E se le piazze fossero il confine più netto tra destra e sinistra?

Forse è proprio in piazza che si manifesta — in senso letterale e simbolico — quella differenza tra destra e sinistra che molti giudicano ormai superata, impolverato souvenir per nostalgici del secolo scorso. Negli ultimi giorni, le manifestazioni di solidarietà alla Flotilla e contro il genocidio israeliano a Gaza che hanno attraversato l’Italia, hanno riportato in superficie una frattura che non riguarda soltanto la visione politica e geopolitica, ma una diversa idea di cittadinanza e partecipazione.

Quelle piazze, indubbiamente collocabili a sinistra, sono state duramente criticate da destra. In molti dei commenti non tanto dei leader politici, ma dell’opinione pubblica, almeno di quella parte che abita i social network, emergeva una convinzione semplice e netta: “perchè manifestate per qualcuno che sta a migliaia di chilometri da noi, e non fate nulla quando in Italia ci sono pensioni da fame, stipendi bloccati, liste d’attesa infinite nella sanità pubblica?”. Un’altra argomentazione largamente diffusa non era meno utilitaristica: “per chi sta a Gaza il giorno dopo non è cambiato nulla, mentre io ho trovato la tangenziale bloccata”.

Sono obiezioni che, a modo loro, contengono una logica. Ma che ci mostrano anche un tratto profondo che dal ‘900 sembra essere giunto intatto nella cultura politica contemporanea: essere di sinistra significa anche mobilitarsi per cause che non ti toccano direttamente, mentre chi è di destra scende in piazza per difendere o rivendicare qualcosa di più vicino nel tempo e nello spazio.

Basta ricordare cosa è accaduto solo poche settimane fa, quando una parte consistente dell’opinione pubblica italiana — soprattutto quella di destra — guardava con simpatia e ammirazione alle manifestazioni francesi contro la riforma delle pensioni. “loro sì che si fanno sentire, mica come noi che stiamo qui inerti a subire gli abusi del potere”. Quelle piazze (assai più violente e incendiarie di quelle di casa nostra) piacevano proprio perché i francesi manifestavano per sé: per la propria pensione, per il proprio reddito, per la propria quotidianità. Una forma di protesta “egoistica”, se vogliamo dirla così, ma perfettamente coerente con un certo modo – oggi largamente vincente in tutto il mondo – di intendere la politica come difesa dei propri interessi e confini, materiali e simbolici.

Al contrario, le piazze pro-Gaza — con tutte le loro contraddizioni, con le tensioni e i limiti che si possono criticare — nascono da un impulso diverso: quello di mettersi nei panni di qualcun altro, di allargare lo sguardo oltre la propria quotidianità, di sentire come intollerabile un’ingiustizia anche quando non la subiamo noi o qualcuno che appartiene alla nostra stessa tribù.

Ecco allora che nella piazza si rivelano due antropologie politiche, umane, culturali opposte. Da una parte, quella che misura il valore dell’impegno sociale sulla base del “qui e ora”: “Perché devo preoccuparmi di chi è lontano, se qui le cose non vanno?” Dall’altra, quella che ritiene che proprio la distanza sia la prova della solidarietà più cristallina: “Se mi muovo solo per ciò che mi tocca, non è più impegno, è interesse.”

Forse è un segno dei tempi che questa differenza sia evidente ormai quasi solo lì, nella ritualità di un corteo e degli striscioni scritti a mano. La sinistra, ancora, tende la mano oltre il proprio recinto. La destra, ancora, sta chiusa dentro e difende ciò che è suo. In un’epoca in cui le ideologie si sono sfilacciate e le appartenenze si confondono, è la piazza — disagevole, imperfetta, scomposta — a ricordarci che non tutti intendiamo la parola “noi” nello stesso modo.

Rolando Cervi

Insicurezza in Oltretorrente. Esposto alle Autorità

Riceviamo e pubblichiamo l’esposto inviato a Prefetto, Questore e Sindaco da parte di un gruppo di residenti (120 firmatari) dell’Oltretorrente. Nel documento sono evidenziati i punti critici nella quotidianità del quartiere. Una protesta ferma e dai toni garbati.
Abbiamo raccontato la situazione nel nostro reportage di 24 ore “La sottilissima linea di piazzale Inzani“. Torneremo in futuro a documentare quanto accade “di là dall’acqua”.

I sottoscrittori del presente esposto (per conto anche di altri cittadini domiciliati in questa area del quartiere) intendono porre alla vostra attenzione la gravissima situazione di degrado sociale e civile quotidianamente vissuta in Oltretorrente (segnatamente p.le Picelli, via Imbriani, b.go Parente, p.le Bertozzi, largo Giandebiaggi, via Galaverna, b.go Poi, b.go Fiore, p.le Inzani, via D’Azeglio e zona Ospedale Vecchio, p.zza Corridoni, via Bixio).

