Referendum Cittadinanza, festa della nuova Italia al parco Pellegrini
“Giugno all’inizio è un mese ancora sospeso. Si porta dentro l’ultimo ricordo dell’inverno, l’aria che spazzola l’ultima neve delle vette e corre fresca in pianura.
C’è tanta energia e bellezza in questa sera: chissà dove porta, chissà cosa porta”.
Prendiamo a prestito le parole di Andrea Baroni, enologo e scrittore, per calarci nella festa di chiusura della campagna elettorale per il referendum cittadinanza, andata in scena ieri sera (5 giugno) nel parco Vero Pellegrini, nello spazio Avért.
Sembra una festa di fine anno scolastico: allegra e malinconica.
Con tanta gioventù come fosse all’ultimo ballo. Il referendum come un pre-engagement politico.
La sfida di vincere il referendum dell’8 e 9 giugno è tutta in salita: raggiungere il quorum (50%+1 voto, che renderà valido il risultato dello scrutinio, altrimenti nulla) sarà un miracolo. Questa consapevolezza di fondo allontana, anzi non fa proprio apparire, l’ansia e la tensione elettorale. Rimane dunque quel guardarsi e poter dire: pure per poco, e anche se il governo e la Rai hanno silenziato i referendum, abbiamo messo al centro del dibattito, e del pensiero degli italiani, il tema della futura identità nazionale. Questo il punto di merito, al di là del quesito tecnico sulla riduzione dell’attesa da 10 a 5 anni della cittadinanza italiana per le richieste di chi è cittadino straniero.

La festa per il referendum cittadinanza è lo iato palpabile tra la vecchia e la nuova Italia.
I capelli bianchi, che sono largamente prevalenti alle feste di partito e di chiusura campagne elettorali politiche, si contano sulle dita di una mano. Il pubblico (una cinquantina di persone ad ascoltare i relatori, il quadruplo ai tavoli ad abbeverarsi di aperitivi in attesa della chiusura in musica) è quasi tutto giovane di quella indefinitezza dei giovani come sono intesi oggi: dai 20 ai 35 anni.
È l’avanguardia della nuova Italia: molto femminile, colorata, senza appartenenze politiche esplicite e però forse con il limite di essere una crème.
La serata è stata ottimamente organizzata dal comitato promotore di Parma del Referendum Cittadinanza (Joy Olayanju, moderatrice, Maria Letizia Zanoletti, presentatrice, Luca Amadasi, factotum) con ospiti di rilievo nazionale.
Prima di cominciare, uno sguardo a chi c’è della politica locale. Siccome il Comitato chiede di non esporre bandiere di partito, ci adeguiamo e li elenchiamo senza accanto le siglette di partito.
Tra i primi ad arrivare: Victoria Oluboyo, Michele Alinovi, Enrico Ottolini in cargo bike, l’assessore Gianluca Borghi, in bici azzurra fiammante. E poi si vedranno: Antonio Nouvenne, Massimo Pinardi, Sara Fallini e Giulia Nico, Marco Bosi, Leonardo Spadi, Giuseppe Negri. Ci scusiamo se ci fossero stati altri, che non abbiamo visto.
Nel pubblico altre figure di rilievo della vita cittadina: Luca Marola (che sarà omaggiato di un applauso per la sentenza di assoluzione dal processo cannabis light), Giuseppe Iotti (presidente G.I.A.), Niccolò Delsoldato (uno dei direttori di Punto e virgola).
E naturalmente, poiché il suo nome spiccava in locandina, c’è il sindaco Michele Guerra a cui tocca l’apertura, con un discorso motivazionale.
L’arte oratoria del sindaco è sempre efficace anche se si avvertiva un po’ di stanchezza, al termine di una giornata intensa per Guerra, scandita da mille impegni tra cui l’evento conclusivo dell’Assemblea per il Clima, ulteriore tassello del percorso “Parma carbon neutral”, ma questa è un’altra storia, anche se tutto si tiene.
«L’altro giorno ero a un incontro dei corsi serali alla scuola Bodoni – affonda subito il sindaco – un ragazzo, venuto dall’Albania a 3 anni e che oggi ne ha 23, mi ha chiesto “sono qui in Italia da sempre e rimarrò qui, mi sento come voi. Perché non posso ancora esprimere il mio voto?” Questo perché sono lunghissimi i processi per ottenere la cittadinanza. E oggi tanti concittadini di Parma ci chiedono di impegnarci per un loro diritto, ma è un vantaggio per tutti: una società che garantisce più diritti è una società che sta meglio. A Parma sono 35mila i cittadini stranieri residenti e sono pochi quelli da paesi dell’Unione Europea. Sono cittadini che lavorano, fanno impresa, portano risorse e demografia, un tema che deve starci a cuore».
«La città – prosegue Guerra – si sta un pochino sprovincializzando, grazie a tanti cittadini provenienti da tante parti del mondo, la parmigianità arroccata si sta un po’ sgretolando» e scusate ma son parole da rimarcare, queste del primo cittadino.
Sul referendum Guerra parla di «dibattito lunare, surreale», che addita i migranti solo come delinquenti. Senza nascondersi «c’è una quota di devianza, ma se partiamo dal presupposto che è tutto male, noi siamo destinati a spegnerci, come dice la nostra demografia. È un Paese che va spegnendosi. Accanto a questo dibattito assurdo, c’è l’invito al non-voto. Stiamo chiedendo a questo Paese di non informarsi e non dire come la pensa. E, dopo, per forza che starà a casa. Il quorum è difficile. Ma diciamo a tutti di andare a votare: non possiamo rimpiangere di non aver dato tutto quello che abbiamo».
A seguire, moderati da Joy Olayanju, sul palco si sono alternati Livio Cancelliere, avvocato immigrazionista, Antonella Soldo, autrice quesito referendario e coordinatrice campagna, Viktoria Karam, attivista e gestrice dell’account instagram Volti Italiani e Michele Rossi, direttore del Ciac, ente di tutela diritti della popolazione immigrata.

