Quale scempio, ponte tra lo spreco e l’assurdo!
Caro diario
Spesso il mio spirito ha un tremito, mirando un’opera dalla guisa di insaccato che giace lungo il corso del mio amato torrente, e che non ha nemmeno un nome, vien detta “Ponte Nord”. Ah, e io che credevo che i ponti servissero a collegare luoghi, persone, idee! Ma qui, a quanto pare, il solo collegamento è quello tra spreco ben impacchettato e regno dell’assurdo.
Mi raccontano che questo bislacco tubo metallico, i cui bagliori offendono gli occhi da lontano, fu progettato in tempi recenti e nefasti farneticando di farne una “struttura abitabile”! Sventuratamente i manigoldi obliarono di dirci da chi, e per fare cosa.
E dopo una manciata di lustri, eccolo lì: simulacro di potere e ingordigia, monumento all’inutilità, boudoir di vanità malate. Negli ultimi giorni poi taluno, incurante di coprirsi di ridicolo, pare abbia osato accostare questo grottesco artefatto alla Tour Eiffel. La Tour Eiffel! Quel prodigio d’ingegno e audacia, che svetta sulla Ville Lumière come emblema di un’epoca e d’una nazione, paragonato a un salsiccione metallico abbandonato: entrambi sono oggetti originali, certo, ma l’uno è simbolo d’un sogno ardito, l’altro d’un incubo indigesto.
Mi domando con quale improntitudine si possa tentare di giustificare cotanto scempio estetico, al quale non ravviso eguali alla mia epoca. Da Duchessa, volli opere che migliorassero la vita, decorassero la città e nobilitassero lo spirito. Questo ponte, invece, è un palco senza attori sul quale ogni giorno va in scena una farsa.
E ora mi giunge novella che il Comune, in uno slancio di speranza mista a disperazione, ha indetto un bando per cercare chi, bontà sua, voglia utilizzare il ponte, come si lancia un fazzoletto dal balcone sperando che qualche cavaliere lo raccolga. Chi risponderà? artisti della rassegnazione, trapezisti dell’assurdo o illusionisti del danaro pubblico?
Quanto a me, resto in ascolto dai miei salotti celesti, dove l’inutilità non trova posto — ché qui persino le nuvole sanno dove andare. E attendendo che a codesto Ponte Nord possa un giorno trovarsi un senso, una funzione, un’anima o almeno un nome… mi farò portare un ventaglio più grande, ché quello attuale non basta più a lenire il mio sbigottimento.
Maria Luigia d’Asburgo Lorena
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