L’ultimo kebab di Said
di Francesco Dradi
L’ultimo panino kebab, Said Chabbi, l’ha servito che non era ancora mezzanotte. Poi, come fosse un giorno normale, le pulizie e il riordino del locale, il Carpe Diem in via D’Azeglio. Tirata giù la saracinesca, solo alle 2.47 di notte, nascosto dietro l’anonima dicitura “Avviso di cambio gestione” ha postato su facebook uno struggente messaggio di saluto.
Cogliendo tutti, o quasi, di sorpresa.
“Mi sta bollendo il telefono” dice Said quando lo incontro per l’intervista al volo. “Come se fossi un calciatore… Lascio all’apice del successo” scherza per stemperare l’emozione. Un addio è pur sempre un addio.
Said è, era un’istituzione dell’Oltretorrente e di Parma.
Il suo è, era il kebab più buono di Parma. Giusto un giorno fa Parma Today ha messo in fila i 5 migliori locali e Carpe Diem di Said svetta al primo posto, come sottolineato dalla valanga di commenti entusiasti sotto al post nel profilo facebook del giornale.
Il segreto di Said, a parte gli ingredienti sempre di qualità, era di metterci il sorriso e sempre una buona parola con ogni cliente, nessuno escluso. Si mangiava in piedi nel bugigattolo di via D’Azeglio, ma era come accomodarsi a tavola, a casa. Trovavi amici o sconosciuti con cui fare due chiacchiere, Said intratteneva tutti, anche in tre o quattro lingue diverse (italiano, francese, arabo, spagnolo e anche dialetto parmigiano) ed era davvero un melting-pot multiculturale e intergenerazionale, come ce ne sono pochi.
Facendo due rapidi conti, in vent’anni, Said ha sfornato circa 1 milione di panini kebab.
Said è arrivato giovane in Italia, provenendo dall’Algeria. Divenuto cittadino italiano, dopo aver svolto vari lavori, tra cui nel settore panificazione, si era messo in proprio.
Aveva aperto nel 2003 la sua bottega di pizza, kebab, cous cous e falafel. “Carpe Diem” l’aveva voluta chiamare, un motto latino (Afferra il giorno, o cogli l’attimo, traducetelo come preferite) che vuole sottolineare anche adesso che lascia: “È il momento di farlo, la schiena mi dà qualche problema e ho voluto lasciare l’attività in buone mani. Ho trovato due fratelli curdi, che sono bravi, spero la gente li accolga come ha fatto con me”. Said qualche anno fa ebbe un brutto incidente stradale, per fortuna la guarigione è stata completa, ma il fisico presenta il conto e per lui è sempre più faticoso lavorare molte ore sempre in piedi. E si fanno anche altri ragionamenti, dopo vent’anni, c’è voglia di qualcosa di altro. “Mi sono già arrivate offerte di lavoro, ma adesso pausa per un po’, voglio godermi la mia famiglia, i figli che stanno diventando grandi e tra poco prenderanno le loro strade”.
Si schermisce, deve accompagnare una persona che ha difficoltà lavorative in un ufficio pubblico, per vagliare dei documenti. Perché sottotraccia, e non vuole che si dica, Said è anche questo, un punto di riferimento per l’integrazione di tanti maghrebini e non solo. “Aiutiamo gli amici, che Dio ti aiuta”, mi saluta così.
Carpe Diem.
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