Il Teatro Due prova a ricomporre la frattura col pubblico

Incontro carico di tensione. Dura posizione della Casa delle Donne assieme a molte compagnie teatrali.

Alle nove di sera, dopo due ore di confronto, scontro più che incontro, al Teatro Due l’aria è più pesante che mai. La distanza tra i vertici teatrali (cda e direttrice) e il pubblico anziché accorciarsi si è ampliata. È a quel punto che Simona Caselli (componente del cda e dal lungo cursus honorum nella cooperazione e in politica, a sinistra) interviene di “cuore” e salva la situazione in corner.

Con un “coup de théâtre» modifica la linea difensiva tenuta fino a quel momento dal cda di Fondazione Teatro Due: ammette che si sono sbagliate parole e atteggiamenti nel comunicato del 6 dicembre, quello in cui il cda ha annunciato il ricorso avverso la sentenza del tribunale del lavoro. Fa chiarezza finalmente su quanto è in gioco ora, ossia il futuro del Teatro Due. E prova a dire come se ne esce dalla vicenda delle molestie e violenze sessuali commesse dal regista “innominato” che ha visto la condanna in solido del teatro, per non aver vigilato.

Caselli parla in modo spiano, parla forse fin troppo e con linguaggio colorito, ma c’è un rapporto col pubblico da ricucire e sembra essere l’unica ad averlo compreso a fondo, concludendo dice «Almeno non andate via col bicchiere vuoto, ma mezzo pieno» ed è quella la sensazione, in effetti. Per riempire l’altra metà, servirà molto di più dell’empatia. E non è detto che gli uomini, e le donne, al vertice siano adatti per tutte le stagioni. Anzi, proprio questo è il messaggio venuto dalla platea: è ora di cambiare qualcosa, altrimenti rimarrete soli.

In queste righe proviamo a dare un sunto del clima e delle novità emerse in due ore intense, vibranti e glaciali.

Le scuse

L’incontro pubblico “per fare alcune riflessioni attorno a quanto si sta dibattendo in questi giorni su procedimenti giudiziari e sulla posizione di Teatro Due” gira col passaparola nelle chat. Si tiene nella sala grande, folta partecipazione ma le prime file rimangono vuote. Per due terzi è un pubblico femminile, intergenerazionale. I vertici del Teatro siedono sotto il palco, di fronte alla platea. (È notizia di stamane che è venuto a mancare Roberto Delsignore, esponente di lungo corso nel cda).

Apre Giacomo Giuntini (staff del teatro, responsabile ufficio regia) che legge la posizione ufficiale. Subito le scuse. «Il Teatro è vicino ed esprime solidarietà a tutte le vittime, a chi ha denunciato e chi ancora non l’ha fatto». Parole importanti ma che non distendono gli animi. Le scuse alle attrici che hanno denunciato molestie e violenze verranno pronunciate anche da direttrice e presidente. Inevitabili, dovute e però tardive.

Non sapevamo

«Tutti sapevano, si era sempre detto… No, io non sapevo» dichiara il presidente di Fondazione Teatro Due, Oberdan Forlenza. «Non sapevamo» hanno ribadito Giuntini e Paola Donati, la direttrice in carica da oltre vent’anni e in scadenza di contratto nel 2026. Anche Paolo Bocelli, socio fondatore della compagnia del Collettivo, intervenendo dal pubblico dirà «Mi autoaccuso, non avevo valutato bene certi atteggiamenti» del regista «ma non ero a conoscenza» di molestie e violenze.

Il “non sapevamo” è il terreno più scivoloso. È vero, nessuna denuncia è agli atti ma da quando è stata data evidenza pubblica alla sentenza le voci si rincorrono in città sul libertinaggio del regista, con aneddoti e circostanze. D’altronde nella prima sentenza, quella di luglio 2024, il giudice Moresco, mette in fila sette donne che testimoniano di aver subito molestie e violenze sessuali dal regista. Possibile che, seppur senza denunciare, tutte siano state zitte anche nel ristretto ambito teatrale? È su questo discrimine che si gioca la credibilità e la reputazione del Teatro Due e di chi ci lavora come Donati: «sono entrata in teatro nel 1981, avevo 19 anni, oggi ne ho 63». Donati ripercorre il suo percorso, leggendo da un foglio un discorso a volte criptico, riferendosi al regista dice «Non è solo un tradimento di valori, ma di una vita», poi prova ad allargare «in altri teatri europei ci sono vicende anche peggiori» illustrando il caso del Théatre du Soleil, e soffre parlando degli ultimi cinque anni , «due volte sono stata interrogata in tribunale», ribadisce «io non ho capito». Viene applaudita, Donati, da una parte della platea. Ma non creduta dalla parte che rimane silenziosa.

Dopo, rispondendo al pubblico, la direttrice dirà che è vero che il regista rimaneva in teatro fino a tarda notte, per le prove «ma non obbligava nessuna attrice a fermarsi». In questo passaggio Donati ignora l’abuso di potere esercitato dal regista: certo che non c’era obbligo formale, ma sostanziale sì. Nella sentenza si riporta che durante il corso di alta formazione il regista sbottò “se lo decido io tu non metti più piede in nessun teatro d’Italia“. Come fa una giovane attrice a sottrarsi alla richiesta di un regista affermato di fermarsi oltre l’orario, anche se rimani da sola con lui? È questo lo scollamento palese che il pubblico “sente” verso la direzione.

