Nuova crisi in Gazzetta? Chiesti 9 prepensionamenti

Un nuovo stato di crisi aziendale si profila alla Gazzetta di Parma. La direzione del personale ha prospettato 9 prepensionamenti di giornalisti, previa ammissione alla cassa integrazione (cigs), dal prossimo autunno.

I prepensionamenti sono stati proposti su base volontaria, a differenza di quanto accaduto nel 2023. A quanto ci risulta 2 giornalisti avrebbero già declinato “l’offerta” preferendo rimanere al lavoro.

Non esiste ancora un piano vero e proprio da parte della società editrice: queste richieste di prepensionamento su base volontaria sono state formulate per testare le risposte dal corpo redazionale. In base ai numeri di adesione la proprietà deciderà se procedere con un accordo soft oppure imponendo un aut aut come, appunto, nell’autunno 2023 quando furono 5 i giornalisti “costretti” alle dimissioni, dopo una cassa integrazione a rotazione tra tutti. Gli esuberi dovevano essere 6 ma dopo la cigs una giornalista si impuntò per rimanere in servizio.

Un approccio morbido, dunque, per evitare il riacutizzarsi delle tensioni dei mesi primaverili culminate nello sciopero che fece mancare il giornale dalle edicole il 12 e 13 aprile scorsi. Quell’astensione dal lavoro fu provocata da un irrigidimento delle parti a seguito della mancata sostituzione di una giornalista dimissionaria che ha optato per la libera professione. A seguito dello sciopero l’azienda ha fatto parziale retromarcia assumendo a tempo determinato un giovane giornalista, il cui contratto terminerà a fine settembre.

Il Cdr (comitato di redazione, ossia la rsu dei giornalisti, detta un po’ sbrigativamente) ha chiesto la stabilizzazione di questa unità lavorativa. Ad oggi la redazione della Gazzetta si avvale di 30 redattori più il direttore (tre giornalisti in meno dopo la crisi del 2023).

Si capisce che 9 prepensionamenti su 30 vuol dire incidere a fondo sulla tenuta del giornale. Per questo motivo il Cdr, sempre informalmente in questa fase, ha fatto presente all’azienda che vuole la sostituzione uno su uno, ossia l’assunzione di un giovane giornalista per ogni redattore prepensionato per poter garantire il prodotto giornale con l’attuale foliazione di 40 pagine, tre/quattro inserti settimanali e, in più, l’aggiornamento del sito web.

Va detto che la normativa dà la possibilità, alle società editrici di giornali in crisi, di limitare a 1 nuovo ingresso ogni 3 esuberi prepensionati.

Ma chi andrebbe in pensione? Si tratta dei redattori e redattrici più longevi, ovviamente, ma non tutti poiché occorre che i giornalisti abbiano maturato almeno 25 anni e 5 mesi di contributi e un’età non inferiore di cinque anni rispetto al requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia. Tradotto: 62 anni. Il traguardo d’età però può essere raggiunto anche con un lungo periodo di cassa integrazione. L’obbligo di legge è di “passare” in Cigs almeno tre mesi, ma questo periodo può essere prolungato fino a due anni. Significa che chi ha 60 anni ed è stato assunto prima dei 35 anni può essere “dimissionato” dal giornale.

La Cigs e soprattutto lo “scivolo” fino alla pensione di vecchiaia, ossia l’integrazione salariale e contributiva, che può durare fino a cinque anni, è a carico dell’Inps. In pratica la crisi di un’azienda privata viene scaricata sullo Stato, ossia sulla collettività.

Ma davvero va così male la Gazzetta di Parma? Gli ultimi dati Ads (accertamenti diffusione stampa) disponibili per il maggio 2025 riportano un dato di vendite individuali pari a 17.549 copie (di cui 15mila cartacee e le altre digitali). Nel 2023, ultimo dato certificato disponibile, il venduto individuale era 19.513 (di cui 17mila cartacee).

Va detto che tutti i giornali italiani sono in difficoltà e alla ricerca di nuovi modelli di business che stentano ad essere trovati.

Come noto sui conti della società Gazzettadiparma srl “pesa” il prelievo di capitale, pari a 8,3 milioni effettuato nel 2019 dall’Unione Parmense Industriali nel 2019 come operazione infragruppo per sostenere Sogeap, gestrice dell’aeroporto “Verdi”. In seguito l’UPI per un prestito di 5 milioni, sempre destinato all’aeroporto, ha dato in pegno a Emil Banca BCC (e non a Crédit Agricole come da noi scritto erroneamente in altro articolo, ndr) azioni del controvalore corrispondente di Gazzettadiparma srl, quale garanzia.

(dra.fra.)

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