Nuova crisi in Gazzetta? Chiesti 9 prepensionamenti

Un nuovo stato di crisi aziendale si profila alla Gazzetta di Parma. La direzione del personale ha prospettato 9 prepensionamenti di giornalisti, previa ammissione alla cassa integrazione (cigs), dal prossimo autunno.

I prepensionamenti sono stati proposti su base volontaria, a differenza di quanto accaduto nel 2023. A quanto ci risulta 2 giornalisti avrebbero già declinato “l’offerta” preferendo rimanere al lavoro.

Non esiste ancora un piano vero e proprio da parte della società editrice: queste richieste di prepensionamento su base volontaria sono state formulate per testare le risposte dal corpo redazionale. In base ai numeri di adesione la proprietà deciderà se procedere con un accordo soft oppure imponendo un aut aut come, appunto, nell’autunno 2023 quando furono 5 i giornalisti “costretti” alle dimissioni, dopo una cassa integrazione a rotazione tra tutti. Gli esuberi dovevano essere 6 ma dopo la cigs una giornalista si impuntò per rimanere in servizio.

Un approccio morbido, dunque, per evitare il riacutizzarsi delle tensioni dei mesi primaverili culminate nello sciopero che fece mancare il giornale dalle edicole il 12 e 13 aprile scorsi. Quell’astensione dal lavoro fu provocata da un irrigidimento delle parti a seguito della mancata sostituzione di una giornalista dimissionaria che ha optato per la libera professione. A seguito dello sciopero l’azienda ha fatto parziale retromarcia assumendo a tempo determinato un giovane giornalista, il cui contratto terminerà a fine settembre.

Il Cdr (comitato di redazione, ossia la rsu dei giornalisti, detta un po’ sbrigativamente) ha chiesto la stabilizzazione di questa unità lavorativa. Ad oggi la redazione della Gazzetta si avvale di 30 redattori più il direttore (tre giornalisti in meno dopo la crisi del 2023).

Si capisce che 9 prepensionamenti su 30 vuol dire incidere a fondo sulla tenuta del giornale. Per questo motivo il Cdr, sempre informalmente in questa fase, ha fatto presente all’azienda che vuole la sostituzione uno su uno, ossia l’assunzione di un giovane giornalista per ogni redattore prepensionato per poter garantire il prodotto giornale con l’attuale foliazione di 40 pagine, tre/quattro inserti settimanali e, in più, l’aggiornamento del sito web.

Va detto che la normativa dà la possibilità, alle società editrici di giornali in crisi, di limitare a 1 nuovo ingresso ogni 3 esuberi prepensionati.

Ma chi andrebbe in pensione? Si tratta dei redattori e redattrici più longevi, ovviamente, ma non tutti poiché occorre che i giornalisti abbiano maturato almeno 25 anni e 5 mesi di contributi e un’età non inferiore di cinque anni rispetto al requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia. Tradotto: 62 anni. Il traguardo d’età però può essere raggiunto anche con un lungo periodo di cassa integrazione. L’obbligo di legge è di “passare” in Cigs almeno tre mesi, ma questo periodo può essere prolungato fino a due anni. Significa che chi ha 60 anni ed è stato assunto prima dei 35 anni può essere “dimissionato” dal giornale.

La Cigs e soprattutto lo “scivolo” fino alla pensione di vecchiaia, ossia l’integrazione salariale e contributiva, che può durare fino a cinque anni, è a carico dell’Inps. In pratica la crisi di un’azienda privata viene scaricata sullo Stato, ossia sulla collettività.

Ma davvero va così male la Gazzetta di Parma? Gli ultimi dati Ads (accertamenti diffusione stampa) disponibili per il maggio 2025 riportano un dato di vendite individuali pari a 17.549 copie (di cui 15mila cartacee e le altre digitali). Nel 2023, ultimo dato certificato disponibile, il venduto individuale era 19.513 (di cui 17mila cartacee).

Va detto che tutti i giornali italiani sono in difficoltà e alla ricerca di nuovi modelli di business che stentano ad essere trovati.

Come noto sui conti della società Gazzettadiparma srl “pesa” il prelievo di capitale, pari a 8,3 milioni effettuato nel 2019 dall’Unione Parmense Industriali nel 2019 come operazione infragruppo per sostenere Sogeap, gestrice dell’aeroporto “Verdi”. In seguito l’UPI per un prestito di 5 milioni, sempre destinato all’aeroporto, ha dato in pegno a Emil Banca BCC (e non a Crédit Agricole come da noi scritto erroneamente in altro articolo, ndr) azioni del controvalore corrispondente di Gazzettadiparma srl, quale garanzia.

(dra.fra.)

A Langhirano hanno un problema con la privacy


Il Garante Protezione Dati Personali sanziona il Comune

Il Comune di Langhirano è stato sanzionato dal Garante della Privacy per violazione dei dati personali nel registro di accesso agli atti, dal 2017 al 2023. Con provvedimento n. 378 del 10 luglio scorso il Garante ha emesso un’ordinanza ingiunzione verso il Comune di Langhirano comminando una sanzione di 12mila euro, riducibili alla metà se il pagamento avverrà entro trenta giorni.

Il provvedimento non è ancora stato pubblicato sul sito del Garante (non appena lo sarà, renderemo il link diretto al documento).

Questo caso segue di pochi mesi un provvedimento analogo, rivolto all’Unione Montana Appennino Parma Est, che peraltro ha sede a Langhirano, sanzionata per uso illecito della videosorveglianza nel comando della polizia locale.

In questo momento l’Amministrazione Comunale di Langhirano è ancora nei termini per decidere se opporsi al provvedimento del Garante o pagare la sanzione.

Tutto ha origine nell’autunno 2023 quando una cittadina langhiranese ha presentato un esposto al Garante per la Protezione dei Dati Personali poiché riteneva illegittimo che il suo nome comparisse nel registro dell’accesso agli atti del Comune di Langhirano, dopo aver fatto richiesta di documenti e pratiche, accanto ai documenti ricevuti.

Il Garante ha aperto un’istruttoria verificando che in effetti comparivano “in molti casi dei dati personali dei soggetti cui si riferiscono gli atti richiesti”.

Richiamando il protocollo sulle linee guida dell’accesso agli atti, definito dal Garante Privacy con ANAC (Autorità Nazionale Anti Corruzione) in vigore dal 10 gennaio 2017 e che nel punto in esame specifica che il «registro contiene l’elenco delle richieste con l’oggetto e la data e il relativo esito con la data della decisione ed è pubblicato, oscurando i dati personali eventualmente presenti, e tenuto aggiornato almeno ogni sei mesi nella sezione Amministrazione trasparente” ha quindi chiesto chiarimenti al Comune di Langhirano, imputando di aver “tenuto una condotta non conforme alla disciplina rilevante in materia di protezione dei dati personali contenuta nel RGPD” e notificando “le violazioni effettuate”.

L’ente locale ha mandato una memoria difensiva con una serie di punti. Per sintesi ne riportiamo solo uno, quello centrale, ossia che il Comune ha istituito in quel modo il Registro degli accessi “frutto di un’interpretazione ampia del principio di trasparenza anche in relazione al dibattito politico-culturale sul tema di quegli anni”. E precisando che le generalità indicate negli accessi agli atti non erano mai accompagnate da altri dati (codici fiscali, indirizzo, ecc.) tali da permettere di identificare una persona in modo chiaro e incontrovertibile.

Il Garante ha però rigettato questa interpretazione sul tema della trasparenza, accertando “l’avvenuta diffusione online dei dati personali descritti in assenza di una idonea base giuridica” e fornendo esempi dove diversi soggetti erano chiaramente identificabili. Inoltre richiamando di nuovo le linee guida Anac il Garante aggiunge una esplicita circolare del Ministero della Pubblica Amministrazione in cui si precisa che «ciascuna amministrazione indicherà gli estremi delle richieste ricevute e il relativo esito, omettendo la pubblicazione di dati personali eventualmente presenti» (par.8.2.b). L’ampia interpretazione del principio di trasparenza sostenuta dal Comune non può quindi giustificare la diffusione di dati personali online, in quanto non soddisfa nessuno dei presupposti di liceità previsti dall’art. 2-ter del Codice.

Il Garante nel valutare il provvedimento sanzionatorio prende comunque atto della collaborazione offerta dal Comune di Langhirano che, nelle more del procedimento, già dall’aprile 2024 aveva rimosso dal “registro accesso agli atti” tutti i nominativi delle richieste.

Non manca peraltro di rilevare che “quanto all’illecita diffusione online di dati personali si tiene conto del fatto che la stessa ha avuto a oggetto la diffusione online di dati personali in un caso anche idonei a rivelare lo stato di salute (art. 9 del RGPD), riferiti a diverse centinaia di persone (soggetti che hanno effettuato l’accesso e talvolta anche soggetti a cui i documenti si riferiscono, contenuti nei registri nei registri 7degli accessi anni 2017-2023) mantenuti sul sito web istituzionale almeno fino data dell’invio delle memorie difensive del Comune (aprile 2024). Tale condotta deriva in ogni caso – secondo quanto dichiarato dal Comune – da un’ampia interpretazione del principio di trasparenza e risulta quindi essere di natura evidentemente colposa. Si ritiene pertanto che, nel caso di specie, il livello di gravità della condotta tenuta dal titolare del trattamento sia medio”.