Episodi di risse, violenza, ubriachi molesti, spaccio e consumo di droghe, furti ripetuti, bivacchi permanenti con consumo di bevande alcoliche (e non solo), eccesso di rumore e schiamazzi causati dai frequentatori dei numerosi locali (concentrazione eccessiva rispetto ad un contenitore urbano dalle dimensioni ristrette e pertanto fragile) rappresentano il vissuto giornaliero con il quale sono obbligati a convivere, loro malgrado, i residenti.

La concreta certezza dei cittadini abitanti in queste vie e piazze è che non ci sia una adeguata presa d’atto di quanto sta accadendo, nonostante i giornali e i tg locali pubblichino ricorrenti articoli di cronaca, assieme a lettere di persone esasperate e comunicati dei tanti comitati sorti nel frattempo in città (si aggiungano diversi esposti sistematicamente lasciati senza riscontro).

Quando le persone intervistate esprimono l’insicurezza o la reale paura a muoversi in certi orari non raccontano percezioni ma realtà. Il rischio di restare coinvolti in un pestaggio tra ubriachi/drogati od essere presi di mira da un gruppetto di ragazzotti in vena di violenza gratuita o bullismo è concreto e neanche tanto raro, viste le cronache recenti.

C’è la razionale convinzione che non sia più il tempo di ascoltare dichiarazioni di intenti, giustificazioni in quanto fenomeno nazionale o, peggio ancora, di continuare ad insistere nella narrazione di una città che non c’è. Si è, da tempo, maturata la certezza che sia l’ora di agire.

Si chiede pertanto l’adozione delle seguenti misure:
⁃ divieto di consumare bevande alcoliche per strada;
⁃ chiusura dei locali etnici max alle ore 20.00 e divieto di vendere bevande alcoliche refrigerate;
⁃ divieto di assembramenti molesti;
⁃ attività investigativa mirata sullo spaccio nei negozi etnici di p.le Bertozzi/via Imbriani;
⁃ controllo della regolarità dei contratti di affitto e incrocio con le utenze, sia nei negozi, sia nelle abitazioni;
⁃ presenza permanente delle Forze dell’ordine, coadiuvate anche da altre organizzazioni autorizzate;
⁃ controllo rigoroso da parte della PL degli esercizi pubblici che non rispettano i regolamenti
⁃ comunali (dehors inclusi);
⁃ ⁃ anticipazione della chiusura alle ore 24.00 per i bar (specie per chi non rispetta il cosiddetto
”comportamento virtuoso”);
⁃ controlli severi per il rispetto dei livelli sonori (decibel) previsti dalla zonizzazione acustica.
⁃ Nella convinzione che tali obiettivi siano tutti realizzabili, attraverso il coordinamento sinergico di tutti gli attori citati, nello spirito della più ampia volontà collaborativa, si resta in attesa di riscontro e si porgono distinti saluti

120 firmatari, residenti in piazzale Inzani, via Imbriani, piazzale Bertozzi e borghi adiacenti

Parma-Lecce 0-1, a proposito di sconfitte

Ci incrociamo, come ormai d’abitudine, sotto i gradoni della Nord.
Ci riconosciamo da lontano e sorridiamo, ci abbracciamo stretti, avvolti nelle nostre sciarpe.

La mia è un reperto storico: una Crusaders originale del campionato 86-87; lui invece ne porta una molto diffusa oggi, specie tra i più giovani: dio-stramaledica-i-reggiani.

Sta distribuendo i volantini con il consuntivo annuale dei Boys1977, il gruppo del tifo organizzato. Non ha importanza soffermarsi su numeri e pensieri, giudizi e prospettive, quanto sulla chiusura: Parma siamo noi!

Così, a caldo, può sembrare una frase esagerata, autoreferenziale, roboante. E forse lo è. Però, poi, a guardare bene…

Le proprietà si avvicendano non sempre lasciando un buon ricordo (Tanzi, Ghirardi, Manenti ecc); per non parlare dei giocatori: oggi qui, domani chissà; stessa sorte per le guide tecniche. Anche gli sponsor sono ormai ballerini.

Le rose non sono più composte da giovani della provincia e dintorni, cresciuti nelle giovanili.

A conti fatti, se dovessimo trovare una costante, un vera coerenza, davvero forse bisognerebbe guardare in curva.

Parma, è una città dalle mille peculiarità e vale anche per il calcio.
Se non sono poche le società che, un po’ per convinzione, un po’ per convenienza hanno ritirato la maglia 12 dalla numerazione disponibile, in onore del dodicesimo uomo in campo, ovvero il pubblico, pochissime sono le tifoserie che cantano esclusivamente per la squadra e non per i giocatori.

