Come far odiare l’energia rinnovabile
Infuocata assemblea al rione Colombo, contro un campo fotovoltaico
Le energie da fonti rinnovabili saranno la soluzione che, prima o poi, archivierà i combustibili fossili e permetterà di ridurre l’emissione di gas serra e dunque contenere il riscaldamento globale, sul lungo periodo.
E come mai, allora, i cittadini all’assemblea nel quartiere Colombo, erano tutti inviperiti?
Perché il modo in cui sta planando sul territorio il fotovoltaico, a botte di 10 e più megawatt su terreni agricoli, senza alcun rispetto di pianificazione, di contesto paesaggistico e di distanze verso le abitazioni, sta inducendo nei cittadini l’effetto contrario a quello auspicato. Questo problema avviene in Italia, e non in altri Paesi naturalmente. Il Decreto Energia (dlgs 199/2021) è stato calato dall’alto per facilitare la diffusione delle fonti rinnovabili, da parte di quello che era ritenuto il “governo dei migliori”, ossia il governo Draghi, e però ha fatto strame di qualsiasi partecipazione non solo dei cittadini ma anche degli enti locali e le regioni, che si vedono piovere sulla testa questi mega-impianti senza poter eccepire quasi nulla. E la recente sentenza del Tar del Lazio ha riportato l’individuazione delle cosidette “aree idonee” in capo al governo.
Ricordiamoci peraltro che il ministro dell’ambiente e della transizione energetica in quel governo era il controverso Roberto Cingolani, non certo un ambientalista e che oggi è amministratore delegato di Leonardo (ex Finmeccanica) che si occupa di difesa e aerospazio.
Questo pregresso si riverbera oggi nell’inazione del governo Meloni che sulla questione non interviene nonostante montino polemiche da ogni dove. La situazione in Emilia-Romagna è ben spiegata in questo articolo del settimanale Internazionale. Senza tralasciare che l’obiettivo per la nostra regione è di 6,3 GW di rinnovabili da installare, il che significa che da qualche parte andranno pur messe. Al momento, l’Emilia-Romagna ha già installato circa 1,5 GW e ha 1 GW autorizzato, con altri 1,3 GW in attesa di valutazione. Mancano dunque 2,6 GW.
La situazione a Parma è andata in scena in un orripilante – a detta di chi vi ha partecipato – presentazione dibattito in via Benedetta nel rione Colombo (quartiere San Leonardo) martedì sera.
I residenti della zona si sono scagliati, con toni molto accesi, contro Paolo Pesaresi, ceo della CRV39 srl che fa parte del gruppo Chiron Energy e contro l’ingegnere Massimo Gaggiotti, responsabile autorizzazioni e conformità della medesima società. Non molto meglio è andata agli assessori Vernizzi e Borghi che hanno alzato le mani, dichiarando di non poter intervenire nel procedimento ma casomai mediare con la società energetica.
Peraltro i giochi sono quasi fatti, manca solo un passaggio in conferenza dei servizi aperta da Arpae per verificare l’impatto ambientale ma su aspetti tutto sommato marginali. Potrebbe esserci il tema dell’invarianza idraulica, ma dipende come sarà realizzato l’impianto.

La superficie interessata è di 14 ettari, ricompresa tra via Benedetta, via Setti, via Rocchi e la ferrovia (interconnessione all’alta velocità) come si può vedere nella mappa. I pannelli fotovoltaici copriranno 4 ettari, il 32% della superficie, rispettando la normativa, per un potenza pari a 11,2 MW che saranno realizzati in due stralci da 5,57 MW. Al centro sorgeranno 8 cabine di trasformazione incassate e un elettrodotto interrato collegherà alla rete. Non è chiaro – dalle informazioni raccolte – se i pannelli saranno ancorati a terra con palificazione leggera e rimovibile o se il supporto sarà cementificato.
I motivi di sollevazione popolare stanno in vari fattori. Primo, la mancata trasparenza della società che ha accettato di presentare il progetto solo dopo che, tramite accesso agli atti, il Comitato Rione Colombo ne aveva scoperto l’esistenza. Secondo, il brusco impatto con l’idea della scomparsa dalla vista di via Benedetta, l’asse portante del quartiere, del prato stabile. I pannelli sorgeranno a dieci metri dalla strada e saranno schermati da una siepe. Sicuramente non si vedranno, tranne che dai piani alti, tuttavia il paesaggio cambia inevitabilmente.