Il dispositivo finale di ordine e ingiunzione vede una sanzione amministrativa pecuniaria di 12mila euro, “salva la facoltà per il trasgressore di definire la controversia mediante il pagamento di un importo pari alla metà della sanzione irrogata, entro il termine di legge”. (dra.fra.)

Niente Iren, il “tesoretto” vira sull’integrazione scolastica


Il Comune di Parma destina 35 milioni in risparmio su mutui e incremento di servizi alla persona

Niente azioni Iren, né grande opera (quale, poi?), il “tesoretto” del Comune di Parma viene impiegato per risparmiare sui mutui (20 milioni ) per i servizi (7,5 milioni), anticipazioni al Teatro Regio (4,5 mln) e altre spese correnti, per un totale di 35 milioni di euro.

La priorità viene considerata l’integrazione scolastica per disabili (legge 104/92): +1,3 milioni nel 2026 e +1,8 milioni nel 2027 portando il totale di spesa corrente per questo servizio da 3,7 mln del 2025 a 5,5 mln nel 2027. Queste somme future vengono ricavate dal taglio sui mutui, che porteranno a liberare ogni anno 1 milione e 400 mila euro da rate risparmiate.

Il fabbisogno sulla scuola è in crescita esponenziale: +11% di richieste nell’ultimo anno per un totale di 752 studenti con certificazione legge 104. Non si tratta solo di disabilità gravi ma, sempre più di studenti con forme di DSA, Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

Le nostre lettrici e lettori ricorderanno che ne avevamo scritto ad aprile, quando preso atto dell’avanzo di 33 milioni, avevamo riportato il dibattito interno nella maggioranza, con l’ipotesi che una larga fetta fosse investita nell’acquisto di azioni Iren. La community di Parma Parallela si era espressa con contrarietà. L’ipotesi è sparita e, ieri in consiglio comunale, non se ne è fatto alcun cenno.

Citando il famoso cineasta potremmo dire che, nel destinare per i servizi alla persona questo notevole avanzo di bilancio, l’Amministrazione Guerra ha fatto qualcosa “di sinistra”. Per i detrattori, esauriti presto i voli pindarici, si è invece configurata una manovra di basso profilo, tra risparmi e iniezioni nella spesa corrente, con ben poco appeal.

La delibera sulla variazione e assestamento di bilancio è stata approvata ieri sera dal consiglio comunale, ultimo atto prima dello sciogliete le righe estivo.

«Per me la delibera più importante del mandato» ha esordito l’assessore al bilancio, Marco Bosi nel presentarla al consiglio comunale e, viste le cifre in gioco, come dargli torto.

«C’eravamo lasciati a fine aprile con 33 milioni di avanzo disponibile e 4 di avanzo vincolato.

28 mlnderivanti da buona gestione e circa 5 di differenza tra entrate e spese (ndr: mancata spesa)».

Su come si è arrivati a questo “tesoretto” (definizione usata esplicitamente dalla consigliera Serena Brandini (Azione) e poi da Fabrizio Pallini (gruppo Vignali sindaco) ma stigmatizzata da Antonio Nouvenne, capogruppo di Prospettive) c’è stata una piccola querelle tra la stessa Brandini, e prima di lei dalla consigliera Laura Cavandoli (Lega) e l’assessore Bosi, per dirimere se frutto di gestione buona o approssimativa.

Al che Bosi ha spiegato nel dettaglio come si è arrivati ai 28 milioni tra cause vinte (la principale contro Ireti per la gestione del verde pubblico negli anni 2009-10, che vide il Comune condannato in primo grado a pagare 5,5 milioni, sentenza poi ribaltata in appello, che ha liberato risorse, appunto) e rivalutazione dei fondi rischi e fondi svalutazione crediti, che si basano sugli ultimi cinque anni e, quindi, si aggiornano automaticamente di anno in anno e, proprio per una gestione più accorta, ha portato a un salto significativo nel liberare risorse.

Prima l’assessore al bilancio aveva spiegato come «l’aumento del costo della vita ha portato a rivedere i contratti dei dipendenti enti pubblici, e a parità di personale la spesa è in crescita di 3,5 milioni. Così come è cresciuto il compenso per i dipendenti delle cooperative, molti servizi sono affidati a loro, e impattano per circa il 14%, con servizi divenuti più cari». Inoltre l’invecchiamento della società, il maggior bisogno di servizi e «la prossima apertura di due asili, la palestra a Moletolo, la nuova biblioteca di Alice, lo spazio mostre all’ospedale vecchio, comporteranno maggiore spesa corrente».

E dunque l’avanzo viene così destinato: 20 milioni e 97mila in “sostituzione di fonti di finanziamento” (tradotto: non si accendono mutui); 12 milioni applicati alla spesa corrente di cui 4,5 mln in anticipazione al Teatro Regio (anticipo spalmato per tre annualità, con l’effetto di irrobustire le casse del Regio adesso e che consentirà dall’anno prossimo un minor esborso del Comune) e altri 7,5 milioni in tanti capitoli correnti di cui i principali sono: 2 mln contributi per rette servizi anziani, 800mila mense scolastiche, 400mila per scuole infanzia gestiti da Parmainfanzia, 1,750 mln a SMTP per il trasporto scolastico tra plessi in ristrutturazione e scuole temporanee.

E, per l’anno prossimo, la «scelta politicamente più rilevante» ossia l’incremento per l’integrazione scolastica disabili, illustrato in apertura di articolo. La composizione della voce di spesa vede anche l’incidenza dell’aumento da 22,20 € a 26,20 €, su base oraria, del costo del personale.

Una scelta che fa felice l’assessora ai servizi educativi, Caterina Bonetti, da mesi sotto pressione, incalzata da famiglie che non riuscivano a vedersi riconosciuto il servizio di educatore sociale. Un diritto per gli studenti certificati legge 104 (a ore variabili, in base alla gravità del deficit) che la normativa mette in capo come obbligo ai Comuni, per i propri residenti. Mentre l’insegnante di sostegno, parimenti riconosciuto se portatori di disabilità, è personale del ministero dell’Istruzione. Come detto sono in crescita i riconoscimenti dei DSA – Disturbi Specifici dell’Apprendimento tipo dislessia o discalculia, spesso abbinati a disturbi del comportamento e altre difficoltà – come disabilità coperte dalla legge 104.

Bonetti ha avvisato che «adesso sono 752 gli studenti con certificazione 104, ma continueranno ad arrivare richieste a settembre, ottobre. È un trend incrementale stabile». La questione riguarda il mondo scuola nel suo complesso e merita di essere approfondita a parte, perché questo aumento di certificazioni di disabilità indicano qualcosa che non funziona più nel sistema, oltre a rischiare di affibbiare uno stigma psicologico e sociale su ragazze e ragazzi.

«Confermo che a questi ritmi – dice Bonetti a Parma Parallela – il sistema non regge da un punto di vista economico, occorre che il governo si ponga urgentemente la questione».

Altrettanto significativo il sostegno per l’accesso alle mense scolastiche. Anche in questo caso sarebbe meritorio di un approfondimento. L’opposizione, in particolare la consigliera Ubaldi, ha rimproverato la terza proroga del servizio, appaltato 11 anni fa. L’assessora Bonetti ha risposto dicendo che si stanno facendo valutazioni anche in base alle esperienze vicine, per esempio la gara Intercent-Er che ha già visto tre aumenti e il caso di Bologna dove un prezzo basso di remunerazione del servizio ha visto la gara d’appalto andare deserta. E ha difeso la scelta del Comune di Parma di tenere la tariffa più bassa in regione: 1,30 € / pasto, per le fasce meno abbienti.

Bonetti ha informato che le tariffe sono ferme da 11 anni e ci saranno adeguamenti Istat, e solo quelli, nella consapevolezza che, per la scontistica della ristorazione scolastica, le famiglie con figli in età scolare iscritte al servizio con Isee sotto i 15.000 € sono il 42% e, di questi, ben il 30,7% presenta Isee sotto gli 11.764 euro.

Naturalmente gli interventi e la discussione tra consiglieri e assessori ha spaziato sui tanti capitoli di spesa aggiornati con gli incrementi. Tra questi è spuntata un’area spettacoli in zona Mercati e varie voci di ammodernamento per canile e gattile, con il vicesindaco Lorenzo Lavagetto che ha precisato che si sta valutando se ristrutturare o fare nuovi box per il canile.

In diversi si sono soffermati sui capitoli della sicurezza: nuova videosorveglianza e street tutor (per questi ultimi +15mila euro), al punto che il consigliere Giuseppe Tramuta (Fratelli d’Italia) ha espresso, inaspettatamente, apprezzamento per la delibera.

Tutta la discussione di questa delibera la potete vedere e ascoltare sul canale youtube del Comune, dal minuto 03:20:34.

Le singoli voci di spesa le trovate nel documento tecnico proposto in delibera.

Mentre il riferimento all’integrazione scolastico era nella relazione di accompagnamento (vedi qui due pagine estrapolate, 2026 e 2027).

Il sindaco Michele Guerra ha voluto spiegare le «ragioni di questa manovra di bilancio. Vediamo quanto si sta alzando il costo di vita. Il Comune vive la stessa situazione: nei servizi e sul costo del lavoro. Non ci lamentiamo affatto, perché vediamo persone che possono stare meglio, anche se ciò grava sulle nostre casse. L’avanzo è il risultato di buona amministrazione, cogliamo l’occasioneper andare a colpire i mutui.

