e dai toni garbati.
Abbiamo raccontato la situazione nel nostro reportage di 24 ore “La sottilissima linea di piazzale Inzani“. Torneremo in futuro a documentare quanto accade “di là dall’acqua”.

I sottoscrittori del presente esposto (per conto anche di altri cittadini domiciliati in questa area del quartiere) intendono porre alla vostra attenzione la gravissima situazione di degrado sociale e civile quotidianamente vissuta in Oltretorrente (segnatamente p.le Picelli, via Imbriani, b.go Parente, p.le Bertozzi, largo Giandebiaggi, via Galaverna, b.go Poi, b.go Fiore, p.le Inzani, via D’Azeglio e zona Ospedale Vecchio, p.zza Corridoni, via Bixio).

Episodi di risse, violenza, ubriachi molesti, spaccio e consumo di droghe, furti ripetuti, bivacchi permanenti con consumo di bevande alcoliche (e non solo), eccesso di rumore e schiamazzi causati dai frequentatori dei numerosi locali (concentrazione eccessiva rispetto ad un contenitore urbano dalle dimensioni ristrette e pertanto fragile) rappresentano il vissuto giornaliero con il quale sono obbligati a convivere, loro malgrado, i residenti.

La concreta certezza dei cittadini abitanti in queste vie e piazze è che non ci sia una adeguata presa d’atto di quanto sta accadendo, nonostante i giornali e i tg locali pubblichino ricorrenti articoli di cronaca, assieme a lettere di persone esasperate e comunicati dei tanti comitati sorti nel frattempo in città (si aggiungano diversi esposti sistematicamente lasciati senza riscontro).

Quando le persone intervistate esprimono l’insicurezza o la reale paura a muoversi in certi orari non raccontano percezioni ma realtà. Il rischio di restare coinvolti in un pestaggio tra ubriachi/drogati od essere presi di mira da un gruppetto di ragazzotti in vena di violenza gratuita o bullismo è concreto e neanche tanto raro, viste le cronache recenti.

C’è la razionale convinzione che non sia più il tempo di ascoltare dichiarazioni di intenti, giustificazioni in quanto fenomeno nazionale o, peggio ancora, di continuare ad insistere nella narrazione di una città che non c’è. Si è, da tempo, maturata la certezza che sia l’ora di agire.

Si chiede pertanto l’adozione delle seguenti misure:
⁃ divieto di consumare bevande alcoliche per strada;
⁃ chiusura dei locali etnici max alle ore 20.00 e divieto di vendere bevande alcoliche refrigerate;
⁃ divieto di assembramenti molesti;
⁃ attività investigativa mirata sullo spaccio nei negozi etnici di p.le Bertozzi/via Imbriani;
⁃ controllo della regolarità dei contratti di affitto e incrocio con le utenze, sia nei negozi, sia nelle abitazioni;
⁃ presenza permanente delle Forze dell’ordine, coadiuvate anche da altre organizzazioni autorizzate;
⁃ controllo rigoroso da parte della PL degli esercizi pubblici che non rispettano i regolamenti
⁃ comunali (dehors inclusi);
⁃ ⁃ anticipazione della chiusura alle ore 24.00 per i bar (specie per chi non rispetta il cosiddetto
”comportamento virtuoso”);
⁃ controlli severi per il rispetto dei livelli sonori (decibel) previsti dalla zonizzazione acustica.
⁃ Nella convinzione che tali obiettivi siano tutti realizzabili, attraverso il coordinamento sinergico di tutti gli attori citati, nello spirito della più ampia volontà collaborativa, si resta in attesa di riscontro e si porgono distinti saluti

120 firmatari, residenti in piazzale Inzani, via Imbriani, piazzale Bertozzi e borghi adiacenti

Residenti contro il fotovoltaico nel quartiere Colombo

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato di un gruppo di residenti di via Setti, quartiere Colombo (San Leonardo), contrari all’impianto fotovoltaico a terra, previsto su 4 ettari tra via Benedetta, via Setti e la ferrovia Parma-Suzzara. Di questa vicenda avevamo scritto un resoconto dell’incontro pubblico tra residenti, società proponente e amministrazione comunale, nel giugno scorso. Secondo il progetto sarà occupata dai pannelli fotovoltaici il 32% della superficie complessiva dell’area, oggi terreno agricolo.