È una rarità nel mondo del pallone, che facilmente s’innamora del centravanti da 20 gol, del portiere saracinesca, del fantasioso trequartista o del giovane di belle speranze.
E questo, ovviamente, succede ancora, anche a Parma.
Ma per scelta ormai antica, nessuno intona cori con i nomi dei giocatori.

La storia fuori dalla curva non è così conosciuta: qualche lustro fa la Parmalat è stata più o meno lecitamente proprietaria non solo del Parma, ma anche di un’altra società situata immediatamente oltre il confine orientale del fiume Enza. Quella squadra navigava verso il fondo della classifica e nel recupero infrasettimanale di una partita di campionato riuscì a battere agevolmente un Parma particolarmente remissivo per 2-0.

Da quel momento, i cori si sono diradati, la fiducia verso i giocatori crollata e ha iniziato a svilupparsi un sentimento molto forte per i colori, che andasse ben oltre i singoli, per quanto apprezzati, interpreti.

Oggi, nemmeno prestazioni sfavillanti, promozioni o exploit riescono a rimettere in bocca ai tifosi i nomi stampati sulle magliette per canti condivisi e scanditi.

Uno dei cori più sentiti, per quanto non spesso proposto, sulle note di Maledetta Primavera cantata da Loretta Goggi recita proprio “chissenefrega giocherà la Primavera, ci basterà veder la maglia per cantare ancora”.

Anche per questo, forse, il momento in cui siamo ripartiti dalla D è stato davvero un anno zero, molto bello. In cui il calcio, il tifo, i colori, la passione, la partecipazione erano sopra qualsiasi altro aspetto. Lo certifica il numero spropositato di abbonamenti, non solo agevolato dal costo irrisorio, ma anche la partecipazione massiva alle trasferte esotiche di Arzignano, Chioggia, Brescello, Carpi e via dicendo.
Da lì, credo che il seme della crociata, la maglia, abbia trovato terreno fertile in tanti bambini che oggi sono ragazzi che sventolano bandiere e cantano a squarciagola nella Nord.

Detto questo la passione per il singolo resta strisciante e in curva, le magliette sono tantissime.
Ci sono le crociate, le besione (quelle a righe orizzontali gialle e blu), le prosciutte (quelle degli ultimi anni di C e B e la prima storica A), molte, naturalmente, le ultime versioni commerciali e, a onor del vero, poche sono quelle anonime, senza il nome di un qualche giocatore.

Tante quelle degli attuali interpreti, con prevalenza di Del Prato e Bernabè; alcune del recentissimo passato: Bonny, Man, Mihaila; qualche giovanissimo come Circati o addirittura Corvi e Plicco (tra i pochissimi pramzani-parmensi allevati in casa); ovviamente tante che riportano alle pagine gloriose con Cannavaro, Thuram, Veron, Chiesa, Crespo, Dino Baggio (prima o poi, di lui dovremo scrivere, perché è il vero e più profondo idolo della Nord) come della clamorosa cavalcata guidata da mister Nevio Scala: Benarrivo, Di Chiara, Grün, Brolin. O di chi ha scelto di rimanere, sempre e comunque, come Lucarelli.

Ma quello che non smette mai di stupirmi, è la marea di casacche dedicate agli eroi minori.
Perché il calcio, il tifo, la curva, è esattamente questo: qualcosa di viscerale, ancestrale, insondabile, che tocca corde della sensibilità personale spesso incomunicabili, incomprensibili, inavvicinabili.
A volte, sul nome o il numero c’è l’autografo e allora ci sta anche il valore del momento, del ricordo, del cimelio.
Ma in certi casi, è solo poesia del calcio: Brugman, Brunetta, Schiappacasse, Siligardi, Potenza, Kutuzov, Lanzafame, Grella, Paponi, Gasbarroni… con la consapevolezza che è un elenco senza fine e che potrebbe scatenare ricordi indelebili, quelli che, esattamente a ogni occasione, ci riportano in curva, a sostenere i nostri colori e la nostra città.

Di Parma-Lecce, cosa dire?
Ci affidiamo alle parole di un grandissimo tifoso del Parma, che incrociamo spesso sui gradoni e che leggiamo sempre con enorme piacere, Paolo Nori: “A me, piacciono molto due cose che fanno piangere: la letteratura russa e le partite del Parma”.