Tutti abbiamo pensato: con questo avanzo facciamo qualcosa di eclatante, ma si è preferito un’azione di previdenza che darà più respiro sulle possibilità di spesa nelle prossime annualità.

Andiamo in questa direzione convintamente. E diamo un segnale specifico sull’integrazione scolastica, aumentando a dismisura la possibilidi accompagnare bambini e bambine nel percorso scolastico. Investiamo nei servizi sociali in ugual misura perché glienti territoriali sono interrogati per primi dai cittadini ma va detto che gli enti stanno per arrivare al limite. La domanda cresce ma le nostre possibilità di risposta le vediamo indebolirsi. È da ripensare il sistema del welfare. Il fronte di solidarietà cui crediamo molto, costa».

La manovra sui mutui è stata decisa anche per tenere sotto controllo l’indebitamento. Il previsionale di inizio anno era di accendere prestiti per lavori pubblici pari a 35 milioni di euro. Una somma non da poco. Con i 20 milioni resi disponibili, ora si vedrà se gli uffici tecnici avranno la capacità di avviare le determine per gli ulteriori 15 milioni di spesa previsti, da coprire con mutui. La pressione si sposta sull’assessore ai lavori pubblici, Francesco De Vanna, che da un lato deve spingere per effettuare le opere e le manutenzioni, dall’altro è chiamato a ponderare la spesa per ulteriori risparmi. Si vedrà a ottobre con il secondo assestamento di bilancio.

A oggi l’indebitamento del Comune di Parma è di 118 milioni (dato 2024) in proiezione a 124 mln (fine 2025) mentre il gruppo Comune+Partecipate è indebitato per circa 260 milioni (220 mln + circa 40 di Stt).

Giusto per usare un metro di paragone la famosa relazione del commissario Ciclosi nel 2012 accertava un debito complessivo di 810 milioni di cui 160 a carico del Comune.

E dopo due ore si è arrivati al voto.

Prima va rimarcata, tra gli altri, l’assenza dei consiglieri Pietro Vignali (Forza Italia), Priamo Bocchi (Fratelli d’Italia) e Manuel Marsico (Partito Democratico), tutti giustificati. In particolare è spiccata l’assenza di Vignali, che spesso fa il contropelo sugli aspetti economici delle delibere e, comunque, per la visione che porta dai banchi di opposizione. Stranamente è risultato assente sia nella seduta di aprile sia in quella di ieri, eppure si è trattato di due delibere molto importanti in questo mandato.

La delibera è stata approvata con 17 voti favorevoli (la maggioranza), sei contrari (Cavandoli, Chiastra, Pallini, Osio, Ubaldi, Ottolini) e tre astenuti (Brandini, Seletti, Tramuta). L’analisi politologica di questi voti potrebbe essere argomento estivo di chiacchiera, se non ci fossero problemi ben più rilevanti all’orizzonte. Ad ogni modo curioso il voto astensivo benevolo di Tramuta (FdI) che in un primo momento era favorevole (come è diverso da Bocchi…), stizzita l’astensione di Ines Seletti (Effetto Parma) proprio sulla delibera-monstre del suo collega di partito, Bosi. Non è la prima volta di una difformità di Seletti, ma questa fa più rumore.

Invece nello scacchiere del futuro centrosinistra possiamo notare Brandini (Azione) che si avvicina mentre Ottolini (Europa Verde) si allontana.

Discorsi balneari, da farsi sotto l’ombrellone. A settembre si ricomincia.

Francesco Dradi

Sciopero alla Padanaplast di Roccabianca


Vertenza dei 120 lavoratori per gli adeguamenti contrattuali

Adesione quasi totalitaria allo sciopero alla Padanaplast di Roccabianca (gruppo Eni-Versalis) indetto dai sindacati Filctem Cgil e Usb Lavoro privato. Oggi, venerdì 25, è il terzo giorno di astensione dal lavoro, con il blocco della fabbrica. La modalità è quella dello sciopero di 4 ore articolato a macchia, a inizio turno o fine turno, a seconda dei reparti.

Dai primi riscontri sindacali l’adesione è stata pressoché totale, da parte dei 90 operai (il personale degli uffici non era coinvolto). Lo sciopero ha comportato, di fatto, il blocco della produzione e anche ostacolato gli approvvigionamenti, il che rallenterà la ripresa dell’attività dello stabilimento, dopo le ferie di agosto. In contro risposta il management ha disdettato il tavolo delle trattative per gli adeguamenti contrattuali, incontro che doveva tenersi oggi, prima della pausa per ferie. Se ne riparlerà a settembre. (In foto lo stabilimento Padanaplast, credits Google Maps).

Ma cosa chiedono i lavoratori, tramite i sindacati e le RSU? Innanzitutto un aggiornamento dei livelli e degli inquadramenti contrattuali, poiché vi sono diversi casi di lavoratori nel medesimo ruolo nella gestione degli impianti, però inquadrati con livelli differenti. Questo si ripercuote in busta paga: nel concreto si tratta di 50-60 euro mensili in meno che, in tempi di inflazione, si fanno sentire acutamente. Un’altra richiesta pressante riguarda la sostituzione dei dipendenti che vanno in quiescenza affinché siano rimpiazzati con assunzioni dirette del personale interinale che già lavora in azienda. Secondo fonte sindacale sui 120 addetti in Padanaplast sono circa 30 gli interinali o in staff leasing. Il contratto e la busta paga sono uguali, non così le garanzie che gli interinali possono attestare presso le banche per richiesta mutui o altre esigenze, vedendosele spesso respingere.

La storia della Padanaplast è una parabola ormai tipica: fondata nel 1971 da un’intuizione di un imprenditore locale (Carlo Avanzini) nel tempo si è specializzata nella produzione di tubi e compound di una miscela plastica innovativa. Acquisita dalla Solvay nel 2000 e poi, nel 2017, dal gruppo marchigiano Finproject, è di nuovo passata di mano quattro anni fa, nel settembre 2021, entrando in Versalis, società del gruppo Eni impegnata nei settori della petrolchimica e della chimica “sostenibile”, da fonti rinnovabili.

Nell’ultimo anno, anche a seguito di razionalizzazioni nel gruppo Eni-Versalis, con le chiusure di stabilimenti al sud (Brindisi, Priolo), i sindacati hanno registrato un irrigidimento nella posizione del management della Padanaplast che, sulle rivendicazioni di adeguamenti contrattuali, è divenuto evasivo e procrastinatore. Tra le varie richieste dei lavoratori c’era anche la riqualificazione degli spogliatoi, unica cosa che è stata riconosciuta. E dunque la vertenza si è inasprita ed ha portato a un primo sciopero il 4 luglio e ora a questo nuovo pacchetto di ore di astensione dal lavoro, nella speranza che la situazione possa sbloccarsi in autunno.

La maggior parte di operai e impiegati alla Padanaplast è residente nella bassa parmense, con una piccola minoranza di Fidenza. (dra.fra)

Qualcosa sta cambiando sotto l’ombra dei platani

Intervista a Enrico Ottolini (Europa Verde – AVS) verso il 2027

I 96 platani di via Spezia sono l’imprevisto che sblocca la situazione. Serviva un atto, un gesto concreto per avviare il dialogo tra Pd ed Europa Verde (AVS) verso le elezioni amministrative del 2027, dopo l’apertura del neo-segretario cittadino del Pd, Francesco De Vanna, che auspica un allargamento della maggioranza. Nella permanenza di visioni diverse è spuntata l’occasione inattesa di trovarsi sulla stessa linea per la salvaguardia dei platani: il ritiro della delibera sull’abbattimento del lungo filare di alberi è avvenuto senza bisogno di discuterne.

Abbiamo intervistato il consigliere comunale di Europa Verde-Verdi-Possibile, Enrico Ottolini. I segnali che registriamo sono ancora da decifrare, tra molte critiche e qualche apertura. E il balenare di un passo indietro.

Ottolini “nasce” come biologo con una grande passione per i corsi d’acqua e, da qualche anno, è impegnato come politico con buoni risultati per far risorgere i Verdi. Eletto in consiglio comunale tre anni fa, nel novembre scorso ha sfiorato l’elezione in Regione Emilia-Romagna nella lista AVS (Alleanza Verdi Sinistra) e da marzo è co-portavoce (cioè segretario) regionale di Europa Verde-Verdi.

Partiamo da qui, Ottolini. Che bilancio trarre dopo quattro mesi?

Io direi intanto che c’è tutta la consapevolezza che la mia elezione assieme a Sara Londrillo (i Verdi ripartiscono il ruolo di segretario tra due co-portavoce di genere diverso) è venuta a seguito di un vero congresso, dove si sono confrontate due idee diverse che in fondo sono le due anime che ci sono sempre state nei Verdi, quelle che i Grunen tedeschi chiamano “realos” e “fundis”.

Così all’impronta direi che da questo percorso lei è nei “realos”.

Esatto. Non lo si direbbe eh? Però sono convinto che queste due anime debbano convivere ed è giusto che ci siano tutte e due. Poi, alternativamente, una è maggioranza e l’altra è minoranza, però sono entrambe rappresentative dei Verdi. Un aspetto di rilievo è che abbiamo visto una crescente partecipazione dei giovani che, dopo le recenti amministrative, hanno assunto in alcuni comuni dei ruoli importanti per noi.