Cancelliere ha spiegato l’oggetto del referendum e il tecnicismo che, se vincesse il sì, ridurrebbe da 10 a 5 anni la possibilità di fare la richiesta di cittadinanza. Spiegando che in realtà i dieci anni sono da intendere come un 10+3 a causa delle procedure burocratiche, dopo la presentazione della domanda.
E fermo restando gli altri requisiti da rispettare richiamati da Soldo: conoscenza della lingua italiana al livello B1, reddito negli ultimi tre anni, fedina penale senza reati. « E guardiamo invece ad alcuni onorevoli che siedono in Parlamento» dice caustica Soldo che attacca senza remore il governo: «Persone che alimentano paure per raccattare voti» con il paradosso che volendo inseguire gli scafisti «nel globo terracqueo» il risultato è che «abbiamo il triplo degli sbarchi da quando sono loro al governo». «Vorrei vivere in un paese più moderno, che non ha paura, che gestisce con razionalità i problemi – spiega Antonella Soldo – se uno stupra è un reato grave, non potrà mai chiedere la cittadinanza. Il referendum è per coloro che vivono e lavorano qui e hanno figli che vanno a scuola. Cinque anni di legale residenza sono più che sufficienti». Infine la coordinatrice nazionale del referendum cittadinanza sottolinea che «abbiamo 230 organizzazioni dai grandi partiti a piccole associazoni che hanno visioni diverse, ma si sono messe insieme su questo tema. Il referendum è una prova di democrazia, chiunque dovrebbe ringraziare perché si faccia».
Viktoria Karam è l’emblema della nuova Italia: «Sono nata a Salerno da genitori brasiliani, mio padre era un giocatore di hockey e hanno deciso di stabilirsi in Italia. Ma io ricevo la cittadinanza italiana solo a 22 anni e mezzo. Per questo ho creato la pagina instagram Volti Italiani, per mostrare la vita reale di ragazze e ragazzi, nati qui o che vogliono diventare italiani. La legge che regolamenta la cittadinanza è ferma da 33 anni, non rispecchia la società di oggi, che è molto più integrata di allora. Il referendum è il primo passo per affrontare il tema e discutere di ius soli e ius scholae. La pagina instagram ha lo scopo anche di contrastare tante fake news, come ad esempio il fatto che la Germania rilasci meno provvedimenti di cittadinanza dell’Italia. Il punto è che se nasci in Germania, dopo 5 anni la cittadinanza è automatica».
«Da come si definisce la comunità dei cittadini si definisce l’identità del Paese – dice Michele Rossi – Questo referendum è un momento di riflessione profonda. È un minimo atto di giustizia, ma anche un atto politico verso chi ha scelto l’Italia, studiando e lavorando, e ora continuare a privare queste persone della partecipazione non è solo ingiustizia, è una feroce manipolazione del tempo di vita. Questo referendum ci fa ragionare su come la Pubblica Amministrazione manipola il tempo delle persone, spesso ricattando i tempi di vita e in questo c’è una saldatura con i temi dei referendum del lavoro».
Rossi fa degli esempi concreti: «In Italia non c’è una politica per entrare legalmente. L’immigrazione è forzatamente illegale e l’unico modo per regolarizzarsi è la domanda di asilo politico, che sta diventando oggetto di una campagna furibonda. Questi sono i tempi di attesa per domanda di asilo a Parma: 5 mesi per arrivare agli sportelli, 13 mesi per l’esame della domanda, e poi fino a 12 per risposta. Sono quasi 3 anni di vita, senza legittimità giuridica, il che vuol dire spesso tre anni di lavoro nero e sfruttamento abitativo e anche criminale. Questo referendum ci pone di fronte a questi temi».
E Rossi lascia una postilla sulla casa: «Se fino a qualche anno fa la situazione era difficile, oggi per un immigrato non è più possibile trovarla, c’è un razzismo sociale».
Questa sera ore 21 appuntamento al parco Bizzozero per la festa di chiusura del Comitato cittadino per i 5 Sì ai Referendum.
Lunedì scorso, per i referendum sul lavoro, c’è stato in piazza Garibaldi il comizio di Maurizio Landini, segretario nazionale Cgil.
Chi vuole approfondire può rivedere le puntate del nostro podcast Parma Parallela Live in cui abbiamo parlato dei referendum, ospitando Joy Olayanju e Maria Letizia Zanoletti del comitato promotore referendum cittadinanza e Matteo Rampini del comitato dei 4 referendum sul lavoro.


Francesco Dradi
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!