Parma-Lecce 0-1 (Rete: 38′ Sottil)

Sabato 4 ottobre 2025, Stadio Ennio Tardini, 19.580 spettatori (di cui 13.081 abbonati e 3.179 ospiti) 

Giallo & Blu 🟡 🔵

Residenti contro il fotovoltaico nel quartiere Colombo

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato di un gruppo di residenti di via Setti, quartiere Colombo (San Leonardo), contrari all’impianto fotovoltaico a terra, previsto su 4 ettari tra via Benedetta, via Setti e la ferrovia Parma-Suzzara. Di questa vicenda avevamo scritto un resoconto dell’incontro pubblico tra residenti, società proponente e amministrazione comunale, nel giugno scorso. Secondo il progetto sarà occupata dai pannelli fotovoltaici il 32% della superficie complessiva dell’area, oggi terreno agricolo.

Immagine satellitare con evidenza dell’area interessata dall’impianto fotovoltaico in quartiere Colombo

“Dopo aver ascoltato la videoregistrazione della seduta del Consiglio Comunale di Parma del giorno 29 settembre 2025 un gruppo di residenti del quartiere Colombo, riunitisi al fine di manifestare tutto il proprio dissenso in merito alla prevista realizzazione del Parco Fotovoltaico Parma 1 e Parma 2 da parte della ditta Chiron in via Setti, tengono a precisare quanto segue.

Ringraziamo il Sindaco, gli assessori ed i tecnici per averci ricevuto, comprendiamo il timore delle amministrazioni di incorrere in ricorsi da parte delle aziende proponenti queste energie green, ma vorremmo fosse chiaro che siamo ben lungi dall’essere soddisfatti.

Riteniamo infatti che sarebbe stato preferibile che le eccezioni da noi riscontrate fossero state avanzate dall’amministrazione stessa, al fine di garantire il benessere e la qualità di vita dei residenti, tutelare il territorio rurale del Comune ed evitare inutile e dannoso consumo di suolo, particolarmente inaccettabile nel caso specifico del Quartiere Colombo, già sufficientemente penalizzato dalla presenza dell’inceneritore, del depuratore, dell’autostrada, dei poli logistici. 

Nessuno di noi è contrario alle energie rinnovabili, ma non possiamo accettare che esse vengano fatte in questo modo e diventino oggetto di mera speculazione, senza rispetto dei residenti e del territorio.

Ci riterremo quindi soddisfatti se il Comune ci sosterrà e non ci ostacolerà nella verifica delle eccezioni rilevate ed esposte nell’istanza di autotutela inviata ad ARPAE il giorno 25/09/2025 e se promuoverà insieme a tutti i Comuni della nostra Provincia e possibilmente insieme alle altre Province della nostra regione un’azione ferma in sede di Conferenza unificata degli Enti Locali al fine di modificare sensibilmente le regole per la concessione di permessi per la realizzazione di impianti fotovoltaico a terra ed agrivoltaici e per promuovere modifiche alle normative nazionali. 

Le condizioni attualmente previste dalla normativa sono molto pericolose e rischiano di vedere un territorio agricolo da tutelare ricoperto di impianti che invece dovrebbero prioritariamente essere realizzati in aree davvero degradate, già cementificate, dismesse dai settori industriali o artigianali, nonché incentivati su tetti e parcheggi delle aree produttive e delle abitazioni”.

Gruppo di cittadini di via Setti – Quartiere Colombo 

WWF: le energie rinnovabili non siano un problema ma la soluzione

A seguito delle notizie di queste settimane su nuovi impianti di produzione energetica, e delle discussioni che ne sono scaturite anche all’interno dei Consigli Comunali, come WWF Parma riteniamo utile chiarire la nostra posizione, anche per uscire dalle stucchevoli discussioni “da social” a cui stiamo assistendo e avviare una riflessione più approfondita.

Il territorio di Parma si trova oggi di fronte a una sfida cruciale: conciliare l’urgenza di fronteggiare l’emergenza climatica attraverso la transizione energetica con l’altrettanto cruciale tutela della biodiversità, del paesaggio e delle vocazioni agricole e culturali della nostra terra.

Quello a cui assistiamo è uno stillicidio di progetti presentati da privati, di fronte ai quali gli enti locali si pongono spesso in maniera passiva, come semplici passacarte senza leve decisionali, anziché farsi promotori di veri processi partecipativi. Riteniamo invece che dovrebbero guidare i processi con coraggio e visione di lungo periodo, avendo chiara la priorità del bene comune rispetto 
all’interesse privato.

Il paesaggio non è un semplice sfondo, ma un bene comune che all’ambiente unisce la storia, la cultura e la vita delle nostre comunità. La principale minaccia a questo patrimonio è oggi la crisi climatica, che lo sta sfigurando con eventi sempre più intensi e frequenti. I nemici più pericolosi non sono coloro che propongono un campo fotovoltaico o un impianto eolico, ma i signori del fossile e la loro rete di complicità politico-mediatiche, disposti a tutto pur di non perdere le rendite di posizione ereditate dal secolo scorso.