Penso a Rubiera con Nora Boccolini, 22 anni, che ha una delega ai giovani e Hiba Alif, studentessa di 20 anni nominata assessora a Ravenna. Sono entrambe giovanissime e possiamo dire che si comincia finalmente a notare una presenza e una partecipazione significativa dei giovani al nostro partito, che è in prima fila al contrasto della crisi climatica, tema che qualche anno fa vide grosse manifestazioni giovanili.

E in Regione come stanno andando le cose?

È una sfida interessante avere tre consiglieri in regione, eletti in AVS e ognuno esponente di un pezzo dell’alleanza: c’è Paolo Burani di Europa Verde, Simona Larghetti di Coalizione Civica di Bologna, e Paolo Trande che entrato come civico, del movimento Insieme a Sinistra ora si è iscritto in Sinistra Italiana. E naturalmente c’è l’assessore Giovanni Paglia, di Sinistra Italiana, in rappresentanza di Alleanza Verdi Sinistra.

Dopo una fase di rodaggio, stiamo cominciando a ingranare una collaborazione day by day con il gruppo consiliare che è eterogeneo e rappresenta tutti e, peraltro, avere un consigliere di Europa Verde è un valore aggiunto. I tre consiglieri sono molto attivi, affiatati e anche ben attrezzati. Dobbiamo imparare a dare più risonanza sui territori al lavoro che stiamo facendo a livello regionale.

In questo contesto com’è quindi il rapporto e la valutazione sull’operato del presidente De Pascale e della giunta nel suo complesso, dopo il primo semestre?

Enrico Ottolini alla chiusura della campagna elettorale di AVS per le elezioni regionali. Il primo a sinistra è Giovanni Paglia, ora assessore a casa, lavoro e politiche giovanili (novembre 2024).

Stiamo ottenendo dei risultati in alcuni settori nostri in cui viene riconosciuta una nostra competenza, per esempio sta andando in porto la legge regionale sul clima. Però non stiamo ancora contaminando come vorremmo le politiche regionali nel loro complesso. Una prima verifica di questa nostra capacità di incidere sarà l’attuazione delle politiche per la gestione dei corsi d’acqua, dove abbiamo una visione diversa rispetto al presidente De Pascale; però confidiamo nell’impegno di entrambi a trovare un’intesa efficace, concreta, effettiva per intervenire sulla base delle conoscenze tecnico-scientifiche più innovative che vengono indicate dall’Unione Europea.

Parlando di corsi d’acqua ci si riferisce anche al tema alluvioni, giusto?

Esatto. Noi comprendiamo l’esasperazione dei cittadini, tuttavia la tabula rasa non è la soluzione per i corsi d’acqua. Gli approfondimenti e la normativa tecnica sviluppata dalla Regione negli ultimi decenni, le esperienze realizzate e la competenza acquisita da tanti tecnici, dimostrano che un fiume sano dal punto di vista ecologico è un fiume più sicuro. E poi vanno fatte distinzioni tra i fiumi romagnoli che scorrono in pianura, dove c’è effettivamente un conflitto molto forte, e i torrenti emiliani, più ampi e diversificati.

Nel rapporto con la Regione si avvantaggia dell’esperienza in consiglio comunale a Parma, tre anni di opposizione. Che valutazione dà dell’operato del sindaco Guerra e della sua giunta?

Direi che sono evidenti alcuni grandi bluff che ci hanno tenuto impegnati dalla campagna elettorale a questi primi tre anni di consigliatura: l’aeroporto e il Tardini. Di fatto nel momento in cui l’Amministrazione è voluta andare a vedere le carte, si sono rivelati progetti del tutto inconsistenti, come quello dell’ampliamento dell’aeroporto, o con molti più problemi di quelli che inizialmente erano taciuti, e lo vediamo con lo stadio… Direi che, al dunque, non rimane niente di una visione e progettualità di chi ha governato Parma nei decenni precedenti.

Peraltro non si vedono grandi trasformazioni nella città e gli obiettivi che secondo noi dovrebbero guidare il cambiamento, cioè la transizione ecologica, la neutralità carbonica verso una sostenibilità ambientale, non sono supportati da una volontà politica forte di raggiungerli davvero. C’è una totale mancanza di coraggio, ad esempio i risultati ottenuti nella transizione ecologica, penso alle fonti rinnovabili, sono state realizzati quasi esclusivamente dai privati con le loro risorse e progetti. L’Amministrazione Comunale al di là di fare eventi, assemblee e documenti di contratto climatico non ha di fatto posto in essere ad ora delle iniziative concrete, visibili e importanti di transizione ecologica.

Lei è critico anche su altri aspetti.

Ci vorrebbe più coraggio anche nell’affrontare gli errori del passato, penso alle tante strutture vuote che abbiamo e in particolare a quella forse più simbolica di tutte che è il ponte Nord sulla quale io avrei fatto almeno un’ipotesi di demolizione rispetto agli altri scenari. Comunque ne parleremo quando andrà deserto il bando per la manifestazione d’interesse.

Un’altra cosa che non le va giù è il centro sportivo all’ex Cral Bormioli.

Oltre al poco coraggio c’è poca coerenza, sembra che la giunta lavori per compartimenti stagni. Da una parte abbiamo le politiche della mobilità che dicono di ridurre l’uso delle auto e dall’altra parte a settembre apriremo l’ex Cral Bormioli senza una pista ciclabile, senza una fermata dell’autobus, senza marciapiede e con un parcheggio da 250 posti. Direi che è proprio l’emblema dell’incapacità del Comune di lavorare in modo coerente.

Con queste premesse come si fa allora a pensare di andare in coalizione con il centrosinistra alle prossime elezioni? L’assessore De Vanna ha fatto delle aperture, come le valuta?

Apprezziamo che vi sia un’apertura e un’interlocuzione con Europa Verde rispetto al futuro, però è chiaro che stiamo parlando del 2027, nel frattempo il mio ruolo non cambierà, sono stato eletto come candidato sindaco in alternativa a Guerra e credo sia corretto rimanere coerenti nello svolgere un ruolo di opposizione propositiva. Abbiamo sempre fatto proposte con una valenza di governo e continuerò a farle e non trincerarmi nel mio orticello verde. Sono proposte mirate che possono essere acquisite da una maggioranza di centrosinistra, in una regione storicamente di sinistra, che voglia intendere l’ecologismo non come un settore di un’amministrazione ma come un nuovo punto di vista per affrontare tutte le politiche locali.

Faccia un esempio.

Le mie proposte non sono quasi mai massimaliste. Ad esempio non è passata una mozione per non cementificare le aree verdi e un’altra per applicare un articolo del reglamento del verde sul censimento degli alberi di pregio. Mentre è stata accolta la proposta di istituire un’Area di Riequilibrio Ecologico nel torrente Parma. Un gran bel segnale, rispetto a quanto prevedeva il progettista del Pug, di stravolgimento del torrente, e sono certo che darà i suoi frutti in futuro.

Insomma, cosa deve accadere a Parma affinché ci sia un accordo politico che veda AVS integrarsi con l’attuale maggioranza di centrosinistra?

Ci sono passaggi da compiere. Io ho fatto la mia parte in una stagione importante dei Verdi, con il ritorno in consiglio comunale dopo 30 anni, il partito è cresciuto, si è affermato e poi il passaggio con Alleanza Verdi Sinistra che alle ultime regionali ci ha visto raggiungere l’8,2% in città, e come detto svolgo un’opposizione costruttiva per dare un peso da esterno alla maggioranza, che porti a una consapevolezza dei limiti entro i quali lo sviluppo di una città si deve realizzare. Ma il mio ruolo potrebbe fermarsi a questa fase. Di sicuro la crisi climatica e ambientale incombe e vi è la necessità di affrontarla con un’Amministrazione che abbia al suo interno una forza ecologista con un peso reale in una maggioranza di centrosinistra. Si vedrà come e con chi.

Un’ultima domanda sui platani di via Spezia. Per il momento è scongiurato il rischio che si abbattano 96 platani ed anzi c’è un impegno politico alla loro salvaguardia e, dalle ultime informazioni raccolte, sembra proprio che in autunno sarà presentato un progetto rivisto per la riqualificazione di via Spezia. Che sentimento prova oggi sapendo che è merito suo aver scovato in tempo utile, tra le carte del progetto, la previsione dell’abbattimento delle piante?

Mi sono messo un’oretta prima della riunione di commissione consiliare a guardare le carte e tra tanti elaborati mi è saltato all’occhio la tabella con l’abbattimento degli alberi. Il sentimento è di sentire un’enorme responsabilità sulle spalle, nel senso che se io per un qualche motivo non fossi stato in quella commissione, quell’attenzione sui platani non saltava fuori. È una cosa enorme, anche rispetto a procedure amministrative che sottovalutano gli effetti macroscopici sulla vita delle persone, non solo della tutela ambientale, come abbiamo visto dalla sollevazione popolare.

Quello che un po’ stempera la responsabilità e mi alleggerisce è la presenza delle associazioni che sono intervenute subito e stanno dialogando con le amministrazioni. . Mi piace il fatto che questo stop sia servito a creare lo spazio per una partecipazione diretta, perché è importante che la politica apra degli spazi alla partecipazione dei corpi intermedi che ragionano con finalità ampie di bene comune. Se no rischiamo di ritrovarci solo un comitatismo con vanghe e picconi.

