Cosa stride della posizione del Teatro Due a confronto con la sentenza del Tribunale del lavoro

Sabato scorso la Fondazione Teatro Due ha emesso un comunicato stampa in merito alla sentenza di condanna, in solido col regista reo di molestie e violenze sessuali su due attrici, emessa dal Tribunale del Lavoro di Parma. In questo comunicato i vertici del Teatro Due rigettano le motivazioni di condanna e annunciano ricorso in appello. Tuttavia, sia nell’immediatezza (come già scritto da Parma Parallela, il comunicato è stato diffuso mentre era in corso l’iniziativa “Rompere il silenzio” alla Casa delle Donne facendo calare il gelo sui presenti) sia ad una attenta rilettura sono emerse delle forti perplessità.

Abbiamo così esercitato una parafrasi critica, confrontando il testo del comunicato del Teatro Due con la sentenza e con l’attinenza a date e fatti. Si tratta di un’analisi critica giornalistica, senza nessuna pretesa di sostituirsi alla magistratura, svolta al servizio di lettrici e lettori per dare elementi di discernimento di una vicenda che continua a far discutere in città. Non entriamo nel balletto di “dimissioni sì, dimissioni no” della direttrice del Teatro Due, Paola Donati. Al proposito esprimiamo il massimo garantismo, tuttavia va rimarcato che sono già tre le sentenze di condanna della direzione del teatro, le prime due passate in giudicato; sulla terza, che ordina il risarcimento alle vittime, ci sarà l’appello.

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Parafrasi del comunicato di Fondazione Teatro Due

Comunicato stampa Fondazione Teatro DueSentenza del Tribunale del Lavoro
(estrapoliamo stralci delle sentenze in relazione alle contestazioni mosse dal Teatro)
Annotazioni giornalistiche
redazione Parma Parallela

Fondazione Teatro Due appella la sentenza del Tribunale del Lavoro di Parma.
Il regista ha agito di nascosto, fuori dai luoghi del Teatro e la prima denuncia in Procura è stata quella della Fondazione. Il CdA conferma piena fiducia a lavoratrici, lavoratori e direzione

Le sentenze a riguardo della vicenda delle molestie e violenza sessuale commesse dal regista sono già tre.
Una sentenza di primo grado, su ricorso della consigliera di parità della Regione Emilia-Romagna, del 25 giugno 2024 (Tribunale di Parma, sottosezione Lavoro, giudice Moresco) e una della Corte d’ Appello di Bologna del 28 febbraio 2025. Entrambe di condanna del Teatro Due, e passate in giudicato.
La terza sentenza, sempre per gli stessi fatti ma con ricorso presentato dalle vittime, è del 24 settembre 2025. Tutte le sentenze condannano il regista e il teatro.

Nessuna solidarietà viene espressa dal CdA della Fondazione Teatro Due verso le due attrici Ombrato e Stecchetti, vittime delle molestie e delle violenze del regista, a prescindere che siano avvenute anche in teatro, come denunciato dalle stesse e riconosciuto nelle sentenze.

Il Consiglio di Amministrazione della Fondazione Teatro Due, riunitosi venerdì 5 dicembre, ha preso atto della discussione che si sta articolando attorno alla sentenza non definitiva del Tribunale del Lavoro che ha interessato un regista da anni ormai esterno all’organizzazione e la Fondazione stessa.

Benché la sentenza sia del 24 settembre e la conferenza stampa delle associazioni D-Differenza Donna e Amleta sia del 24 novembre, il Cda ritiene di riunirsi solo il 5 dicembre per discutere della vicenda.
Curiosa coincidenza il comunicato stampa esce il giorno dopo, nel corso di svolgimento dell’iniziativa “Rompere il silenzio” della Casa delle Donne alla presenza delle attrici Ombrato e Stecchetti. Forse per depotenziarne gli effetti mediatici?

Il CdA ha rilevato che l’interpretazione degli aspetti fattuali della sentenza – sulla quale ha finora tenuto il riserbo in esecuzione dell’ordine del Giudice, ma divulgata da altri – proposta negli ultimi giorni presenta importanti lacune. A tutela della buona reputazione delle lavoratrici e dei lavoratori del Teatro, della direzione e della governance, il CdA ha ritenuto di assumere una posizione ufficiale e pubblica con la quale chiarire diversi aspetti e così indurre a riflettere ed evitare letture strumentali e fuorvianti in riferimento alle questioni che riguardano il Teatro.

Il Tribunale di Parma – Sezione Lavoro, in persona del Giudice dott.ssa Ilaria Zampieri,
definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe indicata, disattesa o assorbita ogni
contraria istanza, eccezione e difesa, così provvede:
1. Accerta e dichiara la responsabilità civile (dei convenuti) per le condotte illecite (molestie di contenuto sessuale) poste in essere ai
danni di (prima vittima). 2. Accerta e dichiara la responsabilità civile (dei convenuti) per le condotte illecite (violenze sessuali e private e molestie di contenuto
sessuale) poste in essere ai danni di (seconda vittima).
3. Condanna in solido tra loro al pagamento (…)

Innanzitutto, si respingono integralmente le accuse di connivenza rispetto ai comportamenti violenti del soggetto. Alla luce di quanto risulta dalla sentenza, il regista si è reso responsabile di comportamenti gravi, inaccettabili e contrari ai valori cui si ispira l’impegno della Fondazione. Pertanto, è deprecabile che una questione così importante come quella della lotta alle discriminazioni e alla violenza di genere, che è centrale per la Fondazione fin dalla sua creazione, si sia trasformata in un attacco politico e mediatico.
In questo contesto, il CdA è solidale e conferma piena fiducia alle lavoratrici e ai lavoratori del Teatro e alla sua direzione.