Per scongiurare queste minacce e accelerare sulla strada della transizione, rendendola accettabile e desiderabile, è fondamentale che ogni progetto di impianto rinnovabile tenga conto del contesto ambientale, sociale e paesaggistico nel quale si colloca, e veda un confronto reale con i cittadini e con le realtà locali, in un clima di trasparenza e partecipazione.

Nella pianura, il fotovoltaico può e deve essere protagonista, ma a precise condizioni. La priorità deve andare ai tetti di case, scuole, capannoni, edifici agricoli, pertinenze delle infrastrutture stradali e ferroviarie, così come alle aree produttive dismesse e ai terreni degradati.

Siamo però consapevoli che questo tipo di aree non sono sufficienti per soddisfare i nostri crescenti fabbisogni di elettricità pulita necessari per compiere con la necessaria urgenza la transizione energetica. Va considerato anche il tema non secondario dei maggiori costi dei piccoli impianti rispetto a quelli di maggiori dimensioni, detti “utility scale”, costi che rischierebbero di gravare sulla
bolletta di famiglie e imprese. Da qui la necessità di considerare anche il ricorso a terreni agricoli, preferibilmente con impianti agrifotovoltaici, in grado di integrarsi con le colture, conservando la funzionalità del suolo e – non da ultimo – garantire nuove opportunità di reddito per gli agricoltori.

In montagna, l’eolico può svolgere un ruolo importante, ma serve grande attenzione alla qualità progettuale. Non possiamo accettare che si continui a proporre impianti messi su carta senza considerazione per il contesto, a volte nel cuore di aree protette o in paesaggi di particolare rilevanza o fragilità.

Ogni nuovo progetto dovrebbe essere valutato con cura, tenendo conto della morfologia del territorio, del paesaggio e della biodiversità, valori ancora troppo spesso trascurati nei piani industriali. Se si vuole migliorare l’accettazione sociale degli impianti, è fondamentale che le comunità non siano spettatrici ma protagoniste: devono poter condividere i benefici derivanti dall’energia prodotta, attraverso modelli di partecipazione e gestione condivisa.

Per portare il nostro territorio nel futuro crediamo sia indispensabile una mappatura delle aree idonee libera da spinte populiste, basata su regole trasparenti e condivise, progetti che contengano un calcolo onesto del saldo tra gli indispensabili benefici e gli inevitabili costi. Chiediamo che sia promossa, sostenuta e incentivata anche la nascita di comunità energetiche, per consentire ai Cittadini di ridurre i costi in bolletta e diventare parte attiva della transizione. Per questo occorre che
le Istituzioni investano in formazione e informazione, perché senza conoscenza e consapevolezza non ci può essere futuro sostenibile.

Come WWF sosteniamo una transizione energetica che sia rapida e giusta, capace di ridurre le emissioni, tutelare il paesaggio, la biodiversità e rafforzare il legame tra comunità e territorio.
Le rinnovabili non sono un problema, sono la soluzione. La vera questione è come realizzarle in modo giusto, intelligente e rispettoso delle persone e dei luoghi, che rappresenti un’opportunità di rigenerazione economica, ambientale e sociale.

WWF Parma

Il popolo non ha pane? Che mangino paura!

Caro diario,

quando volgo il mio augusto orecchio alle antiche terre ducali, odo ormai da anni un cicaleccio molesto e ripugnante: la loquela di troppi politici che, anzichè vegliare sul benessere del popolo, paiono dediti a un’arte più antica delle pietre e più viscida del serpente: quella di instillare paura nei cuori e discordia nelle piazze.

Ah, che sublime trovata! Poiché governare uomini liberi richiede intelletto e virtù, essi hanno deciso di ridurre i cittadini a gregge tremante verso i potenti e branco ringhioso verso i derelitti. Quale finezza strategica! Invece di edificare scuole, spargono sospetti; invece di riparare strade, scavano fossati; invece che ponti, innalzano muri; invece di pane, distribuiscono paura.

In questi giorni la corsa al dileggio della plebe ha toccato il suo culmine: una bislacca invenzione minacciosamente appellata “zone rosse”, sventolata come un drappo davanti a un toro cieco di terrore e di rabbia, illuso di potersi trarre in salvo mentre corre a casaccio verso un fato nefasto.

Io, che ho visto la gloria e il declino di regni ed imperi, non posso che restare allibita dinanzi a tanta mediocrità travestita da furbizia. La politica, un tempo nobile esercizio dell’ingegno, è ridotta a teatrino da fiera, dove i ciarlatani gridano a perdifiato solo per vendere la loro mercanzia avariata di “degrado” e “sicurezza”.