C’è poi la questione del limite. Intendo dire che in tanti casi gli atti di questa Amministrazione per me superano i limiti di quanto è tollerabile per una politica che sia un minimo decente in termini ambientali. Quando ho segnalato il rischio di abbattimento dei platani mi sono detto che era un limite da non oltrepassare, se poi si vuole andare insieme in futuro. Ecco per la prima volta la maggioranza in modo compatto non ha oltrepassato il limite. Per la prima volta quello che per me era un limite invalicabile lo è diventato anche per l’Amministrazione, certo all’ultimo momento, all’ultimo secondo, però non è stato oltrepassato. È stato un segnale importante.

(dra.fra)

CSAC chiuso e dimenticato da 9 mesi

Nove mesi di chiusura per il CSAC, nel silenzio generale.

E ancora non si sa quando potrà riaprire al pubblico. Manca l’autorizzazione antincendio da parte dei Vigili del Fuoco.


Era la notte fra il 19 e il 20 ottobre 2024 quando, a seguito di piogge copiose (anvedi oh, il cambiamento climatico, ndr) il canale in zona Paradigna esondò mandando sott’acqua la centrale termica e tecnologica del Centro Studi e Archivio della Comunicazione (CSAC), centro di ricerca dell’Università di Parma che dal 2007 ha sede presso l’abbazia di Valserena.

Da quel giorno il Csac è off limits.

L’ultima comunicazione pubblica è del gennaio scorso. Sul sito web del Csac campeggia, virtualmente scolorito, un avviso di chiusura: “siamo spiacenti di comunicare che, in seguito ad un evento calamitoso che ha colpito il complesso di Valserena lo scorso ottobre, non vi sono le condizioni di sicurezza e agibilità sufficienti a garantire la tutela e il comfort delle persone; pertanto è stata disposta la sospensione di tutte le attività in presenza e dei servizi erogati dal Centro e dal museo. Gli uffici tecnici dell’Università stanno lavorando per ripristinare la situazione, tuttavia al momento non abbiamo tempistiche certe sulla fine dei lavori. Ci scusiamo per il disagio recato. Staff CSAC”.

Il Csac — fondato dal professor Arturo Carlo Quintavalle nel 1968, si spostò negli anni Ottanta al padiglione Nervi (oggi Workout Pasubio) e da lì all’abbazia di Valserena — è strutturato in cinque sezioni – Arte, Fotografia, Media, Progetto, Spettacolo – nelle quali sono conservati circa 12 milioni di pezzi. All’attività didattica e al servizio dell’Archivio e del Centro di Ricerca rivolto agli studiosi, si integra quella del museo e delle mostre a rotazione nell’abbazia di Valserena, destinate a un pubblico generalista. Ogni anno erano circa 15mila i visitatori.

Il Csac è un’istituzione di spessore internazionale ma la sua chiusura sembra non interessi a nessuno a Parma e, di conseguenza, nemmeno altrove, pur essendo considerato il più importante archivio italiano sul tema (infinito) della Comunicazione. Non una voce – politica, culturale, della società civile – che abbia chiesto conto all’Università come mai la chiusura si protragga così a lungo.

A volte bastano interrogazioni in Comune, in Regione per sollevare il caso, sollecitare gli enti e la comunità a fare pressioni per un’accelerazione nelle procedure di riapertura.

Dunque quando riaprirà il Csac? Alla nostra domanda da cronisti, il rettore dell’Università di Parma, Paolo Martelli, sfoggia un sorriso speranzoso: «Spero presto, ora siamo nelle condizioni di una ripresa completa, mancano solo le verifiche sull’impianto antincendio. Specificando che è una ripresa funzionale, tramite generatori esterni. Per la nuova centrale tecnologica i tempi sono più lunghi».

Quanto lunghi? E qui il rettore allarga le braccia sconsolato: «Se fosse la nostra casa privata avremmo già risolto. Ma siamo un ente pubblico, dobbiamo seguire le regole: c’è un appalto da fare e prima dell’appalto ci sono vincoli da rispettare, progetti da redigere. Ora siamo a buon punto: le prescrizioni della Sovrintendenza sono state affrontate. Il progetto è nelle mani di un professionista che sta interloquendo con la Sovrintendenza. La progettazione è in fase avanzata, poi arriverà in consiglio d’amministrazione e valuteremo i costi, a carico dell’Università. Il danno è stato ingente, siamo assicurati però va ripristinato tutto quanto andato completamente distrutto».

Insomma tempistiche ufficiali per la riapertura al pubblico del Csac non ce ne sono. Considerando che tra poco arriva agosto, inscalfibile mese di ferie, è presumibile che “l’antincendio” slitterà a settembre. Mentre per la nuova centrale tecnologica ci vorrà almeno un anno.

Ma perché la centrale termica e tecnologica era sottoterra?

«Era sotto il piano di campagna – risponde il rettore – perché la Sovrintendenza, ai tempi della ristrutturazione, aveva imposto di metterla sottoterra per ragioni di mitigazione ambientale. Sulla zona di Paradigna c’è un vincolo paesaggistico e, ragionevolmente, non si può edificare. Purtroppo con l’allagamento è saltato tutto quello che c’era dentro: la componente elettrica e la componente riscaldamento e raffrescamento. Tutto questo con un danno che vi lascio immaginare.Una situazione di emergenza che abbiamo risolto con gruppi elettrogeni esterni per dare un minimo di funzionalità e, soprattutto, per rendere agibili gli impianti di sicurezza, ovviamente. Sotto questo aspetto tutti i pezzi del Csac sono stati mantenuti in buona conservazione. Vorrei rassicurare sul fatto che l’Archivio non ha risentito minimamente. Si è fermata la fruibilità di quel patrimonio, perché senza riscaldamento non si poteva svolgere attività di studio, non si poteva aprire al pubblico. Ora in questo periodo di chiusura forzata si è provveduto a sistemare altri aspetti, ad esempio riordinare spazi in cui era accatastato del materiale, migliorare la disposizione dei pezzi».

Il personale del Csac, dopo un iniziale periodo di disorientamento, si è dedicato alla digitalizzazione dei materiali e riconvertendo l’accoglienza degli studiosi in modalità da remoto, con la trasmissione a distanza di disegni e progetti. Tra smart working, prima, e successivamente sparpagliati in altri settori amministrativi, gli addetti del Csac hanno fra l’altro continuato a gestire la ricezione e spedizione dei materiali dell’Archivio per mostre temporanee. Paradossalmente, riuscendo ad affrontare con più dedizione la convenzione tra Csac e Assessorato Cultura del Comune di Parma che ha visto ospitare, a Palazzo Pigorini da marzo a maggio scorsi, la mostra “Intorno ai ’70: ideologie, progetti, linguaggi nelle collezioni CSAC”.

La convenzione triennale prevede un’esposizione doppia, in città e nell’abbazia di Valserena. Quella lato Università, relativa agli Anni Settanta, in teoria sarebbe prevista in autunno. Ma la chiusura prolungata del Csac rende incerte le tempistiche organizzative e non è detto che si possa allestire.

Vedremo se nel 2026, quando in mostra ci saranno i materiali degli anni ‘80, il Csac potrà riaprire oppure si troverà una diversa sede universitaria, ad affiancare l’esposizione al palazzo Pigorini.

A quanto noto, la nuova centrale tecnologica dello Csac dovrebbe sorgere nello stesso punto della precedente, vicino al parcheggio visitatori. Si svilupperà sul piano stradale e dovrebbe essere celata alla vista da una cortina di arbusti.

Forse questa chiusura forzata poteva essere l’occasione di ripensare la funzione e la fruizione del Csac, in ottica del grande pubblico, e allo stesso modo innescare una riflessione sugli spazi dell’abbazia di Valserena, dotata di aule convegni e foresteria, in disuso da tempo. (dra.fra)

Colpo di scena: Centerline si tiene l’aeroporto Verdi

Colpo di scena: apprendiamo che due giorni fa, il 30 giugno, si è tenuta una nuova assemblea dei soci Sogeap in cui i canadesi di Centerline hanno erogato un primo versamento di quasi 1 milione di ricapitalizzazione su 8 milioni totali stabiliti.

Questa e altre informazioni ci giungono – finalmente – da Centerline, per il tramite della società di comunicazione che da pochissimo tempo è stata re-incaricata di curare pr e media relation della società canadese.

Sotto queste note vi proponiamo la “smentita” che ci è giunta e che volentieri pubblichiamo.

Attenzione alla data: il 30 giugno è lo stesso giorno in cui Parma Parallela raccoglieva notizie e pubblicava l’articolo “Crisi Sogeap: l’aeroporto a un passo dalla chiusura”. E naturalmente chiedevamo e cercavamo informazioni anche presso chi cura gli affari di Centerline, senza ricevere risposta. Come peraltro già avvenuto in altre occasioni nei mesi scorsi. Ma va bene così.

Rimangono aperti diversi punti che saremo lieti di chiarire con gli amministratori di Sogeap-Centerline, dato che comunque la crisi di Sogeap si è innescata a seguito dell’assemblea dei soci del 16 giugno, che doveva sancire la ricapitalizzazione e invece chiusa con un nulla di fatto che ha portato, due giorni dopo, alle dimissioni del presidente Guido Dalla Rosa Prati e del consigliere Matteo Ferrari. Dimissioni che forse hanno sortito il loro effetto.