2.4.2 Parimenti responsabile per i gravi fatti dei quali si è dato conto, sia pur per un titolo differente, è la convenuta, la quale ha omesso di vigilare, e, dunque, di apprestare le misure necessarie al fine di scongiurare la realizzazione, da parte di un soggetto in posizione apicale nell’organizzazione della medesima – quale regista, docente e consigliere di amministrazione – di tali, reiterate e sistematiche, condotte, apertamente discriminatorie nei confronti delle aspiranti attrici e registe di sesso femminile.
Non risultano, invero, decisive le argomentazioni difensive svolte, sul punto, dalla convenuta e dirette a dimostrare l’assenza di consapevolezza, in capo ai vertici della in ordine alla situazione venutasi a creare;

come questo Giudice ritiene, l’illecito debba essere addebitato all’Ente, quale titolare di una posizione di garanzia, a titolo di responsabilità (individuale) omissiva impropria, non può revocarsi in dubbio che la stessa sia, parimenti all’autore dell’illecito, dal momento che, come noto, “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.

Si ritiene inoltre doveroso e necessario chiarire alcuni passaggi fondamentali che non sono ancora emersi, benché desumibili dalla sentenza, ma che possono contribuire alla piena ricostruzione della vicenda.
1) Anche sulla scorta di quanto emerso in giudizio, è accertato che la Fondazione mai è stata resa edotta di alcuna criticità; nemmeno ha avuto anche solo avvisaglie di fatti idonei per costituire “campanelli di allarme”.
Analogalmente a quanto concluso dall’intestato Tribunale all’esito della controversia
intentata dalla Consigliera Regionale per la Parità, ritiene questo giudice che, nella
fattispecie in controversia, siano emersi plurimi elementi suscettibili di attestare la
conoscibilità di tali avvenimenti
in capo alla convenuta.
Anzitutto, era noto il sistematico utilizzo, da parte del (regista) degli spazi del teatro oltre i tempi di sua ordinaria apertura e frequentazione.
La stessa direttrice del Teatro convenuto, ha riferito, invero, di essere a conoscenza dei ritardi di nell’iniziare il corso e, dunque, della necessità di recuperare tali ritardi, mediante, appunto, la prosecuzione delle lezioni oltre l’orario curriculare.
L’anomalia della circostanza – in quanto reiterata e sistematica – avrebbe imposto ai vertici dell’Ente di approfondire le ragioni di tali ritardi quantomeno al solo di fine di sollecitare il al rispetto degli orari prefissati, e, dunque, di attivare, per esempio, informali consultazioni anche con gli allievi del corso.
L’assenza di una sufficiente attenzione per le dinamiche emerse è, altresì, attestata da
alcuni episodi riferiti dai testimoni escussi in corso di causa.

La Fondazione è stata condannata: l’assenza di “campanelli d’allarme” che il regista tenesse questi comportamenti, aggrava la responsabilità, e suona stonata alla luce delle tante testimonianze raccolte dal giudice.

La direzione e i vertici sono condannabili per due motivi:
1. Se non sapevano significa che non avevano il controllo, quindi erano inadeguati nello svolgere il loro ruolo di controllo.

Inoltre, come scritto nel paragrafo successivo del comunicato della Fondazione,
2. avere “immediatamente interrotto qualsiasi rapporto con il registasenza fare indagini interne o provare a capire se la segnalazione fosse del tutto veritiera, vuol dire che sapevano o perlomeno sospettavano fortemente che il regista era indifendibile. Avrebbero potuto metterlo in “aspettativa” in attesa di ulteriori indagini e, invece, interrompere qualsiasi rapporto, sembra essere un segnale della conoscenza della veridicità incontrovertibile della gravità degli atti.