Oh, povero il mio amato popolo! Applaude, trema, si divide. Alcuni gridano contro i forestieri, altri contro i vicini; nessuno più si accorge che la vera causa di ogni nefandezza è la paura, che i mestatori seminano e coltivano con la malignità di un giardiniere che cura rovi e gramigne.

Ahimè, caro diario, se questa è l’arte del governo moderno, paiono degne di maggior rispetto le monarchie assolute, come la mia! Millantavano anche loro di farlo “per il bene del popolo”, ma almeno avevano la decenza di opprimerlo apertamente.

Con un sospiro che sa di sgomento e di rassegnazione, chiudo queste pagine pregando che il popolo si desti un giorno dal suo sonno, e scacci questi lugubri corvi che si pretendono statisti.

Maria Luigia d’Asburgo Lorena

La Picasso Food Forest e la viabilità a San Lazzaro

L’iniziativa della Picasso Food Forest, realizzata con molto impegno e capacità in questo scampolo di terreno ai margini est della città, è stata un bellissimo esempio di come è possibile trasmettere conoscenza, sensibilità e uno sguardo realistico sulla ricchezza dell’ambiente naturale.

Il mantenimento dell’usabilità dell’area ha avuto alti e bassi, così come credo si stata la sua frequentazione, in ogni caso è un’esperienza da non sprecare e da utilizzare sfruttando le opportunità offerte dalla città ed in particolare dal quartiere.   

Non ho elementi sufficienti per comprendere e valutare la necessità e le caratteristiche della rotatoria in progetto, ma sono convinto che la necessità per gli autobus urbani di svoltare da e per via Picasso sia risolvibile anche in altro modo.

Il vero problema viario invece è che il quartiere San Lazzaro ha gravi problemi d’accesso in particolare al mattino verso le 8.00 e la sera dalle 17.00 alle 19.00 quando la via Emilia, via Mantova e la tangenziale sono intasati e via Budellungo è un nome, un programma e non può essere un accesso fondamentale al quartiere; il collegamento da e verso il centro città e verso gli altri quartieri non è migliore.  

Tornando alla bella esperienza della PFF, non so, se e come rimarrà e sarà mantenuta frequentabile, penso però che questa esperienza e i sui obiettivi culturali, scientifici ed educativi possano, vorrei dire dovrebbero, essere ripetuti nell’erigendo complesso scolastico di via Sidoli angolo via Zarotto.

Durante la presentazione del progetto del nuovo complesso scolastico era stata indicata la presenza di un elevato numero di pioppi, un rinnovato e potenziato progetto di Food Forest, con l’aggiunta di alberi da frutto, potrebbe avere una valenza importante per i ragazzi, per il quartiere e per tutta la città.

Questa esperienza può essere replicata in altre zone della città nell’ambito di un progetto complessivo.

Eviteremo anche che i bambini crescano credendo che la frutta nasca nella plastica.

Giuseppe Fioriti

Cremonese-Parma 0-0 “Ti amo anche quando vinci”

Cremonese-Parma è la nostra prima partita dell’anno, serie A, stagione 2025/26. Un esordio che ha richiamato alla mente altri inizi, indelebili.

La mia prima partita è stata Parma–Carrarese 2-0 nel campionato vittorioso del 1983-84 (serie C). Quella di mio figlio, Parma-Ascoli 4-0, in altro campionato finito con una promozione nel 2017-18 (serie B).

A distanza di anni, parlandone, abbiamo scoperto che per entrambi, le prime partite, hanno un sapore e un ricordo speciale, ma soprattutto una dinamica unica.

I primi dieci, quindici minuti passati ad ammirare la curva, rapiti dai cori, dai tamburi, dai fumogeni e dai colori. Qualcosa di magico e ancestrale, per certi aspetti inspiegabile.

Mio nonno mi portava nei distinti, e così io per le prime partite del mio piccoletto.

Poi, mi sono spostato progressivamente in curva con gli amici; mentre mio figlio, al termine di un campionato vissuto sul lato lungo del campo mi ha chiesto “Però, l’anno prossimo l’abbonamento, possiamo farlo in curva nord?”.

Chi racconta il calcio, lo fa quasi sempre dalla tribuna: giornalisti, intellettuali, appassionati.

C’è poco, da noi, in Italia, raccontato dalla curva.
Forse figlio, anche, di un pregiudizio storico, in cui si pensa che il tifo organizzato sia soprattutto violenza, scontri, assenza di regole, ricerca di impunità.
Che, talvolta, è anche quello, ma non solo.

Per me è stato, ad esempio, un luogo di emancipazione e libertà, dove essere accolto, mai giudicato e potermi esprimere senza maschere o forzature.
Per lui, anche: la scoperta di socialità, responsabilità e autonomia, tra le altre cose.

La curva è una società nella società, con riti e miti fondativi e una composizione particolarmente eterogenea che poi si riunisce attorno a valori comuni e una sorte di identità ben definita.