Teatri contro il Due

La battaglia per far luce su quanto accaduto e chiedere un cambiamento se la è intestata la Casa delle Donne. «Qualcuno si chiedeva dove fossero le femministe? Eccoci» dice Terry Portesani, portavoce che si alza dal pubblico e legge la posizione del movimento di protesta (potete leggerla qui integralmente) «perché pretendiamo che il cda del teatro si assuma la responsabilità di quanto accaduto al suo interno, senza cercare di modificare una realtà cristallizzata dalle sentenze, senza autoassolversi e agisca di conseguenza a partire dalle dimissioni della direzione». Al di là delle dichiarazioni contano, più che mai, le numerose firme in calce alla dichiarazione dove oltre a Casa delle Donne e Centro Antiviolenza e altre associazioni spiccano i nomi di compagnie e teatri locali: Festina Lente, Giolli, Lenz Fondazione, Loft, Micro Macro, Progetti&Teatro, Teatro del Cerchio, Teatro Necessario, ZonaFranca.

È il segno tangibile della frattura tra il Teatro Due e il territorio. In sala ad ascoltare ci sono anche i politici, i consiglieri comunali Priamo Bocchi (FDI) e Serena Brandini (Azione), poi faranno capolino anche il sindaco Michele Guerra e il vicesindaco Lorenzo Lavagetto. Si intrattengono un po’, derogando dal consiglio comunale in corso, in cui si discute il bilancio.

La guerra di date

Dopo qualche intervento dal pubblico, tra cui Bocelli che invita a “finirla qui” ritirando il ricorso, per poter andare avanti, prende la parola il presidente Forlenza (in cda dal 2016, riconfermato presidente il 4 agosto 2021, è magistrato al Consiglio di Stato) e ripercorre i fatti insistendo molto sul fatto che il 16 luglio 2021, due giorni dopo aver ricevuto la segnalazione dall’ avvocata dell’associazione Amleta, fu «il sottoscritto» a denunciare in Procura la situazione. Nello stesso giorno «si chiedono e ottengono le dimissioni di quella persona» e si interrompe ogni rapporto. «Arriva poi una lettera del suo avvocato che nega e dice che erano tutte calunnie. Avremmo potuto aspettare le sentenze, chi avrebbe potuto contestare il cda per una posizione di attesa? Interrompere i rapporti significava accettare il rischio di essere screditati, ma noi abbiamo creduto alle vittime». «Nessun perdono per chi fa questi atti» sottolinea Forlenza. La Casa delle Donne peraltro rimarca che la posizione del Teatro Due era in qualche modo dovuta, di fronte a una diffida, seguente alla prima denuncia in Procura depositata nel marzo 2021 da Amleta. Nel dibattito si è proseguito a dar spazio alle date dei vari passaggi, in modo anche un po’ stucchevole, guardando al passato.

Il ricorso

Quel che conta ora, e che stride per l’opinione pubblica, è il ricorso fatto dal Teatro avverso la sentenza. “Per quale motivo?” domanda una signora dal pubblico dando voce a tutt*. «La sentenza dice che è la persona autore dell’illecito. Il Teatro, ai sensi dell’articolo 2087, avrebbe dovuto vigilare e predisporre le cautele necessarie. Non siamo d’accordo su questo punto, la non predisposizione delle cautele» taglia corto Forlenza, senza spiegare i motivi del dissenso, lasciando arguire che loro avevano fatto tutto il possibile.

I danni

Il dibattito si infiamma, va avanti a botte e risposte. Dal pubblico si ricorda che gli attuali frequentanti il corso di alta formazione “Casa degli artisti” sono entrati in sciopero; molte persone sono sconcertate dal tono delle risposte, oltre che dalle argomentazioni. Elisabetta Salvini, presidente della Casa delle Donne condenserà in una frase il risentimento: «Noi vogliamo bene a questo teatro e vogliamo tornarci, ma perché non avete detto niente finora? Serve un’assunzione di responsabilità».

In qualche modo le dà ragione Simona Caselli «Sono d’accordo è un’occasione in parte perduta, ma rifaremo gli incontri. Anche questo è servito e dobbiamo rielaborare». Nel merito: «Io sono furiosa per il tradimento del regista, che artisticamente stimavo. Per me è stato uno shock totale. Sono io che ho sostituito l’innominato nel consiglio d’amministrazione». En passant Caselli ricorda che la carica è onorifica, non retribuita. «Potevo rifiutarmi ma ho deciso di entrare perché nel 2021 da poco avevamo perso Gigi Dall’Aglio, per il covid» e con la cacciata del regista «perdevamo un altro pilastro artistico» un doppio colpo durissimo «ma sono entrata perché questo teatro ha scelto da che parte stare, ha creduto alle donne», le attrici vittime, mentre «arrivavano lettere dagli avvocati che minacciavano azioni di responsabilità» per aver dimissionato il regista.

«In quel momento il teatro rischiava di morire» dice appassionata Caselli e tuttora il futuro è a rischio, perché «dipendiamo dai finanziamenti pubblici» e questa vicenda complica maledettamente le cose. Senza contare «il danno esagerato, in termini di milioni, che subiamo per non poter più utilizzare il repertorio di quella persona».

Caselli è inviperita: «Lui scampa il penale (in divers* hanno sottolineato che per questi reati il termine di querela sia limitato a un anno, e andrebbe modificato, ndr) ma non può farla franca così. Ha provocato un danno morale e di immagine enorme. Lui si è dichiarato nullatenente ma noi siamo obbligati a rivalerci su di lui e lo faremo». «In questi quattro anni il Teatro ha funzionato, ora si tratta di ricostruire la fiducia con la città».

Francesco Dradi

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