Immagine satellitare con evidenza dell’area interessata dall’impianto fotovoltaico in quartiere Colombo

“Dopo aver ascoltato la videoregistrazione della seduta del Consiglio Comunale di Parma del giorno 29 settembre 2025 un gruppo di residenti del quartiere Colombo, riunitisi al fine di manifestare tutto il proprio dissenso in merito alla prevista realizzazione del Parco Fotovoltaico Parma 1 e Parma 2 da parte della ditta Chiron in via Setti, tengono a precisare quanto segue.

Ringraziamo il Sindaco, gli assessori ed i tecnici per averci ricevuto, comprendiamo il timore delle amministrazioni di incorrere in ricorsi da parte delle aziende proponenti queste energie green, ma vorremmo fosse chiaro che siamo ben lungi dall’essere soddisfatti.

Riteniamo infatti che sarebbe stato preferibile che le eccezioni da noi riscontrate fossero state avanzate dall’amministrazione stessa, al fine di garantire il benessere e la qualità di vita dei residenti, tutelare il territorio rurale del Comune ed evitare inutile e dannoso consumo di suolo, particolarmente inaccettabile nel caso specifico del Quartiere Colombo, già sufficientemente penalizzato dalla presenza dell’inceneritore, del depuratore, dell’autostrada, dei poli logistici. 

Nessuno di noi è contrario alle energie rinnovabili, ma non possiamo accettare che esse vengano fatte in questo modo e diventino oggetto di mera speculazione, senza rispetto dei residenti e del territorio.

Ci riterremo quindi soddisfatti se il Comune ci sosterrà e non ci ostacolerà nella verifica delle eccezioni rilevate ed esposte nell’istanza di autotutela inviata ad ARPAE il giorno 25/09/2025 e se promuoverà insieme a tutti i Comuni della nostra Provincia e possibilmente insieme alle altre Province della nostra regione un’azione ferma in sede di Conferenza unificata degli Enti Locali al fine di modificare sensibilmente le regole per la concessione di permessi per la realizzazione di impianti fotovoltaico a terra ed agrivoltaici e per promuovere modifiche alle normative nazionali. 

Le condizioni attualmente previste dalla normativa sono molto pericolose e rischiano di vedere un territorio agricolo da tutelare ricoperto di impianti che invece dovrebbero prioritariamente essere realizzati in aree davvero degradate, già cementificate, dismesse dai settori industriali o artigianali, nonché incentivati su tetti e parcheggi delle aree produttive e delle abitazioni”.

Gruppo di cittadini di via Setti – Quartiere Colombo 

WWF: le energie rinnovabili non siano un problema ma la soluzione

A seguito delle notizie di queste settimane su nuovi impianti di produzione energetica, e delle discussioni che ne sono scaturite anche all’interno dei Consigli Comunali, come WWF Parma riteniamo utile chiarire la nostra posizione, anche per uscire dalle stucchevoli discussioni “da social” a cui stiamo assistendo e avviare una riflessione più approfondita.

Il territorio di Parma si trova oggi di fronte a una sfida cruciale: conciliare l’urgenza di fronteggiare l’emergenza climatica attraverso la transizione energetica con l’altrettanto cruciale tutela della biodiversità, del paesaggio e delle vocazioni agricole e culturali della nostra terra.

Quello a cui assistiamo è uno stillicidio di progetti presentati da privati, di fronte ai quali gli enti locali si pongono spesso in maniera passiva, come semplici passacarte senza leve decisionali, anziché farsi promotori di veri processi partecipativi. Riteniamo invece che dovrebbero guidare i processi con coraggio e visione di lungo periodo, avendo chiara la priorità del bene comune rispetto 
all’interesse privato.

Il paesaggio non è un semplice sfondo, ma un bene comune che all’ambiente unisce la storia, la cultura e la vita delle nostre comunità. La principale minaccia a questo patrimonio è oggi la crisi climatica, che lo sta sfigurando con eventi sempre più intensi e frequenti. I nemici più pericolosi non sono coloro che propongono un campo fotovoltaico o un impianto eolico, ma i signori del fossile e la loro rete di complicità politico-mediatiche, disposti a tutto pur di non perdere le rendite di posizione ereditate dal secolo scorso.