In un tempo in cui socialità, comunità, identità e valori stentano ad affermarsi con fermezza e chiarezza, a noi la curva continua a sembrare un posto bello, nonostante alcune ovvie storture.
E, senza dubbio, un luogo dove passione e fede si professano continuamente e settimanalmente.

Parma è una delle curve più giovani del calcio italiano: piena di ragazzini dai 12 anni in su. Alcuni entrano coi genitori e poi si staccano; altri, già intorno ai 14, arrivano insieme con i propri coetanei e sono impegnati non solo nei canti, ma anche nelle coreografie e nelle varie attività della curva. Con una quota non trascurabile di ragazze.

In un mondo adolescenziale sempre più virtuale, immateriale o eccessivamente materiale di ricerca di lusso, successo, affermazione spesso rapida e non sempre pienamente motivata guidata dai social, la curva resta una interessante eccezione.
Dove voce, grida, mani, occhi e cuore hanno ancora la meglio su uno schermo.
Anche al di là, molto al di là, dei risultati sportivi, sintetizzato splendidamente in uno degli stendardi in cui oggi tantissimi si riconoscono “Ti amo anche quando vinci”.

Non voglio, non vogliamo, avere pretese di analisi sociologiche né politiche, ma offrire un punto di osservazione altro e diverso rispetto al mondo del pallone.

Ieri ci siamo fatti 10 ore in giro, per una partita di due ore e sessanta km tra andata e ritorno; sintesi di passione e della atavica precarietà e impreparazione e vessazione del nostro Stato: nessun coordinamento tra le varie Forze dell’Ordine per la gestione del corteo in arrivo da Parma, l’infiltrazione dei tifosi granata arrivati da Reggio Emilia, gemellati coi cremonesi, che hanno causato diversi scontri; l’interminabile attesa all’ingresso e all’uscita dello stadio e del parcheggio dello stadio; il calore squagliante di una curva datata e completamente esposta al sole, il costo ormai fuori controllo dei biglietti delle partite per le trasferte, condito da ingiustificabili costi extra come quelli del parcheggio ospiti; per non parlare della disorganizzazione e dei costi dei bar dentro gli stadi, al limite dell’estorsione e del sequestro di persona.

Eppure, ogni settimana, non vediamo l’ora di metterci la sciarpa al collo e avviarci verso il Tardini o gli altri stadi lungo la via, tenendo per mano i nostri figli e nipoti.
Chiacchierando con gli amici, sorridendo alle persone che nel corso degli anni sono diventati volti familiari con cui condividere alcuni momenti significativi del nostro tempo.
Confrontandoci, o prendendoci in giro, ridendo di battute sagaci o sguaiate, gridate a pieni polmoni.
E talvolta abbracciandoci in maniera travolgente, spontanea, selvaggia e libera.

Poi, ovviamente, c’è anche la partita. Finita 0-0. Per oggi, la parola la lasciamo a chi ne capisce, di calcio.
Ci risentiamo dopo Parma-Torino. Di lunedì, alle 18.30. Così, per dire.

Giallo & Blu 🟡🔵

Via del Popolo (San Leonardo): l’ampliamento della strada ha diminuito la sicurezza

Il Comitato di via del Popolo (quartiere San Leonardo) scrive una garbata protesta al Comune, indirizzandola ai consiglieri comunali e agli organi di informazione. La riportiamo di seguito.

Nel mese di Giugno alcuni residenti di Via del Popolo hanno organizzato una raccolta firme per richiedere la messa in sicurezza della strada (trovate le motivazioni nel testo della petizione che alleghiamo per pronta consultazione).

L’iniziativa ha trovato la sua concretizzazione a seguito del completamento dei lavori di ampliamento strada con tombamento di canale ed abbattimento di alberi e siepe spontanei, realizzazione di corsia pedonale a raso nonché di due bike lanes monodirezionali.

Il neo Comitato ha ritenuto questi interventi affatto utili alla messa in sicurezza dei residenti, dei lavoratori, degli avventori degli impianti sportivi etc …. e vorrebbe evidenziare quanto segue:

– la corsia pedonale a raso non garantisce una corretta protezione dei pedoni a causa della forte velocità dei veicoli in transito, del passaggio di autocarri anche con carico superiore ai 35 quintali, anche se vietati),

– la carreggiata della strada è stata di fatto ampliata considerando che le bike lanes hanno la linea tratteggiata e sono quindi, salvo occupazione di velocipedi, percorribili dai veicoli.

– non ultimo, sono stati eliminati tutti gli spazi di sosta ai lati della strada (con il solo mantenimento dei posti “parcheggio” già presenti e segnalati e ritenuti inadeguati).