Rimane il fatto che le visure camerali, che sono gli atti ufficiali da cui si possono desumere le informazioni di una società, al 30 giugno non rilevavano cambiamenti negli assetti azionari, essendo questi ancora fermi al giugno 2024. Dunque lasciavano presupporre che le azioni di Sogeap detenute da Centerline dopo la ricapitalizzazione dell’ottobre 2024 fossero ancora in pegno all’Unione Parmense Industriali (come risulta da un documento ufficiale di gennaio 2025).

Potremmo anche fare puntualizzazioni sul servizio di handling, così come sulle rotte aeree in essere o dei mesi scorsi verso le isole (Sardegna e Sicilia) che sono subordinate agli accordi che intercorrono tra compagnie aeree e Stato / regioni insulari. E anche potremmo circostanziare ulteriormente le difficoltà nelle relazioni sindacali.

Ma tutto questo ora ha poca importanza, di fronte al fatto che Centerline è viva e si impegna a dare un futuro all’aeroporto Verdi. (dra.fra.)


La smentita di Centerline

Gentilissimi,

abbiamo letto con grande attenzione il contenuto dell’articolo “Crisi Sogeap, aeroporto a un passo dalla chiusura” pubblicato sul blog Parma Parallela in data 30 giugno 2025.

L’articolo contiene numerose inesattezze, che ledono l’immagine della nostra società e rendono un’errata cronaca dei fatti e interpretazione degli eventi. Molti degli elementi riportati avrebbero potuto essere facilmente verificati chiedendo riscontro ai diretti interessati. Ma così non è avvenuto e, pertanto, ci vediamo costretti a smentire quanto da voi erroneamente affermato.

Il testo si apre con un grave errore. È falso che Centerline non sia disponibile a sostenere finanziariamente Sogeap: sarà al riguardo appena il caso precisare che nel corso dell’assemblea del 30 giugno 2025 Centerline ha garantito a Sogeap un’ulteriore iniezione di liquidità per quasi un milione di euro che consentirà alla società di continuare a svolgere la propria attività sino all’integrale sottoscrizione da parte dei soci del nuovo aumento di capitale per un importo sino ad Euro 8 milioni approvato nel corso dell’ultima assemblea. .

Ogni tentativo di spiegare le dimissioni di alcuni membri del CdA in ragione di una presunta indisponibilità di Centerline a sostenere finanziariamente Sogeap e, parimenti, di interpretare le intenzioni di UPI assume pertanto una connotazione meramente speculativa ed appare esclusivamente orientato a denigrare l’operato del socio di maggioranza.

Non risponde del resto a verità neppure l’affermazione secondo cui Sogeap avrebbe smesso di pagare i fornitori. Nel paragrafo, in modo alquanto ambiguo, viene menzionato il generico malfunzionamento di macchinari, a supporto della tesi di un presunto abbandono dello scalo intero. Ebbene, non si tratta di altro che di uno specifico guasto di una macchina che deve essere risolto con un nuovo contratto di manutenzione appena firmato. Del resto, lo stesso paragrafo ammette che tutti gli stipendi dei dipendenti sono regolarmente pagati, di fatto confutando l’impalcatura stessa del resto del testo.

Tale impalcatura si fonda, invece, su “voci non confermate”, come espressamente dichiarato nell’articolo: è così che Parma Parallela intende “raccontare con un altro taglio quella Parma vivace e popolare, che spesso rimane sottotraccia”, come dichiara raccontandosi sul proprio sito?

Non risponde a verità neppure l’affermazione contenuta nell’articolo che vorrebbe contestare a Centerline un presunto inadempimento degli obblighi contrattuali assunti nei confronti di UPI in sede di acquisto della quota di maggioranza di Sogeap. Sarà al riguardo appena il caso precisare, senza volersi diffondere troppo su circostanze e informazioni di natura strettamente confidenziale, che non solo Centerline ha onorato tutti gli impegni presi, ma in sede di sottoscrizione nell’ottobre 2024 dell’aumento di capitale si è fatta peraltro carico delle esigenze finanziarie di Sogeap in misura superiore rispetto alla sua partecipazione, decidendo di salire dal 51% al 79,5% delle quote di Sogeap.

Per quanto riguarda invece la gestione dell’aeroporto, non è vero che non siano stati portati nuovi voli. Per 5 mesi infatti sono state attive le rotte per Comiso e Trapani, chiuse poi per decisioni dell’operatore.

Per quanto riguarda altri scenari che coinvolgono UPI su altri dossier, siamo totalmente estranei, ed accostare la nostra società e il nostro operato a tali situazioni è del tutto inadeguato e fuori luogo. Ed è semplice speculazione il coinvolgimento dell’aeroporto Marconi di Bologna.

Una delle accuse più ricorrenti mosse nei confronti di Centerline e del nuovo corso di Sogeap è la mancanza di comunicazione, specialmente nei confronti dei sindacati che “lamentano il silenzio della proprietà”. È dunque utile far sapere ai lettori che la proprietà ha incontrato i sindacati lo scorso marzo 2025, illustrando le linee guida del piano di rilancio per l’areoporto.

Riservandoci la possibilità di intraprendere azioni a tutela della nostra reputazione (soprattutto in relazione all’illazione che Centerline sia una società prestanome), auspichiamo che tale smentita venga pubblicata integralmente, così da fornire ai lettori la corretta interpretazione dei fatti e della situazione dell’Aeroporto Internazionale Giuseppe Verdi, il cui rilancio è lo scopo del nostro impegno quotidiano ormai da un anno, e intendiamo che tale sia ancora per molto tempo.

Crisi Sogeap, aeroporto a un passo dalla chiusura

I canadesi di Centerline non hanno mantenuto fede agli impegni presi e ora l’aeroporto Verdi rischia la chiusura. La conferma arriva da una fonte qualificata.

Al momento del dunque, lunedì 16 giugno, all’assemblea dei soci Sogeap con al primo punto dell’ordine del giorno “ricapitalizzazione” , i canadesi di Centerline (79% delle quote) hanno tergiversato ancora, risultando di fatto indisponibili a sottoscrivere le nuove quote, dopo l’azzeramento del capitale (3,5 milioni euro) andato a coprire le perdite del 2024.

Due giorni dopo, preso atto della situazione, i consiglieri d’amministrazione espressione dell’Unione Parmense Industriali (20%) hanno rassegnato le loro dimissioni, divenute ufficiali il 24 giugno. L’addio è stato dato dallo storico presidente di Sogeap, Guido Dalla Rosa Prati, e da Matteo Ferrari (Ara Group) eletto giusto un anno fa in quota Upi.

Rimangono in carica Carlos Criado, amministratore delegato di Sogeap nonché vicepresidente di Centerline,William O’ Brien, ceo di Centerline, e Claudio Boccardo, manager di lungo corso nell’aviazione, negli ultimi tredici anni amministratore dell’aeroporto dell’isola d’Elba, new entry in cda lo scorso 5 maggio in quota Centerline.

L’uscita di Dalla Rosa Prati e Ferrari ha il sapore della mossa disperata, per mettere spalle al muro O’Brien e Criado e tentare il capovolgimento della situazione, riprendendo in mano Upi le quote e il futuro di Sogeap.

La situazione è precipitata nell’ultimo mese. Da quando Sogeap ha smesso di pagare i fornitori e questi ultimi hanno smesso di fornire i servizi, ad esempio la manutenzione di strumentazione e apparecchiature. È il caso della movimentazione bagagli, da inizio giugno effettuata tutta a mano dai dipendenti dello scalo di via Licinio Ferretti. Da precisare che finora i 24 addetti inquadrati in Sogeap hanno ricevuto regolarmente lo stipendio.

Tuttavia, voci non confermate, indicano una liquidità in cassa per arrivare solo a fine luglio.

In questo momento è praticamente impossibile trovare risposte ufficiali. Niente da Centerline Airport Partners Italia, appoggiata presso lo studio Pirola Associati. Niente dai rappresentanti Upi. Anche i sindacati lamentano il silenzio della proprietà.

Tuttavia, in base alle informazioni raccolte da Parma Parallela, sembra che il debito di Centerline verso Upi ammonti ad almeno 7 milioni di euro, il mancato versamento del sovrapprezzo concordato un anno fa e l’acquisizione del resto del capitale, deciso alla ricapitalizzazione lo scorso ottobre, pari a 2,7 milioni in azioni che di fatto sono rimaste in pegno ad Upi.

Ed ora sarebbero altri 3 / 5 milioni da iniettare in Sogeap per proseguire l’attività.

Sembra prendere corpo il timore, espresso da alcune voci fuori dal coro un anno fa, che Centerline fosse una società prestanome o, nella migliore delle ipotesi, un procacciatore di affari. Che non ha avuto successo.

Di fatto dopo i 2,5 milioni sborsati un anno fa per acquisire la maggioranza in Sogeap, Centerline non ha più finanziato l’aeroporto di Parma. E nemmeno ha prodotto un piano industriale né portato nuovi voli (da domani con l’avvio del volo bisettimanale per Olbia saranno quattro le destinazioni raggiungibili dal Verdi per l’estate: Chisinau, Cagliari, Palermo e appunto Olbia).

D’altronde un’inchiesta di Mi Manda Rai Tre lo scorso gennaio aveva svelato che la sede legale di Centerline era semplicemente un indirizzo presso uno studio legale di Vancouver (città del Canada occidentale).