Per scongiurare queste minacce e accelerare sulla strada della transizione, rendendola accettabile e desiderabile, è fondamentale che ogni progetto di impianto rinnovabile tenga conto del contesto ambientale, sociale e paesaggistico nel quale si colloca, e veda un confronto reale con i cittadini e con le realtà locali, in un clima di trasparenza e partecipazione.

Nella pianura, il fotovoltaico può e deve essere protagonista, ma a precise condizioni. La priorità deve andare ai tetti di case, scuole, capannoni, edifici agricoli, pertinenze delle infrastrutture stradali e ferroviarie, così come alle aree produttive dismesse e ai terreni degradati.

Siamo però consapevoli che questo tipo di aree non sono sufficienti per soddisfare i nostri crescenti fabbisogni di elettricità pulita necessari per compiere con la necessaria urgenza la transizione energetica. Va considerato anche il tema non secondario dei maggiori costi dei piccoli impianti rispetto a quelli di maggiori dimensioni, detti “utility scale”, costi che rischierebbero di gravare sulla
bolletta di famiglie e imprese. Da qui la necessità di considerare anche il ricorso a terreni agricoli, preferibilmente con impianti agrifotovoltaici, in grado di integrarsi con le colture, conservando la funzionalità del suolo e – non da ultimo – garantire nuove opportunità di reddito per gli agricoltori.

In montagna, l’eolico può svolgere un ruolo importante, ma serve grande attenzione alla qualità progettuale. Non possiamo accettare che si continui a proporre impianti messi su carta senza considerazione per il contesto, a volte nel cuore di aree protette o in paesaggi di particolare rilevanza o fragilità.

Ogni nuovo progetto dovrebbe essere valutato con cura, tenendo conto della morfologia del territorio, del paesaggio e della biodiversità, valori ancora troppo spesso trascurati nei piani industriali. Se si vuole migliorare l’accettazione sociale degli impianti, è fondamentale che le comunità non siano spettatrici ma protagoniste: devono poter condividere i benefici derivanti dall’energia prodotta, attraverso modelli di partecipazione e gestione condivisa.

Per portare il nostro territorio nel futuro crediamo sia indispensabile una mappatura delle aree idonee libera da spinte populiste, basata su regole trasparenti e condivise, progetti che contengano un calcolo onesto del saldo tra gli indispensabili benefici e gli inevitabili costi. Chiediamo che sia promossa, sostenuta e incentivata anche la nascita di comunità energetiche, per consentire ai Cittadini di ridurre i costi in bolletta e diventare parte attiva della transizione. Per questo occorre che
le Istituzioni investano in formazione e informazione, perché senza conoscenza e consapevolezza non ci può essere futuro sostenibile.

Come WWF sosteniamo una transizione energetica che sia rapida e giusta, capace di ridurre le emissioni, tutelare il paesaggio, la biodiversità e rafforzare il legame tra comunità e territorio.
Le rinnovabili non sono un problema, sono la soluzione. La vera questione è come realizzarle in modo giusto, intelligente e rispettoso delle persone e dei luoghi, che rappresenti un’opportunità di rigenerazione economica, ambientale e sociale.

WWF Parma

La Picasso Food Forest e la viabilità a San Lazzaro

L’iniziativa della Picasso Food Forest, realizzata con molto impegno e capacità in questo scampolo di terreno ai margini est della città, è stata un bellissimo esempio di come è possibile trasmettere conoscenza, sensibilità e uno sguardo realistico sulla ricchezza dell’ambiente naturale.

Il mantenimento dell’usabilità dell’area ha avuto alti e bassi, così come credo si stata la sua frequentazione, in ogni caso è un’esperienza da non sprecare e da utilizzare sfruttando le opportunità offerte dalla città ed in particolare dal quartiere.   

Non ho elementi sufficienti per comprendere e valutare la necessità e le caratteristiche della rotatoria in progetto, ma sono convinto che la necessità per gli autobus urbani di svoltare da e per via Picasso sia risolvibile anche in altro modo.

Il vero problema viario invece è che il quartiere San Lazzaro ha gravi problemi d’accesso in particolare al mattino verso le 8.00 e la sera dalle 17.00 alle 19.00 quando la via Emilia, via Mantova e la tangenziale sono intasati e via Budellungo è un nome, un programma e non può essere un accesso fondamentale al quartiere; il collegamento da e verso il centro città e verso gli altri quartieri non è migliore.  