La raccolta firme – presentata all’Amministrazione Comunale in data 20 giugno – ha avuto come effetto un incontro tenutosi in data 2 Luglio alla presenza dell’Assessore alla Mobilità e 2 tecnici, ma, come purtroppo prevedibile, non ci sono state aperture circa le nostre richieste (marciapiede a nord e posti auto a sud….).

Riteniamo che l’Amministrazione Comunale non sia stata disponibile a modificare un progetto appena portato a termine – non condiviso con i cittadini – finanziato con fondi PNRR e quindi presumibilmente soggetto a verifiche.

Il Comitato ha insistito circa la questione sicurezza (controlli della velocità, controlli relativi al divieto di circolazione degli autocarri con peso superiore ai 35 quintali, marciapiede rialzato) e dei parcheggi ma le uniche disponibilità comunali emerse sono state: 1) intervento sulle aziende operative in zona per sensibilizzare i dipendenti a non parcheggiare in via del Popolo al fine di evitare la saturazione dei pochi posti rimasti; 2) passaggio su Polizia Locale per una verifica delle velocità di transito; 3) eventuale posizionamento di nuovo dosso artificiale (al momento un dosso è stato realizzato solo all’altezza dei civici 14/16 con emersione di problemi di fastidioso rumore provocato dal passaggio degli autoveicoli, degli autocarri etc…).

Considerando che la sicurezza degli utenti deboli dovrebbe essere il criterio centrale per ogni scelta urbanistica riguardante la circolazione stradale, ci auguriamo che questo Consiglio Comunale possa farsi portavoce presso il Signor Sindaco affinchè si possa raggiungere un equilibrato compromesso fra sicurezza stradale e mobilità urbana.

Comitato via del Popolo

Se ai furti risponde la solidarietà e non lo Stato, qualcosa non va

C’è voluto un post affranto su facebook di Europa Teatri, per apprendere dell’ennesimo furto con scasso in città. “Richiesta di aiuto – Messaggio alla città” hanno scritto ieri mattina da Europa Teatri, via Oradour nel quartiere San Lazzaro. “Chi abita un teatro sa quanto sia importante scardinare un limite e varcare una soglia, è l’impresa che ogni giorno tentiamo, è quello in cui crediamo. Qualcuno invece ha ritenuto di invertire i termini della questione: scardinando porte (con un piede di porco) e varcando limiti (di legalità, di buonsenso, di decenza).” Tutto questo mentre si apprestavano a mettere in scena il Parma Moving Festival, rassegna di danza contemporanea che inizierà lunedì prossimo.

Stamattina – si legge nel post – siamo arrivati in teatro di buonora e abbiamo trovato tutte le porte fracassate e tanto materiale rubato. Qualcuno (più di uno, sicuramente) ha fatto sparire mixer, casse, microfoni, cavi, videoproiettore, nonché una quantità significativa di provvigioni dall’attiguo Ratafià. Il danno patrimoniale è già importante, ma il danno al nostro lavoro lo è molto di più. Siamo alle soglie di un festival e ci occorre tutto. Non sappiamo in quale modo possiate esserci d’aiuto, ma confidiamo nel vostro cuore creativo. Noi, dopo la doverosa denuncia alle forze dell’ordine, raccogliamo i pezzi e andiamo avanti. Ci hanno lasciato sulle scale un Amaro del Capo: brindiamo alla faccia di chi ci vuole male”.

Così immediata è scattata la solidarietà verso Europa Teatri di altre compagnie teatrali (Lenz, Loft, Teatro Necessario, professionisti di service) che hanno messo a disposizione strumenti e mezzi al momento non utilizzati. E verso sera Europa Teatri ha lanciato “Puzzle Cafè” una sottoscrizione pubblica per riacquistare i materiali, come un puzzle, appellandosi a donazioni da 1 euro in su.

“Nel frattempo, – scrive Europa Teatri – ringraziamo tutti i teatri e gli artisti di Parma che ci hanno prontamente sostenuto offrendoci la disponibilità di materiale, nonché il pubblico, i nostri allievi, tutti coloro che ci stanno supportando emotivamente e praticamente in questo momento.

Grazie anche al Comune di Parma e Parma Infrastrutture per la prontezza con cui hanno risposto alla nostra chiamata in aiuto”.

Dalle forze dell’ordine non una parola. Certo, uno si aspetta indagini e non dichiarazioni sulla criminalità. Tuttavia se la risposta della società è la solidarietà verso le vittime, dalle istituzioni (in primis dallo Stato tramite il governo in carica, e quindi dall’organo periferico che è la prefettura), ci si aspetterebbe qualche mossa in più in termini di prevenzione e vigilanza sul territorio. E poi, certo, indagini e arresti ma sappiamo che sono più complicati. (dra.fra)