Il degrado, la sicurezza, e la fascinazione del manganello

Dall’immortale “Bar Sport” di Stefano Benni: “democristiano, con paurosi sbandamenti fascisti quando le cose vanno male”.

Non trovo frase migliore per descrivere la deriva della comunicazione politica in questa interminabile, infinita campagna elettorale: un profluvio di “degrado” e “sicurezza”, parole e concetti tagliati con l’accetta, usati ad arte per randellare gli avversari, stuzzicare la pancia e la sempiterna fascinazione del manganello, a coprire un siderale vuoto di cultura, idee, progetti.

Anche se non ci sono appuntamenti elettorali imminenti, i toni dei media e della politica sono costantemente da comizio, e il degrado e la sicurezza sono le parole d’ordine più in voga. Quale degrado? Quello degli angoli di strada occupati da facce che non ci piacciono? Quello dei sacchi di spazzatura lasciati in giro da cittadini incivili oltre che da inefficienze del servizio di raccolta? Quello dei giovani che manifestano il loro disagio con comportamenti aggressivi? Sia chiaro, si tratta di problemi concreti, che le istituzioni devono affrontare e risolvere, mentre si rivelano troppo spesso inette e parolaie. Così come non si devono sottovalutare le preoccupazioni suscitate dagli episodi di spaccio, furti, risse e microcriminalità varia.
Ma davvero è tutto qui? Solo questo è degrado? Solo questa è la sicurezza di cui abbiamo bisogno?

Mi sembrano un gravissimo degrado i troppi gusci vuoti di cemento senza senso e senza futuro, orchi grigi che si mangiano pezzi della presunta food valley per soddisfare una bulimia palazzinara che non conosce requie.
Mi fanno sentire insicuro i protagonisti del saccheggio economico, urbanistico, morale e sociale della città, che pontificano senza pudore dall’alto di poltrone sempre nuove.
Vedo il degrado nell’ecatombe dei luoghi storici dove generazioni di parmigiani hanno conosciuto lo sport, abbandonati al loro destino da amministratori imperdonabilmente inadeguati.

Considero degrado della massima gravità il deserto dell’informazione, ormai ridotta a pochissime testate sempre più parziali, dedite a strepiti acchiappaclick, incapaci di uno sguardo laico e moderno, che abbandoni le categorie del XX secolo per aiutare i Cittadini a comprendere una realtà locale e globale in impetuoso cambiamento.
Mi sento insicuro di fronte a una classe dirigente che sembra incapace di futuro, ripiegata su rendite di posizione ereditate dal novecento, priva di una visione che vada oltre il perimetro del prossimo mandato amministrativo o del prossimo ricco appalto da spartire tra i soliti noti.

Forse il vero degrado è aver smesso di sognare una città giusta, verde, inclusiva. Forse la vera insicurezza è sapere che nessuno sta più progettando un domani condiviso, non con slogan, ma con visione, memoria e coraggio. Smettiamo di farci dettare l’agenda da chi sparge paura per spegnere il pensiero e governare con il manganello. È tempo di alzare la testa e riprenderci parole, strade, futuro.

Rolando Cervi

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