2) la Fondazione ha ricevuto, il 14 luglio 2021, una pec dai legali dello studio “Lavoro Vivo” ed indirizzata anche a molte Autorità pubbliche e alla Consigliera regionale di parità, in cui veniva riferito che l’associazione era in possesso di testimonianze concernenti condotte del regista e si richiedeva un “intervento urgentissimo”. Nonostante la comunicazione non menzionasse alcuna attrice o corsista, rendendo, così, impossibile ogni approfondimento di sorta, la Fondazione
si è immediatamente attivata, rivolgendosi, il 16 luglio 2021, prima di altri, alla Procura della Repubblica ed interrompendo, altrettanto immediatamente, qualsiasi rapporto col regista.
(La precedente descrizione di questo specchietto era errata, alla luce dell’incontro pubblico del 18 dicembre in Teatro Due la correggiamo e riformuliamo):
A quanto appreso la prima denuncia alla Procura di Parma è depositata nel marzo 2021 dall’associazione Amleta. Il 14 luglio gli avvocati diffidano il Teatro Due che dunque riunisce d’urgenza il cda, prende atto della situazione e il presidente Forlenza si reca personalmente in procura a denunciare.
Le denunce penali non hanno esito poiché per questa tipologia di reato si deve denunciare entro un anno dal fatto.
3) Nel giudizio successivamente istaurato dalle due corsiste, la Fondazione, convenuta insieme col regista, ha, a propria volta, agito nei confronti di quest’ultimo.
Un atto rimarchevole, peraltro dovuto.
4) La pronuncia resa dal Tribunale imputa, alla Fondazione, nella sostanza, di non aver adottato comportamenti proattivi sul piano della tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro, sebbene si trattasse di intercettare condotte avvenute in contesti esterni ed estranei al teatro.Una testimone, lavoratrice in Teatro: “Preciso
che non mi hanno mai detto niente ma la Sig. mi ha scritto una mail dopo la fine del corso dicendomi che doveva riferirmi una cosa molto importante che era successa. lo mi sono offerta di ascoltarla chiedendole di posticipare poiché era un periodo di lavoro intenso ma lei non mi ha più riferito nulla”. Per quanto la teste precisi che la segnalazione fosse successiva al corso, la mancata attivazione, a fronte della predetta segnalazione costituisce quindi la conferma – ancorché non il fondamento – dell’imputabilità soggettiva delle discriminazioni al teatro, denotando la completa mancanza di sensibilizzazione alla tematica che qui rileva;

Dalle dichiarazioni rese dalle testimoni escusse, sono, infine, emersi veri e propri episodi
di violenza sessuale, essendo emerso che il regista, per un verso, nel contesto delle prove
teatrali, assumeva atteggiamenti costrittivi e violenti nei confronti delle corsiste, obbligandole a toccare o farsi toccare le parti intime, e, per altro verso, che lo stesso con atteggiamenti manipolatori e approfittando della posizione di asimmetria nella relazione
con le corsiste nonché dell’ammirazione di cui il medesimo nutriva presso le stesse in ragione della sua fama di grande regista, convinceva le giovani attrici a seguirlo presso la sua abitazione con la scusa di voler provare monologhi e scene teatrali, per poi costringerle ad avere rapporti sessuali non consensuali con lui.

Già prima di questa sentenza, il Teatro ha portato a compimento un piano per migliorare e affinare ulteriormente il sistema interno di tutela antidiscriminatoria, ciò sebbene appositi controlli dell’Ispettorato del lavoro avessero evidenziato l’inesistenza di criticità in tale ambito prima dell’implementazione del piano stesso. Attualmente, il Teatro possiede un sistema di tutela delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro tra i più efficaci e completi del settore. Il Teatro, infatti, da sempre è schierato contro ogni discriminazione e non è un caso la significativa presenza di donne nel management e nello staff, in numero di gran lunga superiore alla media italiana. La Fondazione condanna ogni forma di violenza, molestia e discriminazione di genere e conferma il suo impegno incondizionato a tutela delle proprie lavoratrici, dei propri lavoratori e di ogni persona che partecipi alle sue proposte formative e artistiche.
Nella prima sentenza, giugno 2024, il giudice ordinava:
– adozione di un codice di condotta che affermi che la violenza e le molestie non saranno tollerate e che contenga informazioni sulle
procedure di denuncia e di indagine;
– istituzione di programmi di formazione rivolti a tutti gli operatori/operatrici, funzionali alla prevenzione della violenza e delle molestie, che prevedano obiettivi misurabili;
– aggiornamento del DVR e /o comunque previsione in apposita sezione del DVR di misure di prevenzione e sicurezza sul tema delle molestie e molestie sessuali;
– previsione di misure a protezione delle vittime, testimoni e informatori contro la vittimizzazione e le ritorsioni, in particolare con istituzione di canali di segnalazione, con modalità sicure e riservate, di casi di molestie e violenze durante le prove degli spettacoli;
(e altri punti ancora, ndr)

Anche in ragione di queste considerazioni,
la Fondazione ha già deliberato di proporre appello avverso la sentenza del Tribunale del Lavoro, nelle statuizioni che riguardano la sua posizione, ed ha, al contempo, avviato le iniziative necessarie per rivalersi nei confronti del regista, anche per i danni morali e materiali causati al Teatro e a chi appartiene alla sua organizzazione.
La giudice condanna regista e Fondazione in solido tra loro al pagamento in favore della prima attrice vittima 24.571,88 euro e della seconda attrice vittima 82.057,32 euro
a titolo di risarcimento dei danni non patrimoniali subiti, oltre agli interessi legali e una parte delle spese di lite.
Il ricorso in appello è di prassi. Significativa, per quanto dovuta, l’azione di rivalsa nei confronti del regista.
Va segnalata l’eventualità che il regista non possa saldare, in tutto o in parte il risarcimento di oltre 110mila euro; in tal caso sarebbe a carico della Fondazione Teatro Due.
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