Terzo, un pregiudizio negativo verso queste installazioni che si vedono e, squadrate e con vetri scuri rilucenti, non sono considerate belle – come si vedono le antenne di telefonia, mentre ad esempio le polveri sottili, che provocano danni ai polmoni, sono invisibili – e non c’è niente da fare: per come risponde il nostro cervello agli stimoli vale il proverbio “occhio non vede, cuore non duole”.
Quarto è la sfiducia complessiva nel sistema, in cui il cittadino si sente trattato come suddito: anche se benevoli si tratta di impianti che a causa delle loro dimensioni cambiano la dinamica dei territori e però nessuno ha strumenti per opporsi o quantomeno per chiedere varianti al progetto, per mitigarne gli effetti (laddove vi sono) e farsi un’idea ragionata e compiuta su costi e benefici.
C’è poi il quinto aspetto, quello economico. L’impressione è che queste società (la Chiron è marchigiana, mentre un altro campo fotovoltaico previsto ad Alberi di Vigatto fa capo a una multinazionale spagnola e un terzo impianto è previsto nella zona di Botteghino-Porporano) facciano grandi speculazioni economiche. Nessuno nega il diritto al profitto, ma le cifre che girano sono enormi e diventano fastidiose per un ceto medio che fatica ad arrivare alla fine del mese e che, in questo contesto, teme tra le altre cose una diminuzione del valore immobiliare di case comprate con mutuo e sacrifici. Mentre i terreni agricoli su cui installare il fotovoltaico vengono comprati a prezzi fuori mercato, e qualcuno che vende alla fine si trova.
Più facile sembra essere stata l’acquisizione del terreno di via Benedetta da parte della Chiron Energy. Lì, col vecchio Prg, era prevista una espansione residenziale con palazzi alti 5 piani (se i ricordi son corretti) ma poi la crisi del 2007 ha portato alla cancellazione di quella previsione edificatoria, la riconversione ad agricolo e il fallimento della società proprietaria dei terreni, quindi rilevati a poco prezzo dalla Chiron (notizia attendibile ma non compiutamente riscontrata, ndr).
Ultima postilla, per il cortocircuito del mondo ambientalista: sostenitori delle energie rinnovabili ma altrettanto difensori del suolo e del paesaggio. Un binomio difficile, dato che tutti vorrebbero i pannelli fotovoltaici sul tetto, o sulle pensiline a coprire i parcheggi assolati, o il recupero di aree dismesse e degradate (vedi Spip 3) ma i costi e la normativa facilitano “troppo” la posa su terreni agricoli “vergini” rispetto ad altre soluzioni più virtuose.
Redazione
A completamento, va detto che per correggere la corsa al consumo di suolo agricolo, lo scorso anno fu emanata la legge 101 del 13 lug 2024 che impone lo stop all installazione di pannelli fotovoltaici su terreni agricoli.
Purtroppo la gabola per perpetuate Lo scempio e’la conversione da parte dei comuni, dei terreni da agricolo ad altra destinazione.
Non esiste poi la contrapposizione consumo suolo e energie pulite, occorre utilizzare i tetti dei tanti poli logistici o industriali e le aree non coltivabili.
Quindi non cavilliamo, il suolo è un bene pubblico e gravemente attaccato, la ns regione è terza in Italia per consumo di suolo, pur avendo una apposita legge, come sempre aggirata.
I due assessori presenti, tra cui De Vanna, hanno fatto i Ponzio Pilato, come sempre fa il PD ondivago ed opportunista, ma mai popolare.
Condivido totalmente la postilla, e noto anche una totale assenza dei nostri amministratori di Parma nel guidare la transizione alle rinnovabili: il privato progetta ed il pubblic, al massimo, informa a cose quasi fatte: non ci siamo !
Oltre che parlarne su Parma Parallela, cosa possiamo fare per invertire questo andazzo ?