Il cerino rimane in mano all’Unione Industriali che ha sempre gestito la partita aeroporto tramite il suo direttore, Cesare Azzali. Il conto tuttavia rischia di essere parecchio salato. E con conseguenza anche su Segea-Gazzetta di Parma. Già nota la vicenda del 2023, con gli 8 milioni, prelevati dal capitale Segea per essere spostati in Sogeap. Per sostenere la ricapitalizzazione dell’autunno sarebbero state in pegno le azioni Segea a Credit Agricole. E ora c’è da decidere se proseguire nel sostegno all’aeroporto oppure gettare la spugna.

Che equivarrebbe alla chiusura di Sogeap con riconsegna della concessione aeroportuale a Enac che, a quel punto, aprirà un bando per riassegnare lo scalo di Parma al miglior offerente. E c’è già chi paventa che sarà Bologna, ossia l’Aeroporto Marconi Bologna S.p.A. ad aggiudicarselo.

In questo scenario difficile, sempre per fine luglio sono attese le linee guida della Regione, promesse da De Pascale in campagna elettorale, per disegnare un sistema aeroportuale dell’Emilia-Romagna, sempre che non sia troppo tardi per Parma.

Queste le notizie degli ultimi giorni che riportano nuovamente a un passo dalla chiusura l’Aeroporto Verdi.

Speriamo di essere smentiti.

Riflessioni su quanto accaduto negli ultimi vent’anni sembrano quanto mai opportune, anche per attribuire le giuste responsabilità su un aeroporto mai decollato.

FD

Articoli precedenti:

I 96 platani da abbattere. Ritirata la delibera


Aggiornamento di sabato mattina. L’Amministrazione Comunale di Parma ha ritirato la delibera di approvazione del progetto di “ammodernamento” di via Spezia che contemplava il taglio di 96 platani. Questo dopo che in una riunione di maggioranza i consiglieri comunali si sono espressi compattamente contro l’ipotesi di abbattimento. Nel pomeriggio di venerdì erano giunte le posizioni di Alleanza Verdi Sinistra, del coordinamento delle associazioni ambientaliste e di altri soggetti. Ne diamo conto in fondo all’articolo.


Venerdì 27 giugno, ore 11 – “Non sapevamo niente fino a ieri” è il commento scoraggiato dei consiglieri comunali di Parma, specialmente quelli della maggioranza. È possibile che davvero non sapessero nulla del taglio di 96 platani lungo la via Spezia, statale della Cisa, tra Parma e Collecchio?

L’ignoranza appare strana ma si spiega anche facilmente. 
Si tratta della proposta di “ammodernamento”, ossia messa in sicurezza con risezionamento della strada statale 62, posa di guard rail e rifacimento pensiline autobus, con la dotazione di una pista ciclabile nel lato est per congiungere gli abitati di Parma e Collecchio. La proposta è datata ormai 20 anni fa; fu lanciata dall’allora sindaco di Collecchio, Giuseppe Romanini, e però i tempi lunghissimi della pubblica amministrazione (leggi Anas e Provincia di Parma) fanno sì che il provvedimento arrivi adesso all’approvazione dei consigli comunali di Collecchio (mercoledì 24 giugno, approvato) e Parma, in calendario lunedì 30 giugno. 
Rimane tuttavia sorprendente che gli attuali consiglieri comunali di Parma non ne sapessero niente, visto che l’iter risulta avviato nella sua fase definitiva un anno fa, nel 2024.

Peccato che i vari enti, dai Comuni coinvolti alla Provincia, alla Regione, ad Anas, nel dare le loro forme di pubblicità e “trasparenza” si fossero ben guardati dall’annunciare che avrebbero tagliato 96 platani (30 a Parma, 66 a Collecchio), come effetto collaterale della realizzazione della pista ciclabile. C’era scritto, naturalmente, nelle pieghe di un documento di 211 pagine. Ma tutti zitti, finché qualcuno se ne è accorto (Enrico Ottolini, il consigliere comunale di Europa Verde).

A Collecchio, che vedrà la parte più consistente delle modifiche, ed è un po’ il Comune referente di questa modifica infrastrutturale, pare non ne abbiano nemmeno parlato dei platani, in consiglio comunale.


Per capirne qualcosa in più si può vedere la registrazione della seduta della commissione consiliare ambiente di Parma. In specifico dal minuto 40’20” viene spiegato perché si dovranno abbattere i platani e come misura di compensazione si prevedano 1.109 arbusti e 208 alberi. Il problema sarebbe dovuto alla posa della pista ciclabile che obbligherebbe a spostare la carreggiata stradale con posizionamento obbligatorio dei guard rail i quali, però, in corrispondenza dei platani non sarebbero flessibili e… dunque si tagliano gli alberi.

Tratto di pista ciclabile esistente ma inutilizzabile. I platani sull’altro lato sono tra quelli a rischio taglio.

Sui 96 platani da abbattere (poco meno della metà dei 210 che sorgono lungo il lato occidentale della statale Cisa) non sappiamo come andrà a finire. L’ondata di indignazione popolare all’idea di tagliare 96 alberi maestosi è stata ampia e trasversale. L’opposizione sembra che voterà contro, compatta. Il cerino rimarrà alla maggioranza che tra due anni hai voglia a presentarti agli elettori dicendo “abbiamo piantato xxx alberi”. “Sì e i platani su via Spezia, chi li ha tagliati?”.

Stupisce che nell’Amministrazione Comunale di Parma non si colga l’incoerenza del firmare il venerdì un protocollo con il parco nazionale dell’Appennino Tosco emiliano per la cessione di crediti di carbonio e favoleggiando il ruolo necessario degli alberi, per raggiungere la neutralità carbonica al 2030. E il lunedì portare in approvazione una delibera dove, appunto, si tagliano 96 platani.

Ecco, viene da dire che c’è un po’ di autoreferenzialità degli amministratori. 
Dai sindaci agli assessori che sapevano di questi abbattimenti e non li hanno fermati. La maggioranza di centrosinistra è la stessa a Parma e Collecchio e in Provincia. Sembra impossibile che non si parlino tra di loro, che non ci sia una mediazione su questi progetti, su scelte infrastrutturali impattanti e che non ci sia il sentore di quando una cosa sta diventando troppo grossa e decisamente impopolare.


Nel pomeriggio di venerdì 27 giugno riunione di maggioranza a Parma per decidere il da farsi.

Aggiornamento serale: Dopo una lunga riunione della maggioranza che amministra il Comune filtra la notizia che sarebbe stata ritirata la delibera relativa al progetto di “ammodernamento” di via Spezia, e dunque scongiurato il taglio dei platani. Si è in attesa dell’ufficialità da parte dell’Amministrazione Comunale di Parma.

Nel frattempo erano arrivate le prese di posizione di Alleanza Verdi Sinistra e del coordinamento delle associazioni ambientaliste.

L’alternativa per salvare i platani esiste – dichiarano Nicola Dall’Olio, Sara Fallini e Roberto Ranalli di Alleanza Verdi e Sinistra – Ci sono tracciati alternativi migliori, sia per scopi ricreativi che per la mobilità ciclabile verso i luoghi di lavoro, come quello previsto dallo stesso PUMS che passa da Vicofertile e da lì può raggiunge l’area artigianale di Lemignano. Dall’altro lato, a Sud, si può pensare di raccordare la pista ciclabile prevista sull’argine del Baganza, a lato di strada Farnese, con Vigheffio, Stradella e San Martino Sinzano.
L’alternativa progettuale in grado di adeguare Via La Spezia e di salvaguardare i platani si può dunque trovare, basta avere la volontà politica per farlo. Come Alleanza Verdi e Sinistra ci dispiace e sinceramente non capiamo perché l’amministrazione comunale di Collecchio, per altri versi attenta alle questioni ambientali, abbia approvato il progetto ed accettato il taglio di 60 platani nel tratto di competenza
“. Qui il comunicato integrale di AVS.

Siamo pronti a dare battaglia per salvaguardare i 96 platani della via Spezia, statale Cisa, tra Parma e Collecchio” hanno comunicato le associazioni ambientaliste. “Da quando la notizia ha cominciato a circolare ieri le nostre associazioni sono state contattate da tanti cittadini allarmati e questo fa ben comprendere come il valore del filare di platani unisca diversi aspetti: naturale, paesaggistico, culturale, storico”. le Associazioni “chiedono ai sindaci Guerra di Parma e Galli di Collecchio di fermare l’iter in corso, stralciare le delibere dai consigli comunali e rivalutare da zero il progetto“. A firmare le dichiarazioni sono: Legambiente, WWF, Parma Sostenibile, A.D.A., Società Parmense di Scienze Naturali, Enpa, Parma Etica, Sodales Parma, Manifattura urbana, Fiab Parma Bicinsieme, Kilometro Verde Parma. Qui il comunicato stampa.

Nella serata di venerdì è giunta l’ufficialità: il Comune di Parma ha deciso di «ritirare dall’ordine del giorno del consiglio comunale di lunedì la delibera relativa all’ammodernamento della SS62 di via La Spezia tra Collecchio e Parma».

«Avevamo già raggiunto risultati significativi nel confronto con Anas – afferma l’assessore Gianluca Borghicon la riduzione a 12 dei platani da abbattere nel Comune di Parma per i lavori di ristrutturazione, risultati però per noi non ancora sufficienti, stante la previsione complessiva dell’abbattimento di quasi 100 alberi in tutta la tratta interessata dai lavori, tra Parma e Collecchio: alberi monumentali che sono parte imprescindibile del nostro patrimonio storico e paesaggistico».