Tornando alla bella esperienza della PFF, non so, se e come rimarrà e sarà mantenuta frequentabile, penso però che questa esperienza e i sui obiettivi culturali, scientifici ed educativi possano, vorrei dire dovrebbero, essere ripetuti nell’erigendo complesso scolastico di via Sidoli angolo via Zarotto.

Durante la presentazione del progetto del nuovo complesso scolastico era stata indicata la presenza di un elevato numero di pioppi, un rinnovato e potenziato progetto di Food Forest, con l’aggiunta di alberi da frutto, potrebbe avere una valenza importante per i ragazzi, per il quartiere e per tutta la città.

Questa esperienza può essere replicata in altre zone della città nell’ambito di un progetto complessivo.

Eviteremo anche che i bambini crescano credendo che la frutta nasca nella plastica.

Giuseppe Fioriti

Via del Popolo (San Leonardo): l’ampliamento della strada ha diminuito la sicurezza

Il Comitato di via del Popolo (quartiere San Leonardo) scrive una garbata protesta al Comune, indirizzandola ai consiglieri comunali e agli organi di informazione. La riportiamo di seguito.

Nel mese di Giugno alcuni residenti di Via del Popolo hanno organizzato una raccolta firme per richiedere la messa in sicurezza della strada (trovate le motivazioni nel testo della petizione che alleghiamo per pronta consultazione).

L’iniziativa ha trovato la sua concretizzazione a seguito del completamento dei lavori di ampliamento strada con tombamento di canale ed abbattimento di alberi e siepe spontanei, realizzazione di corsia pedonale a raso nonché di due bike lanes monodirezionali.

Il neo Comitato ha ritenuto questi interventi affatto utili alla messa in sicurezza dei residenti, dei lavoratori, degli avventori degli impianti sportivi etc …. e vorrebbe evidenziare quanto segue:

– la corsia pedonale a raso non garantisce una corretta protezione dei pedoni a causa della forte velocità dei veicoli in transito, del passaggio di autocarri anche con carico superiore ai 35 quintali, anche se vietati),

– la carreggiata della strada è stata di fatto ampliata considerando che le bike lanes hanno la linea tratteggiata e sono quindi, salvo occupazione di velocipedi, percorribili dai veicoli.

– non ultimo, sono stati eliminati tutti gli spazi di sosta ai lati della strada (con il solo mantenimento dei posti “parcheggio” già presenti e segnalati e ritenuti inadeguati).

La raccolta firme – presentata all’Amministrazione Comunale in data 20 giugno – ha avuto come effetto un incontro tenutosi in data 2 Luglio alla presenza dell’Assessore alla Mobilità e 2 tecnici, ma, come purtroppo prevedibile, non ci sono state aperture circa le nostre richieste (marciapiede a nord e posti auto a sud….).

Riteniamo che l’Amministrazione Comunale non sia stata disponibile a modificare un progetto appena portato a termine – non condiviso con i cittadini – finanziato con fondi PNRR e quindi presumibilmente soggetto a verifiche.

Il Comitato ha insistito circa la questione sicurezza (controlli della velocità, controlli relativi al divieto di circolazione degli autocarri con peso superiore ai 35 quintali, marciapiede rialzato) e dei parcheggi ma le uniche disponibilità comunali emerse sono state: 1) intervento sulle aziende operative in zona per sensibilizzare i dipendenti a non parcheggiare in via del Popolo al fine di evitare la saturazione dei pochi posti rimasti; 2) passaggio su Polizia Locale per una verifica delle velocità di transito; 3) eventuale posizionamento di nuovo dosso artificiale (al momento un dosso è stato realizzato solo all’altezza dei civici 14/16 con emersione di problemi di fastidioso rumore provocato dal passaggio degli autoveicoli, degli autocarri etc…).

Considerando che la sicurezza degli utenti deboli dovrebbe essere il criterio centrale per ogni scelta urbanistica riguardante la circolazione stradale, ci auguriamo che questo Consiglio Comunale possa farsi portavoce presso il Signor Sindaco affinchè si possa raggiungere un equilibrato compromesso fra sicurezza stradale e mobilità urbana.

Comitato via del Popolo