«Chiederemo quindi a Regione ed Anas di rinviare la prevista Conferenza dei servizi di luglio – fa sapere l’assessore -, così da poter ulteriormente approfondire ogni aspetto relativo alla sostenibilità del futuro tratto urbano della SS62, senza ovviamente tralasciare i fondamentali aspetti legati alla sicurezza di questa fondamentale arteria stradale che riteniamo prioritario riqualificare».

Sulla vicenda è intervenuta anche la consigliera provinciale Federica Di Martino: “Quando nel 2024 ho letto la notizia dei lavori di realizzazione di marciapiedi e pista ciclabile lungo Via Spezia mi sono fatta qualche domanda sul come sarebbero stati realizzati. Tutte le ho pensate ma mai mi è balenato il pensiero che avrebbero potuto abbattere 96 platani (!). Invece nella Commissione Urbanistica del Comune di Parma di mercoledì scorso, dopo che il consigliere Enrico Ottolini di Europa Verde Parma aveva sollevato la questione, gli assessori hanno confermato la previsione di eliminazione di un numero enorme di alberi come da progetto redatto dalla Provincia di Parma per conto di ANAS. Così come i consiglieri comunali di Parma non conoscevano questo aspetto del progetto fino al giorno della Commissione, anch’io da consigliera provinciale non ne sapevo nulla e sono rimasta francamente allibita. Oggi ho presentato una interrogazione al Consiglio Provinciale e conto che nella seduta di lunedì prossimo vengano dati i chiarimenti richiesti, in particolare sugli effetti distorsivi di un tale progetto e sulle alternative possibili“.

Da registrare anche la posizione della sindaca di Collecchio, Maristella Galli, intervenuta dopo il clamore suscitato a Parma e che peraltro minimizza il taglio dei platani. “Tra i nostri obiettivi la sicurezza. Grazie ai “golfi di fermata”, per gli autobus di linea, si tutelano i viaggiatori che scendono e salgono dai bus. Grazie alla realizzazione di rotatorie si metteranno in sicurezza le intersezioni che permetteranno uno scorrimento più fluido del traffico essendo tutti gli ingressi e le uscite in un unico senso di marcia; ciò potrà anche meglio tutelare gli automobilisti che troppo spesso sono vittime di incidenti causati dalla velocità“.

L’ approvazione del progetto “è necessaria per poter attingere e non perdere i finanziamenti statali per il miglioramento della sicurezza stradale del tratto. Durante i numerosi incontri con Anas si sono ottenute notevoli migliorie ma il dibattito non si concluderà in questa fase e l’amministrazione comunale di Collecchio continuerà a perseguire il costante miglioramento del progetto per rispondere alle esigenze dell’utenza, della cittadinanza, delle attività economiche e alla fruibilità, senza dimenticare la sostenibilità ambientale che ci ha portato a ridurre sensibilmente il numero di platani da abbattere“.

Considerato che i platani da abbattere erano 96 su 210, viene da chiedersi se nel progetto preliminare Anas pensasse di toglierli tutti. E ora, invece, si ricomincia da capo e sicuramente gli occhi attenti al progetto di via Spezia / statale Cisa saranno molti più di prima.

Per chiudere, la frase di un vecchio lupo del mare politico a commento di queste 48 ore in cui si è scaravoltato tutto: “Comunque in politica il tempismo è tutto, bastava un niente e quel progetto scivolava via tranquillo”.

Francesco Dradi

Soffochiamo nel traffico. Nel parmense 308mila auto: 2 ogni 3 abitanti


In regola con le emissioni il 76% delle automobili.
I diesel euro 5 a Parma sono quasi 9mila, il 7% del totale auto.

I dibattiti sull’automobile in Italia sono spesso condotti in maniera ideologica. Lo dimostra la recente sollevazione contro il divieto di circolazione, dal prossimo ottobre, per le autovetture alimentate a gasolio con motore euro 5.

Divieto stabilito per decreto (Dl 121 del 12/9/2023) dal governo Meloni e valido per le città sopra i 30mila abitanti nelle regioni padane (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna) ai fini di contrastare l’inquinamento da polveri sottili (pm10) e ossidi di azoto (NOx).

Provvedimento deciso dal governo per rispondere alle infrazioni dei limiti della qualità dell’aria, che comportano sanzioni dall’Unione Europea. Ma ora, in prossimità dell’entrata in vigore del divieto, si scatenano le proteste bipartisan per “poter circolare liberamente” e considerando tale provvedimento vessatorio per i ceti medi e popolari che “non possono spendere” per cambiare l’automobile.

Tutto ciò spesso senza lo straccio di un dato a supporto delle proprie tesi.

E sì che gli open data sono disponibili. Qui.

E noi li siamo andati a consultare, i dati, scoprendo cose interessanti che vi proponiamo con l’avvertenza che i numeri, di per sé, sono asettici. È la correlazione con il contesto, e l’interpretazione che se ne dà, che dovrebbe essere basata su conoscenze scientifiche e su una visione di prospettiva.

Tutta questa premessa per dire che a Parma città le autovetture diesel euro 5 sono 8.993 pari al 7,13% del totale auto (dati 2024). Si tratta dunque di una minoranza, non piccola ma nemmeno cospicua.

Nel resto della provincia (città esclusa) la percentuale è un po’ più alta: 16.838 auto diesel euro 5 pari al 9,25%.

Per completare il quadro va detto che le autovetture immatricolate a Parma città sono 126.072 e che il 51% sono euro 6. Della quota restante di categorie di motore inferiori, quelle già limitate nella circolazione autunno-invernale in quanto euro 0-1-2 sono il 17%.

In fondo all’articolo, per chi volesse approfondire in proprio, alleghiamo le tabelle che abbiamo ricavato dagli open data Aci. Avvertenza: abbiamo rilevato solo i dati relative alle autovetture. Esclusi, camion, motocicli e altro.

Cos’altro evidenziare? Che le auto alimentate a gas (gpl, metano e ibride) sono 25.892 pari al 20,5%, le ibride sono 10.491 (8,3%) e le elettriche 1056 (0,84%).

Sommando questi numeri, e per farla breve, risulta che a Parma 3 auto su 4 sono in regola per le emissioni inquinanti. Significa che un’ampia maggioranza di cittadini, il 76%, è in regola e avrebbe il diritto di chiedere il rispetto delle normative a tutela dell’aria che tutti respiriamo.

Eppure è una maggioranza silenziosa, ad ora non rappresentata da nessuna forza politica. Le voci che si odono difendono con clamore il 7% di diesel euro 5. È un caso curioso di difesa delle minoranze che, di solito, non si verifica. Ma qui, signore e signori, parliamo di automobile – attenzione, non di diritto alla mobilità – ossia di un oggetto status a cui, volenti o nolenti, non si rinuncia.

E ancora una volta ce lo dicono i numeri. Ampliamo lo sguardo a tutta la provincia di Parma: le autovetture immatricolate nel parmense sono 307.990 a fronte di una popolazione di 458.924 residenti (minorenni inclusi). In pratica 2 macchine ogni 3 persone. Esclusi i minorenni la percentuale di autovetture per abitanti sale all’80%.

E ancora più impressionante è il rapporto sempre più stretto, tra persone e automobile, se guardiamo l’andamento degli ultimi dieci anni: la popolazione è cresciuta del 2,3% passando da 445mila a 458mila, con un +13mila. Le autovetture sono passate da 277.816 (dato 2015) a quasi 308mila l’anno scorso: + 30mila auto.

Come si può spiegare questa accoppiata che, estremizzando, significa 1 persona = 2 auto in più?

Intanto guardiamo ai dati della città, che è il traino dell’aumento della popolazione. In dieci anni i dati statistici (rilevati da Provincia e Istat) dicono che a Parma la crescita di residenti è di 11mila: da 190mila a 201mila. Parallelamente le auto in città sono cresciute “solo” di 13.500 unità.

Questo significa che il resto della provincia ha visto un aumento di 2mila abitanti e di 16.500 macchine. Come mai? È un dato che andrebbe indagato e che non si spiega solo con le flotte aziendali. Può voler dire che negli ultimi anni chi vive nei paesi moltiplica il numero di auto, arrivando ad una per ogni familiare?

Domanda aperta.

In tutto questo andamento un altro dato spicca all’osservazione: l’aumento… rallenta. Tra il 2015 e il 2020 erano state immatricolate 19.000 auto in più (di cui 9.000 in città) mentre tra il 2020 e il 2024 sono +11.000 (di cui 4.500 in città). Abbiamo raggiunto la saturazione o qualcosa sta cambiando nei comportamenti di mobilità? O nel reddito a disposizione delle persone?

Altre domande aperte.

Tornando agli euro 5. Si tratta di auto immatricolate tra 15 e 10 anni fa e in fisiologico progressivo calo. In dieci anni le auto diesel euro 5 in provincia di Parma sono diminuite di 12mila unità (di cui 7mila nella sola città).

La deroga per continuare a utilizzare veicoli inquinanti già esiste da un paio d’anni: è il programma Move-In. Una scatola nera misura il chilometraggio e per un utilizzo urbano, di piccoli spostamenti, è risultato adeguato per garantire la circolazione del mezzo fino al raggiungimento del plafond prestabilito (esempio: 8.000 km/anno per diesel euro 4).

Tabelle coi dati, scaricabili:

Francesco Dradi